H A I K U
luigi oldani
N O V I T A'
Luigi Oldani, Come ventagli, prefazione di Paolo Lagazzi, Samuele Editore, 2019
Come ventagli
i bambù rincuorano
ma senza vento.
Le generose parole di Lagazzi per gli Haiku di Luigi Oldani, in Paolo Lagazzi, Come libellulle fra il vento e la quiete. Fluttuando tra Giappone e Occidente, La vita felice, 2019.
i n e d i t i
Quasi vaniglia
inebriante sboccia
l'alloro di notte.
Perde il viola
il tramonto alle terme
glicine bianco.
Tramonto intenso
in auto ridendo
aceri ovunque.
Sempre, stamani
tutti i fiori cadono
brilla una stella.
Solo sul sofà
leggo vecchie lettere
lo stesso cielo.
E' tra le foglie
il Buddha che vedo meno
di notte, la notte.
Tutto s'incanta
l'attesa del giacinto
che mai sboccia.
Luigi Oldani,Haiku italiani, Samuele editore, 2016
Di ogni fiore
ogni petalo esiste
per tutto il tempo.
L’erba ricresce
sotto il ginocchio:
il mio cuore.
Guardo fuori:
profumo di silenzio
tutte le stelle.
Leggo a letto
dolce è non capire
l'alba d'autunno.
Alba Donati
Prefazione al libro
Luigi Oldani scrive haiku in maniera tradizionale. Voglio dire che l’esemplarità dell’haiku è qui espressa al massimo grado. C’è il tempo, il grande tema dei poeti di tutti i tempi e tutte le latitudini, ci sono le stagioni, gli alberi, c’è una freschezza del dire, come se le parole fossero nate lì sulla pagina, e c’è un vuoto che risplende. Oldani crea, come ogni scrittore di haiku (Basho ma anche Saba e Zanzotto) una zona franca in quei tre brevi versi. Crea il vuoto, come un verso che non si vede e che azzera gli appigli, fa sparire il maniglione antipanico, e in quel vuoto si siede tranquillo e noi con lui. In quel verso non scritto con sapiente maestria (ma forse non è maestria ma conoscenza) lui rigira il tutto, inverte la direzione, immette cose non viste, non vedibili. Dice uno dei componimenti più belli: “Il tempo incide\ sul muro di licheni:\ pietra carne”. A voler sviluppare la catena delle metafore nascoste si scriverebbe un trattato che passerebbe anche da Auschwitz. E ancora: “Quando piove/ qualcuno si muove/non siamo soli. “ Ma qual’è il kigo di questa poesia? La sua ragion d’essere, il suo tema centrale? Qui non c’è niente di italiano, perchè a me sembra che il suo kigo sia l’azzeramento della vanità, la supremazia del caso, il riconoscersi esseri tra gli esseri, o meglio non-esseri tra non-esseri, umani come sono umani i ciliegi, i petali, i fichi, i melograni. Insomma c’è la luce, o l’illuminazione zen, la luce delle cose fuggitive ma perenni, cose che rimangono proprio perchè deperibili. Quando piove non sentite la voce di chi non c’è più? E quello scrosciare non è forse il rumore dei passi di chi c’era prima di noi?e sapere che siamo stati e saremo non ci rende meno soli?
Ha ragione Oldani che è davvero un maestro nel redigere quel quarto verso non scritto che in ogni haiku crea la sorpresa, l’inversione e l’accensione del nuovo, “L’erba ricresce\ sotto il ginocchio:\ il mio cuore.
Rev. Iten Shinnyo
Abate e Maestro del Tempio Shinnyoji di Firenze
Luigi possiede una naturale sensibilità e un'innata capacità di ascolto profondo delle note più vibranti della vita.
Spesso cattura come una calamita i movimenti delle cose e i moti degli animi e con un immaginario imbuto li introita dentro di sé, per restituirli poi in pennellate di versi in chiaro-scuro. Talvolta la mestizia e quel lieve e sofferto mal d'être che lo sottolineano, affiorano negli scritti scarni e intuitivi dei suoi haiku.
La sua ricerca spirituale gli scaturisce un pathos sotteso, che lo apre al suo più alto lirismo nella rappresentazione della sua Pratica interiore.
Negli haiku racchiude il suo potere di sintesi, suggerendo immagini che ciascuno può colorare con le tinte della propria stagione, puntando dritto al cuore del lettore.
Giuseppe Grattacaso
Mondo haiku
Luigi Oldani con la sua poesia cerca continuamente un legame tra quello che descrive (a parole) e l'invisibile (o mai visibile o il non più visibile); tra gli oggetti e la loro natura Luigi Oldani ha sempre vissuto la letteratura con una sorta di delicata attenzione nei confronti della parola poetica, una generosa partecipazione alle vicende più complessive della poesia del nostro tempo, un commosso rispetto nei confronti dei maestri. Ne è testimonianza l’appassionata attività quale organizzatore di letture e incontri, e soprattutto l’esperienza di coordinamento e redazione della rivista Pioggia Obliqua, partita come periodico radiofonico e poi, negli anni Novanta, diventa una tra le più significative pubblicazioni di letteratura, aperta a contributi di notevole spessore e a partecipazioni illustri, quali quelle di Enzo Siciliano, Antonio Tabucchi, Mario Luzi, Luigi Baldacci. Da qualche tempo la rivista è riproposta in versione online (https://www.pioggiaobliqua.it/) e si avvale dei contributi dei maggiori scrittori italiani di questo inizio secolo, tanto da diventare, nel giro di poco tempo, uno dei più attivi punti di riferimento della poesia italiana di questi anni. Oldani, che è autore di diverse pubblicazioni, ha presentato recentemente quella che finora più essere considerata la sua opera più originale e matura. Gli Haiku italiani, editi per i tipi di Samuele Editore, sono infatti un libro denso, di scrittura rigorosa e di notevole spessore espressivo. Il poeta, forte di un periodo trascorso a Tokyo per motivi di lavoro e di un’esperienza maturata nel Centro Zen Firenze, tra i più rappresentativi dello Zen europeo, si avvicina ad una delle forme tradizionali dell’espressione poetica nipponica con grande sensibilità e con la capacità di muoversi in equilibrio sulla linea di confine tra la quotidianità e la cultura europee e le consuetudini espressive e la raffinatezza di marca orientale. luigi oldaniNella poesia italiana dello scorso secolo non sono mancati esempi di poeti che si sono avvicinati alla forma dell’haiku, semmai senza ripercorrerne rigorosamente i dettami tradizionali. È il caso di Saba e Zanzotto, ma anche alcune liriche di Ungaretti sembrano richiamare lo stile e la composizione sillabica della lirica giapponese. In ogni caso, Oldani sembra più vicino, per l’utilizzo di immagini legate alla nostra quotidianità e per la propensione a far materializzare il vuoto e il senso di vanità che accompagna ogni nostro gesto, alla produzione, piuttosto significativa, che Jack Kerouac dedicò al genere, in pratica reinventandolo ad uso della nostra sensibilità di occidentali. Luigi Oldani, che mantiene in massima parte la struttura dell’haiku tradizionale, pur assicurando alle sue poesie una maggiore libertà nella lunghezza dei singoli versi, sviluppa un’espressione che appoggia la significazione soprattutto su una sorta di salto logico finale, che apre a contenuti imprevisti e di notevole forza espressiva. Questo modo di procedere, del resto in linea con gli esempi moderni, anche giapponesi, consente di porgere al lettore in maniera semplice ma particolarmente efficace quelli che sono i grandi quesiti che l’uomo si trova ad affrontare: le questioni legate al trascorrere del tempo e alla finitezza delle cose terrene, gli eventi imperfetti e che pure possono apparire eterni, almeno nell’attimo in cui sembrano suggerire un loro impronunciabile segreto. Come scrive Alba Donati nell’introduzione alla raccolta, Oldani con questo suo scatto improvviso alla fine di ogni haiku e con quell’ulteriore verso che ci aspettiamo di leggere, che quasi siamo costretti a pronunciare, e che in effetti non c’è, “rigira il tutto, inverte la direzione, immette cose non viste, non vedibili”. La forza struggente e in qualche modo sfuggente delle liriche di Oldani è proprio nel legame tra quello che ci viene descritto e l’invisibile, il mai visibile o il non più visibile, si concretizza nel mondo indefinibile che si rappresenta dinanzi ai nostri occhi, tra la corporeità dei reperti naturali che irrompono sulla scena e l’impalpabilità della loro più profonda natura. Per esempio: “Tra le camelie / una gatta s’aggira / le cade un fiore”; o, quasi un manifesto di poetica, “Lascio cadere / parole mai nate: / vento d’inverno”. Il poeta sembra provare ritegno di fronte alla scoperta della vita e del suo mistero, una specie di incapacità a credere che la parola possa davvero definire una presenza, misurarsi con la vera consistenza della realtà, per cui con consapevolezza confessa: “Dei secchi granchi / con la bassa marea / amo il ritegno”. Il tempo a cui spesso ci si riferisce in queste liriche non è quello storico che rassicura, mettendoci di fronte all’esistenza di un prima e di un dopo, di un succedersi esatto di segmenti misurabili, quanto piuttosto l’estensione indefinibile, in bilico tra la tradizione dello zen e lo spaziotempo delle recenti acquisizioni della fisica: “Di ogni fiore / ogni petalo esiste / per tutto il tempo”; “Come la stella / tutta nel cielo oggi / piango questo blu”.
Recensione di Giuseppe Grattacaso, Succedeoggi.it
Alberto Toni
Un libro da leggere “Haiku italiani” di Luigi Oldani. La poesia che nella sua misura abbraccia la natura e l’esserci dentro. Ma con un che di non detto, sempre più in là, tanto da lasciarci immaginare. C’è brevità, ma anche lentezza, perché l’osservazione è lenta, come un istante. E ciò che è lontano si avvicina.
Luca Cenisi
Il cerchio e la pioggia sottile
Recensione della silloge Haiku italiani di Luigi Oldani, Samuele Editore, 2016, pp. 52, Euro 9,00.
Haiku italiani è una piccola ma significativa raccolta di Luigi Oldani che esplora, con inedita lucidità e freschezza, i più reconditi movimenti dell’individuo-poeta in quella dimensione vuota propria, appunto, del genere haiku. Gli stati d’animo e le esperienze personali del poeta si legano, così, con credibilità a un tessuto naturalistico che, pur non sedimentandosi in un rigido contesto stagionale, pare esaltare una “percezione istintuale” (honnōteki na kankaku 本能的な感覚) mai artificiosa e premeditata, coltivando, all’esatto opposto, una partecipazione emotiva (kokoro ni kaku心にかく) diretta, subitanea.
I rimandi al pensiero Zen, con il quale l’autore ha avuto modo di entrare in contatto grazie alle attività del Tempio Shinnyoji di Firenze, sono ben evidenti, e sostanziano un tacito filo conduttore che percorre l’intero scritto, secondo uno schema libero ma non casuale che fa del momento presente l’ambientazione lirica privilegiata:
La calma notte
pulisce il silenzio:
Zazen di luna
In questa, come peraltro nella maggior parte delle opere, il sentire dell’autore, lungi dal cristallizzarsi irreversibilmente in volizioni poetiche appariscenti, fa sua l’esperienza estetica così come codificata da Shin’ichi Hisamatsu (1889-1980), impostando il proprio dire secondo quell’«accrescimento della semplicità» di cui parla Garr Reynolds nel suo Presentation Zen, e che incarna il kanso 簡素 (appunto, “semplicità”), una delle sette qualità poetiche insieme al fukinsei 不均整 (l’irregolarità), al kōko 考古 (l’essenziale), allo shizen 自然 (la naturalezza), allo yūgen 幽玄 (la visione profonda e insondabile), al datsuzoku 脱俗 (l’allontanamento dal mondano) e al seijaku 静寂(la tranquillità).
Da un punto di vista stilistico, gli scritti aderiscono quasi sempre al modello “tradizionale” 5-7-5 (con predilezione per un conteggio sillabico di tipo ortografico), salvo rare eccezioni in cui la forma espressiva (sugata 姿) ha necessità di “respirare”, allentando i margini di un linguaggio comunque sempre fedele al proprio vissuto:
Se mangio…
il melograno, i chicchi
fine estate…
Degno di rilievo è il gioco di variazioni cromatiche che puntella la raccolta nella sua interezza e che pare voler rafforzare il lessico poetico mediante una simbologia attenta e precisa. Così, il “vento rosso di Kamakura” pare perdersi, senza tuttavia mai confondersi, con il rosso delle foglie d’acero (momiji 紅葉) o delle bacche adocchiate dal gatto, rinsaldando un principio di forza e, al contempo, di caducità che ben si colloca in contrasto con il candore della neve (yuki 雪), altro termine di rilievo nella storia dello haiku:
Soffia bianco
un sogno indicibile
notte di neve.
Delle sette qualità poetiche sopra menzionate, tuttavia, quella che risalta con maggior nitore già ad una prima, rapida lettura, è lo yūgen 幽玄, cioè il creare con quel non-dire proprio dello haiku un riverbero senza fine, «un’eco inesprimibile a parole» (Hisamatsu) capace di evocare tutto e niente, suggerendo un’ipotesi di lettura che, anziché valorizzare il mero dato semantico o letterale, ne incoraggi una muta interpretazione:
La notte fonda:
un mare capovolto
tra pesci-grilli.
In estrema sintesi, Haiku italiani convince per quel senso di novità (atarashimi 新しい) che è stato in grado di portare nell’attuale panorama haiku italiano, coniugando con consapevolezza una visione Zen umile e sincera e un’attestazione di vigorosa presenza del dato reale, secondo una direzione che pare indirizzare il lettore ad un fueki ryūkō 不易流行 (“l’eterno e il contingente”) di storica memoria.
(Lucacenisi.net 7 giugno 2018)
"Leggo con gioia questi Suoi haiku:
Tace il campo / la vite del Chianti / ingiallisce."
Valerio Magrelli
Cinzia Marulli
Trovo molto vicini a me i tuoi Haiku che ho letto e riletto assaporandone
la trasparenza, il lampo nell'anima. Si sente in essi una conoscenza profonda,
non c'è imitazione, ma spontaneità, maestria. Sì, devo proprio dire che i tuoi
haiku mi hanno fatto particolarmente piacere. Ti dissi per telefono quanto
io sia sempre stata perplessa di fronte a questa forma poetico-filosofica
traslata nella nostra cultura e nella nostra lingua evidenziando spesso forzature e
soprattutto vuoti.
Ma nel tuo caso è completamente differenze. C'è una sostanza, una
chiarezza che possono venire solo da un lungo studio e da un profondo sentire.
Daniel Horacio Fermani
“L'ho letto due, tre volte, per percepire la delicatezza delle sensazioni, l'haiku é talmente piccolo che solo apre la sua grandiosità nel silenzio. Ho pensato che soltanto un poeta con la sensibilità tua potrebbe impossessarsi di una tecnica così minuta, così delicata e fragile, e potente quando si apre. Non é mestiere per rustici poeti di provincia come me, senz'altro si deve vivere in un posto toccato dalla bellezza ed avere l'anima di nebbia per poter accedere ad una dimensione così.
Ho quindi letto e riletto nell'ansia di avvicinarmi almeno a quella fragranza intangibile, e forse, forse sono riuscito a intuire qualcosa della sua magnifica bellezza.
Grazie allora per la tua generosità e la tua arte, non di meno speravo da un uomo che vive tutta la sua esistenza nell'ambito privilegiato della poesia.“
PAOLO FABRIZIO IACUZZI
C’è nel tuo libro un intero anno dell’anima. Un ciclo da inizio autunno a fine estate, dalla caducità alla pienezza del tempo per gli occidentali, una sospensione del tempo attraverso il tremito e il fremito della natura per gli orientali. Un ciclo completo dell'anno in un rosario mormorato sottovoce concentrato in un punto. Potrebbe essere il punto di nascita o il punto di morte. Fotogramma dopo fotogramma c'è un inesauribile stare a metà fra il cielo e la terra. Dove ogni grano contiene un universo e ogni universo è concentrato in un grano che germoglia. Passato e presente sono richiamati insieme nell'istante a venire. Il vuoto. Eppure se italiani sono questi haiku lo sono proprio per questa esatta concatenazione di grano in grano dove una memoria che darebbe dolore si avvolge in una spira di luce. Uno dietro l'altro a disegnare tutti i grani disegnano un cammino a spirale: non siamo più gli stessi a lettura completa. C'è un ampio cerchio del mondo nei nomi dei luoghi riportati dal passato al presente. E c'è un presente allontanato nell'ampio cerchio dei colori. Un andare contemporaneo dalla circonferenza al centro e dal centro alla circonferenza.
Paolo Carnevali
HAIKU ITALIANI
Nel leggere gli Haiku di luigi Oldani, ho percepito un linguaggio dell'infinito: non si può comprendere interamente la nozione relativa all'esistenza di noi viventi in un processo di perfezione, se non inquadrandola in sostanza nell'immenso tutto in cui le esistenze convivono. Ma in quali forme del rappresentare reagisce la nostra mente? L'universo artistico è come quello dell'umanità in cammino, scopriamo, è energia formativa." Sale il sole/con la mia ombra/s'apre il mondo/.
Si evidenzia in primo luogo un problema filosofico non secondario: quello del rapporto tra scrittura e pensiero.La voce dell'anima, evidenziando quanto in realtà il pensiero e la parola vengano trasformati in traccia scritta e portata alla coscienza e resa oggetto di riflessione poetica. Una poesia quella di Luigi Oldani che enfatizza il presente, eterno presente con una infinita profondità, il tempo non è altro che presente infinito, eterno attuale. possiamo paragonare il tempo allo scorrere di un fiume: In riva al mare/sull'acqua dei pesci/cadono stelle/. Ogni terzina Haiku letta, obbliga ad una meditazione. E' impossibile leggere per esempio: Foschia serale:/nei pensieri andati/cade la vita/. e non rimanere in silenzio, annotando nelle volte del pensiero e vagare... Una scrittura poetica tra due mondi. Quanto al sentimento verso la natura, è uno stato d'animo che nasce all'istante dinanzi ai paesaggi e ai fenomeni del mondo. Lascio cadere/parole mai nate/vento d'inverno/.In questi versi ci perdiamo nell'affinità di un dialogo Kafkiano per l'incomprensione del mondo, oppure Penso all'oggi/quando la pioggia batte/qui sul silenzio/. E' uno stato interiore che ha al suo centro le emozioni e fattori spirituali. Sebbene questa intimità appartenga a diverse forme dello spirito umano, ma nella letteratura, la pittura,ecc. si rileva in maniera chiara ed efficace. Ai sentimenti verso la natura corrispondono molte tipologie emotive, complesse. Il poeta nel contemplare, svolge un esercizio introspettivo Calmo ammiro/un ciliegio bagnato/macchiare l'alba/.
Cercando di liberare la mente, il cuore e l'anima. Abbandona gli attaccamenti, svuota l'io. E' la possibilità per l'autoliberazione e il ritorno alla natura per ristabilire un dialogo con l'ordine cosmico e l'armonia con l'universo. Tutto è correlato e il poeta si compensa con la natura. L'influsso taoista sulla poesia Haiku è indubbio. Il nesso tra natura e arte è strettissimo. Luigi Oldani afferra l'essenza del complesso intreccio tra natura e vita nell'impressione sensoriale istantanea che la natura stessa suscita, con la propria intuizione profonda. Dona alla parola una luce. Concentrandosi sulle proprie emozioni crea un'armonia con le cose, il proprio cuore e la mente. Scrivere Aiku, è pratica di vita e perfezionamento etico e spirituale ci dice Oldani; perfezione interiore che viaggia parallela con l'arte e diviene esercizio rigoroso.
Recensione di Paolo Carnevali, Critica Impura, 17 gennaio 2017
Toni Piccini
Luigi Oldani, Haiku Italiani, Samuele Editore.
Leggendo questa raccolta di Haiku ho avuto una sensazione di continua vicinanza del vento: ciò è frutto del come l’autore lo ha disseminato nelle pagine, quasi a farne filo invisibile, talvolta anche al servizio della domanda.
Amo il vento
né acqua né terra
pesce in fuga?
Un vento mai invadente che scorre continuo al fianco, non a folate. È viaggio che non termina sul confine del canone classico a cui spessissimo l’haiku viene abbarbicato in Italia: lo varca, va oltre e, da vento continuo, non travolge il recinto ma ne fa progressivamente cadere le pietre, quasi senza rumore, sino a rendere orizzontale il passo della penna. Una penna libera di attraversare rigidi paletti senza con ciò sconfinare l’Haiku: vedasi l’abbandono della sequenza sillabica 5 – 7 – 5, vista ancora oggi in Italia spessissimo come sacralità, mantra recitato di frequente a vuoto e senza approfondire lo spirito che caratterizza questa forma (e ancor più essenza) poetica.
Lascio cadere parole mai nate: vento d’inverno. Mentre arrivi un soffio di vento: libro aperto.
Due testi caratterizzati da stati d’animo opposti: nel primo in un apparente ossimoro l’assenza che determina mancanza (“vento d’inverno”), nel secondo l’imminente presenza che reca gioia (che è, se non gioia, un libro aperto? Che libro aperto sia la persona che arriva o sia un libro da scrivere con quella persona, la sensazione è comunque di gioia).
Fra i libri di Haiku scritti in italiano trovo questa raccolta tra le più interessanti e, pur se Haiku italiani è il titolo scelto dall’autore, tranne qualche nome proprio i componimenti potrebbero aver luogo senza confine geografico o con collocazione lontana, vedi il componimento che apre la raccolta.
È il vento rosso
di Kamakura
dove ero e sono.
È Kamakura specificazione geografica di quel soggetto che è l’insolito vento rosso? O è il vento rosso cornice di Kamakura? Ci troviamo così in quello spazio di libera interpretazione che la poesia Haiku muove in noi, e in entrambi i casi Oldani varca il tempo: “ero e sono”.
Un pregio della raccolta è che i testi scorrono lungo una sorta di linea orizzontale, non per piattezza ma grazie al lavoro che l’autore ha fatto su se stesso e propone in alcuni testi, ovvero la pratica dello zen… la meditazione, il ringraziamento, un vecchio monastero, luoghi di meditazione citati con i loro nomi originali, quasi a spingere alla ricerca chi non li conoscesse.
Zazen all’alba:
si apre di incenso il
mio cuore
Zen che, al pari di buddismo e shintoismo, attraversa la poesia Haiku. Zen che viene proposto più volte nell’arco della raccolta, e così la luna, gli aceri, i gatti.
Foglie e fiori e neve senza vento: lassù la luna.
Un quadro immobile (i primi due versi) evidenzia un soggetto apparentemente immobile (la luna).
Concludo segnalandovi questi Haiku, prima di lasciar scoprire a voi gli altri che compongono la raccolta di Oldani di cui, oltre a quanto scritto, sottolineo la pulizia della scrittura e l’assenza di costruzioni retoriche o, peggio, auliche.
La luce è bianca
guardando i crisantemi
mi vedo solo.
Del mare mosso
ha l’odoroso alloro,
nero è il cielo.
Con la giustapposizione del cielo nero a un qualcosa d’indefinito e al tempo stesso ben caratterizzato ricorrendo a ciò che proviamo alla vista d’un mare mosso e all’annusare foglie d’alloro.
Quando piove
qualcuno si muove
non siamo soli.
L’erba ricresce
sotto il ginocchio: i
l mio cuore
Dolce prato verde
del mio dolore sento
il niente qui.
Giancarlo Baroni
Ho ammirato la magia dei tuoi versi, veri e propri lampi che abbagliano senza ustionare. Carezzevoli, delicati, dotati di una particolare grazia; come scrive nella Prefazione Alba Donati: “c’è una freschezza del dire, come se le parole fossero nate lì, sulla pagina, e c’è un vuoto che risplende”: Come tu ribadisci nella Nota conclusiva, sono versi privi di presunzione e di arroganza.
Le tue parole, immerse nella vita di ogni giorno, nel suo semplice scorrere e accadere, colgono, senza bloccarli, particolari che affiorano come minute epifanie concrete. Questo ritratto, appena accennato con poche ma sicure pennellate, ne è un esempio: “Mia nonna guarda / un pallido tramonto / dalla finestra”. E noi fissiamo attraverso i suoi occhi, in una sorta di immedesimazione.
La realtà fisica e dell’esperienza comune e quotidiana (la luna in alto, un soffio di vento, la pioggia che batte, le foglie ingiallite, una gatta che si aggira fra le camelie, un ciliegio, un muro di licheni, una mosca che vola, una conchiglia sulla duna, gli occhi del merlo, i chicchi del melograno…) all’improvviso ci spalancano dimensioni e mondi (“si apre il mondo”) che possiamo per un istante intuire. Non si tratta di un processo di comprensione razionale (“dolce è non capire”, “non mi domando”) ma emotivo ed empatico (“vedo me un salice”, “divento gatto”) che spalancacon naturalezza la finestra sugli incantesimi della poesia: “sull’acqua dei pesci / cadono le stelle”).
Si è parlato del libro Haiku italiani durante
il TG3 PETRARCA il 24 dicembre 2016,
a Fahrenheit RADIO 3 per la giornata mondiale della poesia il 21 marzo 2017.
Luigi Oldani, è nato a Milano, ha frequentato l’università di Firenze e si è laureato a Urbino.
E’ docente di italiano. Grazie a un periodo di lavoro a Tokyo, ha avuto l’opportunità di conoscere alcuni aspetti della cultura giapponese.
Ha pubblicato presso diversi editori, tra cui Campanotto con un’ introduzione di Idolina Landolfi, Milllelire, Nuova Compagnia Editrice, Franco Cesati Editore e su diverse riviste. Nel 2016 ha pubblicato presso Samuele Editore, Haiku italiani ed è presente in AA.VV. Umana, troppo umana, poesie per Marilyn Monroe, Arango Editore, 2016. È stato organizzatore culturale per molti anni e coordinatore della rivista Pioggia Obliqua (su carta stampata) distribuita nelle librerie Feltrinelli, entrando in contatto con Mario Luzi, Enzo Siciliano, Antonio Tabucchi, Luigi Baldacci, Gabriel Cacho Millet e tanti altri autori. Attualmente è redattore, con Elisabetta Beneforti, della rivista on line "Pioggia Obliqua scritture d’arte".
È da anni un Praticante Zen.