"Vivo così è un libro sull'attesa e sull'appartenenza: “Vivo così: d'attesa, / spergiurando su cosa mai può essere”. E
l'attesa è tutta dentro l'essere, tra passato, presente e futuro. La poesia è misura dell'accaduto, il visibile e l'invisibile, tra la realtà del mondo e il riverbero metafisico. C'è un racconto,
ma è irrintracciabile linearmente, perché niente si può dare con una vera continuità. E gli altri, in primo luogo Raffaele, “operaio Fiat, la notte al muletto”, figura vera della mia degenza
ospedaliera, G., deambulante di notte, tra la veglia e il sonno sempre difficile, e a seguire una folla inquieta di fantasmi in marcia (“schiere di claudicanti”), come una visione: “Passano
tutti, scende un momento d'oro, / rosso mattone e bianco marmo inciso, / ciascuno ha il suo nome, li ricrei tu”. Si tratta di restituire la “versione dei fatti se sarà plausibile”, muovere il
passo incerto di una storia."
Alberto Toni
Vivo così: d’attesa,
spergiurando su cosa mai può essere:
cuculo, tortora d’attesa. Oscilla il lume,
la calda mano degli altri.
Raffaele, operaio Fiat, la notte al muletto,
è solo un tempo fantasma
che racconta di sé e del dolore non smette
mentre dall’altra parte il nipote non
sa,
poi chiude gli occhi per pensare al domani.
Forse, si chiederà più tardi, il tormento
non passa così in fretta e ci sarà bisogno
di ricordare.
Tutto deve andare avanti.
Ma poi noi non sappiamo
se l’illusione è verità. Allora scendo
e salgo fino alla prova e non per paura
e dolore, ma soltanto per conoscenza.
Vedrò tutti i colori insieme, soltanto
per un istante? Un vetro solo che separa,
esclude tutte le immagini più volte ripetute.
Uscire dal corpo si può,
per tenere il fuori campo, dibattersi,
controllare il flusso con tutto che rallenta.
Simili richieste dovresti tenerle per riprendere
fiato, una volta era più facile: bastava la vita
battente che si alzava a vortice. Non ora che
tutto è in bilico. Ma non c’è abiura, solo
nascondersi.
È un cambiamento di stato.
Quando l’albero cresce si ingrossano
le radici sull’asfalto. Se tremi è per la voce
debole, la fissità dello sguardo, a volte.
Raffaele ancora non ha reazioni alla vita.
Giugno potrebbe essere un mese come
un altro, ogni notte il gemito strazia l’aria,
corrompe il silenzio mai puro, tira in ballo
sogni di un’età spaventosa e raggiante.
È assorto
dentro il quadro degli affetti. Mancano.
Nulla toglie valore al sogno.
Potrebbe essere
uno di passaggio che gli rivela qualche
verità momentanea, tanto per dire,
o una duratura immersione, altre acque
di nascita e diluvio, parto e nuova
ragione, con il tempo che si rinnova
spariscono i vecchi sepolcri della fuga.
Da questo momento tutto è possibile,
lo sentivo rodere invelenito, il peggio
è passato ed è più disteso nel parlare.
Era l’eterno sorriso all’origine.
Poi fu l’alterno sorprendere dei momenti,
la ruota del prenderti e non prenderti,
sospendere il giudizio, spostare l’idea di Dio
e del firmamento. Non calibrato o previsto
si fece strada un documento scritto d’amore
e forza.
Con tecniche da iniziato,
sarà un districarsi lento e vuoto.
Perché di sofferenza in sofferenza
la luce non molla la sua presa?
È tutto qui, spargere i saluti
a rimando, spiegarti: ad occhi aperti
mi piacerà ricevere l’invito, perdermi
ancora fuori alla finestra e stringere
una mano. Vero che verrai di nuovo
e di nuovo, senza fine, per i deserti
miei che non calpesterai.
Mai ti sarà concesso nel lancio della voce
di fermarti per guardarti indietro.
Lo teniamo insieme il fotogramma
indiviso. E tornerà giusto per trasformarsi in
[pietra, sponda.
Il tratto dei misteri ci dice che domani
compiremo il viaggio di conoscenza.
Dio lo sa nel silenzio che attraversiamo,
in folle corsa e minime pause stagionali.
Un raggio finale e doloroso.
E tutti gli oggetti allineati sul tavolo
per il ritorno.
Un diario di alterità.
Corpo e prigione ma anche a un passo il gelsomino
tutto per te è fiorito.
Senti il vestito che ti va stretto
e non rinunci al sorriso.
Qualcuno penserà: quelle
aeree parole in cima alla collina
serviranno al risveglio.
Decidemmo la strada.
Il grosso sarebbe giunto di lì a poco,
l’atteso, il non nominato giudizio.
Avevo scelto con te tra le pieghe
dell’abito, il più portabile, l’unico
forse che non casca male,
un blu solito, tra i tanti.
E l’entusiasmo per dirlo.
L’abito. Che lo fa qualcuno a un certo punto
senza saperci fare, il colore non tiene e lo
vorresti più nitido, ancora raggiante e pulito.
Dipingevano abbracci, solitudini.
Me li ricordo al commiato, quel dire
non trapela al dialetto più chiuso
e un impeto di cordialità.
È filato via come l’incontro del Dio prossimo
e ribelle. Ma queste sono le Sue scelte, i saluti
che restano, tempestano di un’acqua che ribolle.
Dunque è per questo che il sorriso di R.
era raggelato, fermo ai suoi anni migliori.
Ma i tratti erano fermi, di ragazzo cresciuto,
capitato per caso nella fissità, catapultato.
da Vivo così, Nomos Edizioni
La sua poesia "si muove dentro una "radice comune", configurandosi come esperienza di una religiosità laica, dentro gli avvenimenti della storia e un vissuto privato."
Alberto Bertoni nell’Almanacco dello Specchio, Mondadori, 2009
Per la realtà ci vuole un confronto.
Toccava a lui ripetersi nel gioco, ricrearsi
nell’illusione. Poi sale l’infinito, si
prefigura
il Dio prossimo, la roccia che è termine di paragone.
Avviene tutto dentro,
un moto rapido,
un’accelerazione che non dà tregua.
Forse un ritorno alle origini.
da Vivo così, Nomos Edizioni
Alberto Toni.
Negli anni ’80 ha partecipato a numerose letture pubbliche, tra cui il Festival Internazionale dei Poeti del 1984 nell’ambito dell’Estate Romana.
Ha pubblicato su diverse riviste di poesia, tra cui Nuovi Argomenti, Arsenale, Prato Pagano, Tabula con una prefazione di Amelia Rosselli.
Con la raccolta poetica Liturgia delle ore ha conseguito il Premio Internazionale Eugenio Montale.
Dal 1984 al 1989 ha collaborato alle pagine culturali di Paese Sera.
È autore di varie raccolte di poesia, racconti, testi per il teatro.
Scrive di critica letteraria su periodici e quotidiani.
La pagina viene presentata per gentile concessione dell'autore a Pioggia Obliqua