Haiku italiani
di Luigi Oldani
Alba Donati
Introduzione al libro
"Luigi Oldani scrive haiku in maniera tradizionale. Voglio dire che l’esemplarità dell’haiku è qui espressa al massimo grado. C’è il tempo, il grande tema dei poeti di tutti i tempi e tutte le latitudini, ci sono le stagioni, gli alberi, c’è una freschezza del dire, come se le parole fossero nate lì sulla pagina, e c’è un vuoto che risplende. Oldani crea, come ogni scrittore di haiku (Basho ma anche Saba e Zanzotto) una zona franca in quei tre brevi versi. Crea il vuoto, come un verso che non si vede e che azzera gli appigli, fa sparire il maniglione antipanico, e in quel vuoto si siede tranquillo e noi con lui. In quel verso non scritto con sapiente maestria (ma forse non è maestria ma conoscenza) lui rigira il tutto, inverte la direzione, immette cose non viste, non vedibili. Dice uno dei componimenti più belli: “Il tempo incide\ sul muro di licheni:\ pietra carne”. A voler sviluppare la catena delle metafore nascoste si scriverebbe un trattato che passerebbe anche da Auschwitz. E ancora: “Quando piove/ qualcuno si muove/non siamo soli. “ Ma qual’è il kigo di questa poesia? La sua ragion d’essere, il suo tema centrale? Qui non c’è niente di italiano, perchè a me sembra che il suo kigo sia l’azzeramento della vanità, la supremazia del caso, il riconoscersi esseri tra gli esseri, o meglio non-esseri tra non-esseri, umani come sono umani i ciliegi, i petali, i fichi, i melograni. Insomma c’è la luce, o l’illuminazione zen, la luce delle cose fuggitive ma perenni, cose che rimangono proprio perchè deperibili. Quando piove non sentite la voce di chi non c’è più? E quello scrosciare non è forse il rumore dei passi di chi c’era prima di noi?e sapere che siamo stati e saremo non ci rende meno soli?
Ha ragione Oldani che è davvero un maestro nel redigere quel quarto verso non scritto che in ogni haiku crea la sorpresa, l’inversione e l’accensione del nuovo, “L’erba ricresce\ sotto il ginocchio:\ il mio cuore.”
Paolo Lagazzi
Natura e interiorità negli haiku
di luigi oldani
Da molti anni ormai parecchi poeti, o sedicenti tali, si esercitano in Occidente a rifare quei componimenti giapponesi di soli tre versi che si chiamano haiku. Nella folla di questi sperimentatori non è facile individuare autori capaci di evitare i rischi del manierismo, le immagini stereotipe o le movenze forzate della brevità, mentre rarissimi sono coloro che si potrebbero definire maestri di questo genere lirico. Credo che Luigi Oldani, un poeta del quale non so nulla ma di cui mi è capitato di sfogliare una smilza raccolta di "Haiku italiani", sia davvero un piccolo maestro. Da cosa sono illuminati i suoi testi? forse dal suo essere, come ci informa il risvolto della plaquette, un praticante del buddismo zen? o da qualcosa che non si può definire, qualcosa di tanto misterioso quanto nutriente e liberatorio per chi legge?
Da un lato i suoi versi brillano per quel nitore che nasce solo dalla vera attenzione. Un po' come Masaoka Shiki (uno dei più grandi autori di haiku) Oldani sa registrare al volo le apparenze del mondo nei loro movimenti e contrappunti fugaci e meravigliosi: ad esempio sa mostrarci l'incontro-scontro fra il candore della neve, la tinta scura di un treno in corsa e la luce del tramonto ("Nevica ancora / il treno passa scuro / cade il tramonto") o sa evocare un albero "bagnato" (ricordo di una celebre poesia di Attilio Bertolucci, "Torrente"?) in controcanto al chiarore dell'alba ("Calmo ammiro / un ciliegio bagnato / macchiare l'alba"). Da un altro lato, però, il nitore si stempera, si ammorbidisce e scioglie aprendosi a tutto ciò che sfugge ai tocchi icastici del pennello. Osserva assai bene, a questo proposito, Alba Donati nell'elegante introduzione che dietro le parole di Oldani "c'è un vuoto che risplende". Questo vuoto non è solo quello stacco sintattico (il “kireji”) che, tagliando negli haiku il flusso del discorso, crea un cortocircuito logico o una vertigine semantica: è, ci dice la Donati, una specie di verso in più, un verso trasparente con cui l'autore "rigira il tutto, inverte la direzione, immette cose non viste, non vedibili". Grazie a questa forza segreta il breve spazio dei testi si dilata di continuo: chi scrive si riconosce altro da sé quando la sua gatta lo osserva ("Mi guarda Ada / s'apre il suo mondo / divento gatto"), intuisce nella neve che fiocca il pensiero di un artista ("Nevica oggi / una mente bianca / copre giardini") o sa cogliere una sostanza eterna persino nelle forme più fragili ("Di ogni fiore / ogni petalo esiste / per tutto il tempo"). Di fronte al mistero per cui la realtà è se stessa e insieme infinitamente di più, non occorre tentare di comprendere: "Leggo a letto / dolce è non capire / l'alba d'autunno". Tutto quanto dobbiamo fare è abbandonarci a quella fede nella vita che ci rinfresca e rinnova come un vento in transito nel nostro cuore: "Come la fede / attraversa il cuore: / passa il vento".
Recensione di Paolo Lagazzi, La Gazzetta di Parma, 24 Marzo 2017
Rev. I ten Shinnyo
Abate e Maestro del Tempio Shinnyoji di Firenze
Luigi possiede una naturale sensibilità e un'innata capacità di ascolto profondo delle note più vibranti della vita.
Spesso cattura come una calamita i movimenti delle cose e i moti degli animi e con un immaginario imbuto li introita dentro di sé, per restituirli poi in pennellate di versi in chiaro-scuro. Talvolta la mestizia e quel lieve e sofferto mal d'etre che lo sottolineano, affiorano negli scritti scarni e intuitivi dei suoi haiku.
La sua ricerca spirituale gli scaturisce un pathos sotteso, che lo apre al suo più alto lirismo nella rappresentazione della sua Pratica interiore.
Negli haiku racchiude il suo potere di sintesi, suggerendo immagini che ciascuno può colorare con le tinte della propria stagione, puntando dritto al cuore del lettore. "
Paolo Carnevali
HAIKU ITALIANI
Nel leggere gli Haiku di luigi Oldani, ho percepito un linguaggio dell'infinito: non si può comprendere interamente la nozione relativa all'esistenza di noi viventi in un processo di perfezione, se non inquadrandola in sostanza nell'immenso tutto in cui le esistenze convivono. Ma in quali forme del rappresentare reagisce la nostra mente? L'universo artistico è come quello dell'umanità in cammino, scopriamo, è energia formativa." Sale il sole/con la mia ombra/s'apre il mondo/.
Si evidenzia in primo luogo un problema filosofico non secondario: quello del rapporto tra scrittura e pensiero.La voce dell'anima, evidenziando quanto in realtà il pensiero e la parola vengano trasformati in traccia scritta e portata alla coscienza e resa oggetto di riflessione poetica. Una poesia quella di Luigi Oldani che enfatizza il presente, eterno presente con una infinita profondità, il tempo non è altro che presente infinito, eterno attuale. possiamo paragonare il tempo allo scorrere di un fiume: In riva al mare/sull'acqua dei pesci/cadono stelle/. Ogni terzina Haiku letta, obbliga ad una meditazione. E' impossibile leggere per esempio: Foschia serale:/nei pensieri andati/cade la vita/. e non rimanere in silenzio, annotando nelle volte del pensiero e vagare... Una scrittura poetica tra due mondi. Quanto al sentimento verso la natura, è uno stato d'animo che nasce all'istante dinanzi ai paesaggi e ai fenomeni del mondo. Lascio cadere/parole mai nate/vento d'inverno/.In questi versi ci perdiamo nell'affinità di un dialogo Kafkiano per l'incomprensione del mondo, oppure Penso all'oggi/quando la pioggia batte/qui sul silenzio/. E' uno stato interiore che ha al suo centro le emozioni e fattori spirituali. Sebbene questa intimità appartenga a diverse forme dello spirito umano, ma nella letteratura, la pittura,ecc. si rileva in maniera chiara ed efficace. Ai sentimenti verso la natura corrispondono molte tipologie emotive, complesse. Il poeta nel contemplare, svolge un esercizio introspettivo Calmo ammiro/un ciliegio bagnato/macchiare l'alba/.
Cercando di liberare la mente, il cuore e l'anima. Abbandona gli attaccamenti, svuota l'io. E' la possibilità per l'autoliberazione e il ritorno alla natura per ristabilire un dialogo con l'ordine cosmico e l'armonia con l'universo. Tutto è correlato e il poeta si compensa con la natura. L'influsso taoista sulla poesia Haiku è indubbio. Il nesso tra natura e arte è strettissimo. Luigi Oldani afferra l'essenza del complesso intreccio tra natura e vita nell'impressione sensoriale istantanea che la natura stessa suscita, con la propria intuizione profonda. Dona alla parola una luce. Concentrandosi sulle proprie emozioni crea un'armonia con le cose, il proprio cuore e la mente. Scrivere Aiku, è pratica di vita e perfezionamento etico e spirituale ci dice Oldani; perfezione interiore che viaggia parallela con l'arte e diviene esercizio rigoroso.
Recensione di Paolo Carnevali, Critica Impura, 17 gennaio 2017
Cinzia Marulli
Trovo molto vicini a me i tuoi Haiku che ho letto e riletto assaporandone
la trasparenza, il lampo nell'anima. Si sente in essi una conoscenza profonda,
non c'è imitazione, ma spontaneità, maestria. Sì, devo proprio dire che i tuoi
haiku mi hanno fatto particolarmente piacere. Ti dissi per telefono quanto
io sia sempre stata perplessa di fronte a questa forma poetico-filosofica
traslata nella nostra cultura e nella nostra lingua evidenziando spesso forzature e
soprattutto vuoti.
Ma nel tuo caso è completamente differenze. C'è una sostanza, una
chiarezza che possono venire solo da un lungo studio e da un profondo sentire.
Leggo con gioia questi suoi haiku:
“Tace il campo / la vite del Chianti / ingiallisce”.
Valerio Magrelli
Giuseppe Grattacaso
A proposito di "Haiku italiani" Mondo haiku
Luigi Oldani con la sua poesia cerca continuamente un legame tra quello che descrive (a parole) e l'invisibile (o mai visibile o il non più visibile); tra gli oggetti e la loro natura Luigi Oldani ha sempre vissuto la letteratura con una sorta di delicata attenzione nei confronti della parola poetica, una generosa partecipazione alle vicende più complessive della poesia del nostro tempo, un commosso rispetto nei confronti dei maestri. Ne è testimonianza l’appassionata attività quale organizzatore di letture e incontri, e soprattutto l’esperienza di coordinamento e redazione della rivista Pioggia Obliqua, partita come periodico radiofonico e poi, negli anni Novanta, diventa una tra le più significative pubblicazioni di letteratura, aperta a contributi di notevole spessore e a partecipazioni illustri, quali quelle di Enzo Siciliano, Antonio Tabucchi, Mario Luzi, Luigi Baldacci. Da qualche tempo la rivista è riproposta in versione online (https://www.pioggiaobliqua.it/) e si avvale dei contributi dei maggiori scrittori italiani di questo inizio secolo, tanto da diventare, nel giro di poco tempo, uno dei più attivi punti di riferimento della poesia italiana di questi anni. Oldani, che è autore di diverse pubblicazioni, ha presentato recentemente quella che finora più essere considerata la sua opera più originale e matura. Gli Haiku italiani, editi per i tipi di Samuele Editore, sono infatti un libro denso, di scrittura rigorosa e di notevole spessore espressivo. Il poeta, forte di un periodo trascorso a Tokyo per motivi di lavoro e di un’esperienza maturata nel Centro Zen Firenze, tra i più rappresentativi dello Zen europeo, si avvicina ad una delle forme tradizionali dell’espressione poetica nipponica con grande sensibilità e con la capacità di muoversi in equilibrio sulla linea di confine tra la quotidianità e la cultura europee e le consuetudini espressive e la raffinatezza di marca orientale. luigi oldaniNella poesia italiana dello scorso secolo non sono mancati esempi di poeti che si sono avvicinati alla forma dell’haiku, semmai senza ripercorrerne rigorosamente i dettami tradizionali. È il caso di Saba e Zanzotto, ma anche alcune liriche di Ungaretti sembrano richiamare lo stile e la composizione sillabica della lirica giapponese. In ogni caso, Oldani sembra più vicino, per l’utilizzo di immagini legate alla nostra quotidianità e per la propensione a far materializzare il vuoto e il senso di vanità che accompagna ogni nostro gesto, alla produzione, piuttosto significativa, che Jack Kerouac dedicò al genere, in pratica reinventandolo ad uso della nostra sensibilità di occidentali. Luigi Oldani, che mantiene in massima parte la struttura dell’haiku tradizionale, pur assicurando alle sue poesie una maggiore libertà nella lunghezza dei singoli versi, sviluppa un’espressione che appoggia la significazione soprattutto su una sorta di salto logico finale, che apre a contenuti imprevisti e di notevole forza espressiva. Questo modo di procedere, del resto in linea con gli esempi moderni, anche giapponesi, consente di porgere al lettore in maniera semplice ma particolarmente efficace quelli che sono i grandi quesiti che l’uomo si trova ad affrontare: le questioni legate al trascorrere del tempo e alla finitezza delle cose terrene, gli eventi imperfetti e che pure possono apparire eterni, almeno nell’attimo in cui sembrano suggerire un loro impronunciabile segreto. Come scrive Alba Donati nell’introduzione alla raccolta, Oldani con questo suo scatto improvviso alla fine di ogni haiku e con quell’ulteriore verso che ci aspettiamo di leggere, che quasi siamo costretti a pronunciare, e che in effetti non c’è, “rigira il tutto, inverte la direzione, immette cose non viste, non vedibili”. La forza struggente e in qualche modo sfuggente delle liriche di Oldani è proprio nel legame tra quello che ci viene descritto e l’invisibile, il mai visibile o il non più visibile, si concretizza nel mondo indefinibile che si rappresenta dinanzi ai nostri occhi, tra la corporeità dei reperti naturali che irrompono sulla scena e l’impalpabilità della loro più profonda natura. Per esempio: “Tra le camelie / una gatta s’aggira / le cade un fiore”; o, quasi un manifesto di poetica, “Lascio cadere / parole mai nate: / vento d’inverno”. Il poeta sembra provare ritegno di fronte alla scoperta della vita e del suo mistero, una specie di incapacità a credere che la parola possa davvero definire una presenza, misurarsi con la vera consistenza della realtà, per cui con consapevolezza confessa: “Dei secchi granchi / con la bassa marea / amo il ritegno”. Il tempo a cui spesso ci si riferisce in queste liriche non è quello storico che rassicura, mettendoci di fronte all’esistenza di un prima e di un dopo, di un succedersi esatto di segmenti misurabili, quanto piuttosto l’estensione indefinibile, in bilico tra la tradizione dello zen e lo spaziotempo delle recenti acquisizioni della fisica: “Di ogni fiore / ogni petalo esiste / per tutto il tempo”; “Come la stella / tutta nel cielo oggi / piango questo blu”.
Recensione, Succedeoggi.it .
Alberto Toni
Un libro da leggere “Haiku italiani” di Luigi Oldani. La poesia che nella sua misura abbraccia la natura e l’esserci dentro. Ma con un che di non detto, sempre più in là, tanto da lasciarci immaginare. C’è brevità, ma anche lentezza, perché l’osservazione è lenta, come un istante. E ciò che è lontano si avvicina.
Toni Piccini
Luigi Oldani, Haiku Italiani, Samuele Editore.
Leggendo questa raccolta di Haiku ho avuto una sensazione di continua vicinanza del vento: ciò è frutto del come l’autore lo ha disseminato nelle pagine, quasi a farne filo invisibile, talvolta anche al servizio della domanda.
Amo il vento
né acqua né terra
pesce in fuga?
Un vento mai invadente che scorre continuo al fianco, non a folate. È viaggio che non termina sul confine del canone classico a cui spessissimo l’haiku viene abbarbicato in Italia: lo varca, va oltre e, da vento continuo, non travolge il recinto ma ne fa progressivamente cadere le pietre, quasi senza rumore, sino a rendere orizzontale il passo della penna. Una penna libera di attraversare rigidi paletti senza con ciò sconfinare l’Haiku: vedasi l’abbandono della sequenza sillabica 5 – 7 – 5, vista ancora oggi in Italia spessissimo come sacralità, mantra recitato di frequente a vuoto e senza approfondire lo spirito che caratterizza questa forma (e ancor più essenza) poetica.
Lascio cadere parole mai nate: vento d’inverno. Mentre arrivi un soffio di vento: libro aperto.
Due testi caratterizzati da stati d’animo opposti: nel primo in un apparente ossimoro l’assenza che determina mancanza (“vento d’inverno”), nel secondo l’imminente presenza che reca gioia (che è, se non gioia, un libro aperto? Che libro aperto sia la persona che arriva o sia un libro da scrivere con quella persona, la sensazione è comunque di gioia).
Fra i libri di Haiku scritti in italiano trovo questa raccolta tra le più interessanti e, pur se Haiku italiani è il titolo scelto dall’autore, tranne qualche nome proprio i componimenti potrebbero aver luogo senza confine geografico o con collocazione lontana, vedi il componimento che apre la raccolta.
È il vento rosso
di Kamakura
dove ero e sono.
È Kamakura specificazione geografica di quel soggetto che è l’insolito vento rosso? O è il vento rosso cornice di Kamakura? Ci troviamo così in quello spazio di libera interpretazione che la poesia Haiku muove in noi, e in entrambi i casi Oldani varca il tempo: “ero e sono”.
Un pregio della raccolta è che i testi scorrono lungo una sorta di linea orizzontale, non per piattezza ma grazie al lavoro che l’autore ha fatto su se stesso e propone in alcuni testi, ovvero la pratica dello zen… la meditazione, il ringraziamento, un vecchio monastero, luoghi di meditazione citati con i loro nomi originali, quasi a spingere alla ricerca chi non li conoscesse.
Zazen all’alba:
si apre di incenso il
mio cuore
Zen che, al pari di buddismo e shintoismo, attraversa la poesia Haiku. Zen che viene proposto più volte nell’arco della raccolta, e così la luna, gli aceri, i gatti.
Foglie e fiori e neve senza vento: lassù la luna.
Un quadro immobile (i primi due versi) evidenzia un soggetto apparentemente immobile (la luna).
Concludo segnalandovi questi Haiku, prima di lasciar scoprire a voi gli altri che compongono la raccolta di Oldani di cui, oltre a quanto scritto, sottolineo la pulizia della scrittura e l’assenza di costruzioni retoriche o, peggio, auliche.
La luce è bianca
guardando i crisantemi
mi vedo solo.
Del mare mosso
ha l’odoroso alloro,
nero è il cielo.
Con la giustapposizione del cielo nero a un qualcosa d’indefinito e al tempo stesso ben caratterizzato ricorrendo a ciò che proviamo alla vista d’un mare mosso e all’annusare foglie d’alloro.
Quando piove
qualcuno si muove
non siamo soli.
L’erba ricresce
sotto il ginocchio: i
l mio cuore
Dolce prato verde
del mio dolore sento
il niente qui.
Giancarlo Baroni
Ho ammirato la magia dei tuoi versi, veri e propri lampi che abbagliano senza ustionare. Carezzevoli, delicati, dotati di una particolare grazia; come scrive nella Prefazione Alba Donati: “c’è una freschezza del dire, come se le parole fossero nate lì, sulla pagina, e c’è un vuoto che risplende”: Come tu ribadisci nella Nota conclusiva, sono versi privi di presunzione e di arroganza.
Le tue parole, immerse nella vita di ogni giorno, nel suo semplice scorrere e accadere, colgono, senza bloccarli, particolari che affiorano come minute epifanie concrete. Questo ritratto, appena accennato con poche ma sicure pennellate, ne è un esempio: “Mia nonna guarda / un pallido tramonto / dalla finestra”. E noi fissiamo attraverso i suoi occhi, in una sorta di immedesimazione.
La realtà fisica e dell’esperienza comune e quotidiana (la luna in alto, un soffio di vento, la pioggia che batte, le foglie ingiallite, una gatta che si aggira fra le camelie, un ciliegio, un muro di licheni, una mosca che vola, una conchiglia sulla duna, gli occhi del merlo, i chicchi del melograno…) all’improvviso ci spalancano dimensioni e mondi (“si apre il mondo”) che possiamo per un istante intuire. Non si tratta di un processo di comprensione razionale (“dolce è non capire”, “non mi domando”) ma emotivo ed empatico (“vedo me un salice”, “divento gatto”) che spalancacon naturalezza la finestra sugli incantesimi della poesia: “sull’acqua dei pesci / cadono le stelle”).
Si è parlato del libro Haiku italiani durante il TG3 PETRARCA il 24 dicembre 2016 e la trasmissione Fahrenheit RADIO 3 per la giornata mondiale della poesia il 21 marzo 2017.
Luigi Oldani, è nato a Milano, ha frequentato l’università di Firenze e si è laureato a Urbino.
E’ docente di italiano. Grazie a un periodo di lavoro a Tokyo, ha avuto l’opportunità di conoscere alcuni aspetti della cultura giapponese.
Ha pubblicato presso diversi editori, tra cui Campanotto con un’ introduzione di Idolina Landolfi, Milllelire, Nuova Compagnia Editrice e su diverse riviste. È stato organizzatore culturale per molti anni e coordinatore della rivista Pioggia Obliqua (su carta stampata) entrando in contatto con Mario Luzi, Enzo Siciliano, Antonio Tabucchi, Luigi Baldacci, Gabriel Cacho Millet e tanti altri autori. Attualmente è redattore, con Elisabetta Beneforti, della rivista on line Pioggia Obliqua scritture d’arte.
È da anni un Praticante presso il Centro Zen Firenze dove risiede uno dei Maestri più rappresentativi dello Zen europeo, Anna Maria Shinnyo Marradi.