C A N I G A T T I E & C.
I nostri versi per loro
Cani e gatti
Cane oppure gatto? La domanda è perentoria e la risposta forse semplice: dipende dalle esigenze, dalle preferenze. Antepongo la fedeltà all’indipendenza? Allora probabilmente cane. Privilegio il mistero alla versatilità? Dunque forse gatto.
Fa notare il poeta Mino Petazzini, curatore del corposo e utile volume La poesia degli animali. Un’antologia di testi su cane, cavallo, gatto e altri animali domestici (luca sossella editore, 2022): «È noto il luogo comune secondo cui l’amore per il cane o per il gatto riflette in gran parte l’indole dei proprietari (con una minoranza che riesce ad amare entrambi). È il gatto, prosegue, «il piccolo re di questa antologia, perché ha di gran lunga il maggior numero di pagine»: 188 quelle dedicate al felino, 112 quelle del suo contendente.
Il libro dei gatti tuttofare (pubblicato nel 1939, qui nella traduzione di Roberto Sanesi, con Prefazione di Emilio Tadini, disegni di Edward Gorey, Bompiani, 1994) del Premio Nobel Thomas Stearns Eliot ci permette di incontrare una sfilza di gatti divertenti e fantastici, uno diverso dall’altro. La Gatta «che porta il nome di Gianna Macchiamatta; / ha il mantello tigrato con macchie di leopardo»; «Sandogàtt era un Gatto Bucaniere / che navigava a bordo di un veliero […]”; «Il Tiremmolla è un gatto decisamente un po’ strano: / quando gli offrite un volatile preferirebbe un fagiano. / Se gli date una casa vuole un appartamento, / e se lo fate scegliere, lui non è mai contento»; «Gattatràc e Gattafascio sono una copia di gatti famosa. / Clown Fracassoni, veloci trasformisti, / acrobati da circo e equilibristi»; «Bisogna proprio conoscerlo Mister Mistofele! / Grande Prestigiatore Originale / non se ne trova in giro un altro uguale»; «Brunero, il Gatto del Mistero a tutti noto / come Brunero Zampaproibita, / è un vero e proprio maestro della malavita»; «Gàss è il Gatto Guardiano del Teatro»; Bustòforo Canossa non è pelle e ossa - / in verità è più grasso di un pascià»…Arrivati in fondo a questa processione felina che sfila davanti ai nostri occhi, Eliot si rivolge ai lettori chiedendo: «sapreste veramente definirmi un gatto?». Mentre la prima risposta è ambigua e sfuggente, inafferrabile proprio come i gatti, («dirò che solo un dato ci rimane: / che UN GATTO NON È UN CANE ») la seconda si rivela totalmente sbilanciata a favore del gatto, la risposta di un incallito tifoso: «dirò che solo un dato risponde a questo fatto: / Un cane è solo un cane, mentre UN GATTO È UN GATTO».
Il cane sta vicino a noi, insieme, di fianco, il gatto invece anche quando si appisola e si acciambella sulle nostre gambe è come se stesse contemporaneamente altrove, in un’altra dimensione, chissà dove. Un cane ci appartiene e noi gli apparteniamo, un gatto al contrario mantiene una propria invalicabile frontiera di autonomia, non è mai completamente nostro e viceversa. Se il cane sembra conoscere i nostri segreti, il gatto pare custodirne dentro sé uno imperscrutabile; il primo è il più fedele amico dell’uomo, il secondo è una affascinante presenza solo parzialmente decifrabile che si aggira per casa.
Non so cosa si provi a convivere con un cane, non ne ho mai avuto uno, senz’altro il coinvolgimento è incondizionato, certamente si vivono in sua compagnia sentimenti ed emozioni molto forti; per comprenderli almeno in parte mi affido ai versi di Franco Marcoaldi (che pubblica nel 2006 Animali in versi e, circa quindici anni dopo, Animali in versi Un nuovo canzoniere) e a quelli di Renzo Gherardini.
Pane e cane
Fresco fragrante festoso
invitante essenziale.
Al mattino, quando compro
Un buon pane, penso:
ecco com’è il mio cane.
Angelo cane
Angelo mio, m’immaginavo
che volassi in uno spazio
siderale e invece
sei comparso a quattro zampe
sotto forma d’animale.
Ora di me si dice che ho perso
il senno e il senso delle
gerarchie e delle proporzioni.
Ma la tua bestiale incarnazione
conferma solo che la metafisica
dimora non in cielo,
ma all’altezza dei talloni.
L’enigma del cane
Il problema non è tanto
che io parlo e lui non mi capisce.
Il vero enigma è il cane:
che tutto sa di me,
e mai ne riferisce.
Sospiri canini
Se l’anima sia un quid che l’uomo
e solo l’uomo può vantare
è oggetto di querelle lunga
e irrisolta nel mondo teologale.
Da parte mia propendo per chi
fa rivelare che se anima
è sinonimo di ruach,
soffio vitale,
allora il quid oltre che l’uomo
riguarda l’animale. Basta
osservare un cane a lungo
in fondo agli occhi,
precipitare negli abissi
di quei lontani mondi, basta
accostare il suo muto
e impenetrabile dolore, le domande
inevase, la gioia trattenuta,
l’improvviso bisogno di calore.
Basta dormirci assieme
per una notte tenera e dolce
quando il soffio vitale del respiro
tramuta struggente in un sospiro.
(Franco Marcoaldi, Animali in versi Un nuovo canzoniere, Einaudi, 2022)
Il poeta fiorentino Renzo Gherardini (1923-2011) ha dedicato parecchi testi ai suoi cani Labrador e in particolare a Bobi; scrive Paolo Zoboli introducendo il corposo volume di Gherardini Poesie 2002-2011: «Bobi diventa protagonista di un vero e proprio canzoniere bipartito, in malattia e in morte, d’ispirazione petrarchesca (ma ‘le rime in morte’ sopravanzano assai quelle ‘in malattia’». Quanta affettuosa tenerezza si prova per il proprio cane e quanto doloroso dispiacere causa la sua morte:
Il tuo cane è davvero la tua anima,
che in te si specchia, e in te vive e di te
colma l’intera sua giornata, sempre
a te congiunto, al tuo cenno, al tuo sguardo,
alla tua voce, offrendoti la luce
dei suoi occhi, lo slancio nel venirti
incontro, la sua gioia nell’accoglierti.
Ai tuoi piedi si stende o si protende
con l’intera sua altezza alle tue spalle
nell’abbraccio, e a te accosta la sua testa
per lambirti, se tu voglia, e dar tutta
l’anima sua per una tua carezza,
Sii con lui lieto, e anche la tua tristezza
Consolerà col suo guardarti, pieno
d’ogni dono che sia solo dolcezza.
*
Bobi, ti voglio disperatamente
accanto: non puoi essere un distante
sogno, un’eco lontana nella mente
di giorni andati, luce di momenti
spenti nel tempo, voce di un assente.
(Renzo Gherardini, Poesie 2002-2011, a cura di Paolo Zoboli, Le Lettere, 2018)
Nel libro di oltre 150 pagine intitolato Poesie per un gatto (Mondadori, 2007) Vivian Lamarque dialoga col suo micio Ignazio, gatto domestico ma libero:
Ma dove eri finito?
da dove sbuchi bel bello?
ti ho cercato dappertutto
gattaccio bello-brutto.
(mai te lo dirà i segreti dei gatti
restano segreti per l’eternità).
Più sornione e astuto che pigro e sfaticato il gattone amante delle comodità di Pierluigi Cappello:
Gattone
È un gatto tutto fumo
è un gatto poco arrosto
si muove col profumo
del latte già al suo posto.
E scende dal divano
pian piano, lentamente,
mi pare più un sultano
che un gatto diligente.
Cacciare, figurarsi!
tra un sonnellino e l’altro
gli piace più stirarsi
a quel gattone scaltro.
(Ogni goccia balla il tango. Rime per Chiara e altri pulcini, illustrazioni di Pia Valentinis, Rizzoli, 2014)
Luciano Erba raggruppa cinque poesie, dotate della consueta ironica grazia, in una sezione intitolata Versi di un amatore di gatti (in Tutte le poesie, a cura di Stefano Prandi, Prefazione di Maurizio Cucchi, Oscar Moderni Mondadori, 2022). Scorrono davanti ai nostri occhi, in un corteo felino, “un gatto intellettuale” [riporto fra virgolette alte i titoli delle singole poesie] («[…] Il suo pensiero forte è miagolare / di notte tra i parafulmini sul tetto / il suo pensiero debole ma sapienziale / ronfare davanti al caminetto»; un “altro gatto ermeneutico” («[…] alla finestra / accarezzo il tuo dorso di velluto / il mondo di fuori mi ricerca / è così che dilegua il mio assoluto»; “un gatto post-euclideo” («[…] Ma osserva il gatto come serra e stringe / il tempo intero tra le zampe davanti […]»); “un gatto mistico” («… poi d’un tratto smetti le tue fusa / spalanchi gli occhi guardi fisso davanti / tutto preso dal vuoto della stanza, dove a me non riesce di vedere / altro che spazio, mobili e specchiere, // […]»); “un gatto informatico” («[…] Sto parlando di te gattina nera / saltata in grembo ti sei messa a pigiare / trattando il mio ventre da tastiera / quasi io fossi un computer da digitare: // […]»).
Fra le varie poesie ispirate a Erba dagli amati gatti, la prossima è quella che prediligo:
Il gatto archeologo
a Francesca
Dicono che alcuni in oriente
sentono la voce delle pietre
né più ne meno di quando mia figlia
ascoltava il cavo della conchiglia.
Forse anche il gatto dei Fori
ode con le sue lunghe vibrisse
quel che raccontano le pietre
sotto i cieli di tante stelle fisse.
È notte: il gatto archeologo
parte per ricerche di storia romana
ormai nutrito dalle pie donne
nelle aiuole tra archi e colonne.
La poetessa Alba Donati, introducendo la raccolta Haiku italiani (Samuele Editore, 2016) afferma: «Luigi Oldani scrive haiku in maniera tradizionale. Voglio dire che l’esemplarità dell’haiku è qui espressa al massimo grado»; nella prefazione a Come ventagli (Samuele Editore, 2019) il critico Paolo Lagazzi afferma che gli haiku di Oldani nascono «da una capacità autentica di entrare in vibrazione col mondo».
Numerosi i versi dedicati ai gatti. Eccone alcuni contenuti nel primo libro:
La gatta Ada
vede le bacche rosse
gioco d’autunno.
Mi guarda Ada
s’apre il suo mondo
divento gatto.
Quando Ada
dorme anche io sogno
si muove il baffo.
Questo Buddha
assomiglia al gatto…
fusa di sera.
Eccone altrettanti del secondo:
La gatta sogna
miao irresistibili
ride la luna.
Sotto una stella
protetta è la gatta
mia poeta.
La gatta con me
annusiamo la neve
stelle sul naso.
Stelle cadenti
le annusa sul tetto
un Buddha, un gatto.
Paolo Lagazzi, che degli haiku è autorevole studioso, giudica quest’ultimo di Luigi Oldani «uno dei suoi […] più belli».
In Quartetti, libro dalla forma lunga e sottile come fosse un album da disegno pubblicato nel 2020 da Libreria Ticinum Editore, sedici poesie di Amedeo Anelli dialogano con altrettante illustrazioni ad acquerello monocromo di Guido Conti. Il volumetto (neppure 40 pagine) si rivolge «ai grandi piccoli e ai piccoli grandi». In copertina Conti ritrae un gatto che, con passo felpato, appoggia le sue zampe su una base tenera e friabile, più aerea che terrena, quasi una nuvola. Lo stesso gatto viene disegnato anche di schiena, con la lunga coda alzata a indicare il cielo mentre, con un atteggiamento allo stesso tempo indifferente e fiero, passeggia senza fretta; oppure viene raffigurato raggomitolato su se stesso, tondo come una palla; in un’altra occasione fluttua magicamente nell’aria come uno stregatto («l’occhio luminoso del gatto»). Il tratto e il segno, spesso sinuosi curvilinei e flessuosi, alludono poeticamente, accennano e non descrivono, a volte perdono consistenza e quasi si dissolvono in macchia liquida, in sgocciolamenti di colore, in figure filiformi alla Giacometti fragilmente ancorate alle ombre che proiettano a terra. Nella filastrocca che apre il libro Anelli saluta un felino dal pelo fulvo: «buona fortuna gatto rosso / buona fortuna a te buona fortuna a me / che la vita ti sia lieve come un soffio / buona fortuna senza un graffio». La funzione del gatto come talismano viene ribadita nell’ultima poesia la quale, circolarmente come in una specie di girotondo, si ricongiunge alla prima: «Il gatto gioca con una pallina di carta / è la mia ultima poesia / che così inizia il suo cammino / per il mondo». Nel libro alcuni felini vengono chiamati per nome: «Maša la gatta-pera corre come una corriera / con le sue zampe corte / e con la pancia a terra»; Leonardo, il gatto ingegnere, che salta sulla maniglia e resta in equilibrio «su un ramo come un sofà»: «una palpebra in su una in giù / cucù!»; il micio birillo che rincorrendo la coda «fa un giro tranquillo»; «scappava Rino / il gatto mandarino inseguito da Argo il cane del vicino».
Giancarlo Baroni