Andrea Abruzzese
Poesie inedite
Sfidasti forze più imponenti dei mulini a vento,
perché volevi che la terra fosse vita,
che non fosse pianto.
Ma ti costrinsero ad un lungo viaggio,
a esiliare la tua tenacia,
ad isolare il tuo coraggio.
E cercasti di ridare un senso a terre in disuso,
a sognare tra montagne e belati intelligenti.
E come raggi che disperdo i nembi, il tuo sorriso,
a disarmare il belare di animali ignoranti.
Ma oggi, te ne vai
con un anno che odora di morte,
ti porta via con se,
per il suono di monete accecanti.
E mentre fuori, l’innocente neve piangeva forte,
ti rubava un orrore,
che non si può rendere poesia.
Ma i tuoi sogni soffieranno tra i monti,
saranno echi di respiro,
nella verde prateria.
Fu un attimo, ma gli vidi il volto,
come il mio, giovane e bello.
Gli vidi gli occhi, diverso il colore,
ma brillare d’identico terrore.
Ci incrociammo nella neve,
fu un attimo, ma vidi quel bagliore...
Dalla sua anima alla pupilla, respiro sospeso
e la mano tremare sul fucile, di pietra le dita,
nel petto il cuore sperare indifeso
in quella premura per la mia vita.
Fu un attimo: il fumo, l’eco, la scintilla
e il suo corpo destato dal mio mitra.
Poi lo sentii pregare, cercare,
nel cuore un amore, bestemmiare,
tra il grano color delle rose,
la diversità delle nostre divise.
Lo vidi perdere colore
circondato da un silenzio corale,
e io incolume, medaglia al valore,
ma nell’animo... morto uguale.
Andrea Abruzzese nasce a Foggia, città nella quale vive, il 27/04/1989.
Scrive poesie dall’età di 14 anni, alcune delle quali sono state pubblicate sui siti:
“L’Altrove - Appunti di poesia”, “Poetarum Silva” , “Poesie sull’albero”, “La Nuova Rivista Letteraria”, “L’Ottavo”, “Leggere poesia”, “Intermezzo Rivista”, “The Bookish Explorer”, “La Seppia”, “L’Incendiario”, “Aratea Cultura” e “Aquile Solitarie”.
Altre sono state commentate sul sito “Poesia del nostro tempo”, all’interno della rubrica “Laboratori di poesia”.
Inoltre alcune sue poesie sono state pubblicate all’interno della rubrica “La Bottega della poesia”, del quotidiano “La Repubblica” nelle edizioni di Milano, Torino, Napoli e Bari.
Gianni Marcantoni
Poesie inedite
VACUA STANCHEZZA
La notte è ridotta a poco,
ineluttabile si annienta in un riposo,
in cui il buio gorgoglia pungente
e il sonno si fa chiassoso.
Evapora in abbondanza
un senso di asprezza, mentre il terreno
si disfa oltre ogni suolo.
I becchi degli uccelli
sono immobili da secoli,
le onde suonano come organi
e inizia a colare una vacua stanchezza
dai nervi strecciati come midolli.
Penne radenti di colombi orfani
oscurano il mezzogiorno,
io mi lascio cadere
in uno spazio di fuoco.
NESSUN ARRIVO
Dalla frontiera non attendo
nessun arrivo - di nessuno di voi
non aspetto il ritorno del mattino;
respiro mutevole e flebile,
da queste mani compaiono
gli anni come azzerati-strozzati.
Non giungono altri segnali,
attraverso la desolata pianura
trabocca qualcosa che le mie labbra
non possono decifrare.
Ristagna l'acqua dentro ogni orma,
la linfa non porta calore;
non hanno anima né felicità i fiori.
VUOTO PARO
A vuoto paro restiamo intatti,
a vuoto restiamo cospiscui di ragione,
di uno scomposto flusso interiore
che continua ad agitarci.
Con molta fatica riusciamo
a tracciare volti
non ancora del tutto astratti
da un'intricata perdita
che ci portiamo addosso.
A tempo perso non cerchiamo
rami o mine o mosaici,
scendiamo con occhi doloranti
con le nostre poche armi
alla ricerca del varco eterno
che la mente richiama con assillo,
fra rovine che si arcuano
e spariscono in sottili scrosci.
Ho posseduto come un vento
la sera priva, tu che sembravi
godere della vita somigliante più
a una flotta nemica che avanzava decisa;
una stella impaziente in un punto
sperduto sembrava scalciare.
AL CHIUSO
Nel tempo di fronte ad ogni composizione
rimango al chiuso,
radici fumanti sono cresciute sul volto
mentre cercavo un'apertura.
Lo spazio si amplifica
senza concedere mai una tregua;
dove tutto si placa,
nel pantano malevolo della vita,
ciondoli e preghiere non durano a lungo.
La terra scivola lungo un'arteria solida:
sono catene lacerate di un'uccisa gioia.
Fra l'oscurità di qui dentro
ritroverò la tua vita
poiché la mia si è spaccata
e in uno schizzo è fuoriuscita;
rimane un solo porto a cui non si arriva.
NON HO VOCE
Sono dentro una folla,
mentre altri mi vedono
io annuisco come se
non avessi parola alcuna per dire
che i tuoi sguardi sempre mi affliggono.
Sento che abbiamo vissuto
qualcosa che verrà rimosso:
un osso-un masso-un muro.
Ha austerità il vento
su cui nessuna voce mai si disperde
e nessuna vita viene dimenticata;
avverto il suo sussulto,
una vita agitata.
Le discese si dividono,
la rosa che era nata per me
è divenuta un campo d'acqua.
Gianni Marcantoni è nato nel 1975 a San Benedetto del Tronto e vive nelle Marche. Laureato in Giurisprudenza, ha iniziato fin da adolescente a comporre versi. Le sue opere poetiche: "Al tempo della poesia" (Aletti, 2011), "La parete viva" (Aletti, 2011), "In dirittura" (Vertigo, 2013), "Poesie di un giorno nullo" (Vertigo, 2015), "Orario di visita" (Schena, 2016), "Ammessi al paesaggio" (Calibano, 2019), "Complicazioni di altra natura" (Puntoacapo, 2020), "Panorama dei lumi" (plaquette, Puntoacapo, 2021).
Inserito nella Enciclopedia dei Poeti Italiani Contemporanei (Aletti, 2017) nonché su Italian Poetry, sito ufficiale dei poeti italiani dal novecento ad oggi, diviene nel 2020 co-fondatore di Wikipoesia. Sue citazioni e liriche compaiono in diverse antologie AA.VV, cataloghi d'arte, siti poetici, blog letterari, periodici e riviste, in cui sono presenti delle recensioni (La Poesia, Pensieriparole, Scrivere, Frasi celebri, Aforismi Frasi, Poesia, di Luigia Sorrentino-Rai news, Poesia ultra contemporanea, Apparenze, L'Altrove, Inverso, Punto Almanacco di poesia, L'Ottavo, Cartesensibili, Alma Poesia, The Bookish Explorer, Calcio alla Poesia, Mosse di Seppia, Cultura Oltre, Linina Mundi, la Voce delle Marche, Roma Capitale Magazine, Soundcloud, Literary, VivereFermo, L'Attualità-Periodico di società e cultura, Shockwave Magazine, Alessandria Today, Leggere:tutti, Oubliette Magazine...). Ospite in alcune rubriche letterarie e reading, ha ricevuto vari premi e riconoscimenti.
Paolo Pedrazzi
Inediti da "Nihil", testo poetico in sette cantiche
"Il testo si origina su un’evenienza biografica: il primo amore omosessuale come l’evento totalizzante che, con la sua enorme forza distruttiva, cancella il "vecchio" mondo in cui l’Io poetante vive e opera in esso una vera e propria palingenesi: il cosiddetto “destino biologico” viene aggirato e disatteso, la logica “economica” dell’amore per fini procreativi non imbriglia più e la soggettività può “evolversi”.
L’amato del proprio stesso sesso diventa quindi un liberatore, un’entità in certo modo superiore che affranca l’Io dalla tradizione, dalla “norma”, dalla Natura e finanche dalla stessa Vita, intesa come forma dell’esistenza basata sulle leggi della Specie; egli rade al suolo tutto ciò che esiste prima della sua venuta, è il grande distruttore, ciò che io ho inteso come la forma estrema della realizzazione dello “spettro nichilistico”.
Con queste premesse, ho rielaborato il materiale iscrivendolo in una struttura concettuale più ampia, dove l'Io poetante (ipostasi del mondo ipermoderno) affronta lo spettro del grande Nulla in quello che si configura in tutto e per tutto come un incontro d'amore e allo stesso tempo come un percorso iniziatico."
"La mia poetica attinge dall’attualità e senza dubbio dalle mie esperienze, ma evoca anche simboliche della poesia greca, latina e biblica; la lingua è secca, cruda e talora brutale, organizzata in un metro moderno, spezzato, alcune volte irrelato, ove l’assonanza, l’allitterazione e la falsa rima danno risalto a termini cruciali, nodi emotivi o strette correlazioni di pensiero."
2. Lo sguardo
Cosa nascondi mai
in fondo all’antro
del tuo cappuccio? Quale mistero,
monaco nero, tieni per via,
se ne alzi con la punta delle dita
i lembi sul capo?
Nell’ombra della romita
concavità che tutto cela
come in un boccio
quasi nulla si spia:
i begli occhi i canini le braci
dei primi baci,
nient’altro rivela
la fase lunare.
Ma ora il tuo occhio oscuro
rivolgi a me: sento
il suo riflesso;
non vede il mio sguardo,
è guardato:
così come sul tavolo settorio
mano violenta squarta,
palpa ausculta esamina esso
ogni mia parte.
I tuoi capelli neri,
lucenti come bagnati
dall’acqua di mare,
s’alzano al viso bianco,
si chiude la terra immonda
intorno al cadavere
e subito su me
rannuvola il cielo.
La tempesta è vicina!
Già attendo lo sfacelo
del fulmine violento
che muore a un tempo
incendiando il bosco,
attendo la rovina
del tuono che squassa,
e intanto mi metto
come un bambino
le palme sugli orecchi
per il frastuono;
ma niente arriva mai…
nessuno schianto!
La tua tempesta è solo
ombra lunga che passa
dietro le spalle e vento
senza posa delle tue ali.
Nessuna luce serena
ti illumina ai miei occhi
ed è questo che mi attrae
come strana falena.
Tu sei la sede,
la fine di tutto,
il ventre buio ov’è il frutto
di volontà, dove non arde
alcuna fede
in una nuova aurora,
ma dov’è bello e giusto
congiungersi ancora.
La partenza e il ritorno
sono una cosa sola
perché al cospetto
dei tuoi occhi fatali
viene la morte
di tutti gli enti
e presso alle tue ali
diritte colossali
come porte battenti,
la memoria non osa.
Muoia allora muoia,
il padre della mia
giovane ipocrisia,
un padre buono questo
deve fare!
Ma quale invero
il modus operandi?
Facile si affila
il desiderio, il sogno e tutta
la trafila
delle umili istanze
dell’umanità,
carezzando speranze
come gatti morti!
Ma pochi hanno il cuore, in verità,
così nero
per uccidere davvero.
Io ce l’ho, e l’ho usato
contro mio padre,
contro la falsa vita,
ma non lo è stesso cuore
che lui mi hai dato,
sorta di marcita primizia
fra le frattaglie,
è un altro, un cuore estremo,
livido, innocente perché privato
del ritmo che ci assorda
e tanto bene si accorda
al tam-tam della guerra.
Questo cuore è stato
l’arma del mio delitto!
E ora regge in alto
il mio sorriso
il suo capo confitto,
ingozzato del suo stesso
rancido veleno!
La Sirena è strozzata
al fondo dei suoi lombi e ora
finalmente
tutto è sereno!
Piangono i miei fratelli
teneramente (forse sono
lacrime d’invidia),
ma nessuno sa
che sono io il vero
custode designato
del sangue segreto
al quale oggi s’è levato
un elogio sincero.
La memoria ho dannato!
Questo deve fare
un buon assassino,
questo deve fare
un figlio vero!
Adesso che questi occhi
mio amato, sono vuoti,
adesso che ogni cosa
è svanita e lascia dietro
poco più che un’ombra
annichilita
sul vetro e niente screzia
lo sguardo ottenebrato,
adesso che il pulviscolo
della luce crudele
s’è sedimentato,
posso vedere infine
la realtà!
Ecco la Creazione:
senza dimensione
e senza forma,
manca lo scopo.
Non è più il cuore al centro
e la rivoluzione
e la rivelazione
non si compiono mai.
Tu lampeggi nel cielo nero
e tutti si traggono al riparo,
perché non più capaci
di unire i fili, giungere
un polo all’altro,
per questo preferiscono
vivere una menzogna
dalle ore contate:
una terra senza cielo
come bestie silvane,
o un cielo senza terra
di stelle separate.
Io solo non ti temo,
pericolo agognato
della folgorazione,
perché già dentro
mi ha consumato
il fuoco nero
dell’apostasia.
Me ne sto dritto io
sulla soglia del mondo
e tu mi hai scritto
dentro, nel profondo.
Hai fatto di me
il tuo libro sacro.
Mi hai portato in volo
sul pinnacolo del Tempio
e io, solo per poco,
non svengo a questa vista,
al pensiero felicissimo
della trista caduta.
Resisto ancora all’impiedi,
pure se mi assale
il tremito della visione
e la casa vacilla
e spezza tutte le cose
il tuo accesso.
Anche le parole adesso
alle mie spalle
mormorano come muri
pericolanti!
Splendida è la città
fra le rovine
perché si vede infine
come un fiore
sbocciare il cielo nero
dai tetti infranti!
"Ho frequentato l'Università degli Studi di Torino, dove ho conseguito la Laurea in Lettere con una tesi sugli scritti di Santa Caterina da Siena; le mie passioni in ambito letterario spaziano dalla letteratura classica (sin da ragazzino mi diletto nella traduzione in versi) a quella inglese (ho tradotto in versi “La Ballata dell’Antico Marinaio” di Coleridge, la prima parte dei “Sonetti” di Shakespeare e ho pubblicato un saggio di traduzione poetica e commento del poema "The Hunting of the Snark" di L. Carroll, 2011, BIBLION EDIZIONI, Milano), alla letteratura per l'infanzia (a Natale 2022 è stato pubblicato il mio primo albo illustrato per KM EDIZIONI, Firenze) fino al romanzo; amo molto anche gli studi filosofici e psicanalitici, soprattutto le teorie post-freudiane e lacaniane.
A stretto riguardo della poesia, prediligo i testi di quegli autori, come Nietzsche, Rimbaud, Campana, che sono segnati da un bisogno di "superamento" del genere, quelli che non hanno temuto di smarginare al di là del razionale e che hanno testimoniato sulla propria pelle la forza del Sacro."