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                P r o p o s t a    p o e s i a

 

 

a cura di Alessandro Fo

 

 

 

 

Il debutto in versi di Eleonora Conti

 

 

 

di Alessandro Fo

 

 

 

Approfittando della consueta generosità di Pioggiaobliqua desidero richiamare l’attenzione sull’esordio di una voce che trovo interessante e promettente. Eleonora Conti, di Parma, scrive testi scabri e diretti, che a uno sguardo superficiale possono sembrare attestati su un grado zero di elaborazione formale: a una lettura più approfondita, invece, rivelano congegni (debitamente) nascosti, in particolare una compressione del linguaggio quotidiano, che per esempio, va a ‘cogliere sul fatto’ alcune frasi fatte (e dunque lise), per ‘prenderle in parola’ e torcerle a un senso che infonde loro nuova vitalità. Per esempio, già nel primo dei versi qui proposti, «andremo su tutte le furie» letto come opzione per un singolare mezzo di trasporto. O ancora i giochi sul filo delle Parche e sul ‘punto croce’ fra le costellazioni, o la lode delle ginocchia «in questo giacomo giacomo/ che è la vita». Altrove è il tecnicismo del linguaggio forestale a farsi adeguato strumento per recuperare alla poesia esperienze così condivise e correnti da imporre, a chi intenda nuovamente scriverne, di trovare la giusta via d’uscita dal labirinto del banale (Il turno tecnico del cuore, con relativa nota).

 

Lungo uno scambio postale di impressioni, discutendo degli scopi della poesia, mi permettevo di osservarle che mi sembrava un po’ trascurato l’obiettivo di ciò che i latini avrebbero definito il movere. La sua replica introduce una nota di poetica: «Se posso provare a rispondere all’impervia domanda del perché scriviamo poesia (quantomeno perché la scrivo io) mi verrebbe da dire per provocare: un chiamare fuori, un incitare. A cosa? A vedere il mondo da un’altra prospettiva: da qui l’ironia a volte amara e lo sguardo a tratti un po’ infantile; i giochi di parole e modi di dire decontestualizzati».  Ritenendo da sempre che scrivere poesia debba soprattutto introdurre un diverso modo di cogliere le cose e le pieghe della vita, sottoscrivo in pieno queste intenzioni, perseguite – per lo più – con una sorta di ‘fusione fredda’ (quasi in stile primo Magrelli, ma senza mai scimmiottare), che in ogni caso preserva da quelle sbavature melense e da quei tratti d’enfasi che aduggiano molti degli odierni approcci al fare poetico. Valga come paradigmatico Stalattite, in cui una ferita potenzialmente grondante pathos, e dunque lacrime, assume una sua poderosa cristallizzazione minerale. Valgano, in parallelo, le «patelle di dolore» della Mediazione vipassana.

 

            Di Eleonora Conti va secondo me debitamente apprezzato il piglio fermo che consegue a queste premesse. Ne scaturiscono testi rilevanti e dotati, oltre che di una sobria venustà, di una sintetica energia. Testi come R.I.P. o come Reliquie, in cui la «provocazione» che ispira l’autrice prende a (gentili) sberle il privato come l’universale. Testi come Il bello del brutto, che, abbracciando la vita in tutta l’ampia escursione delle sue più essenziali polarità, ne riscatta gli aspetti sgradevoli in una spavalda proposta d’amore.

 

 

 

 

 

 

 



 

                                                         

 

                                                      Testi di Eleonora Conti

 

 

 

Lo sfogo

 

 

Andremo su tutte le furie

a cavalcare ore di fuoco

a mescolare i veleni del fegato

e se la rabbia rode ancora

dopo tanta aridità dei cuori

apriremo i nostri umori verdi

e ne faremo luce e bellezza.

 

 

 

 

Ginocchia

 

 

La stretta dei legamenti

frena il girotondo della rotula

la lesione permanente

già annunciata dal menisco

 

riduce la frizione

della biomeccanica

l’incedere maldestro

padre di ogni inciampo.

 

Lode alla volontà flessibile

delle ginocchia

che ovunque ci sostengono

in questo giacomo giacomo

che è la vita.

 

 

 

Stalattite

 

Le sorgenti cadute dagli occhi

si incontrano in un punto buio

sotto alla curva del mento

e lì fanno sedimento, pensiero

calcareo, dolore permanente.

 

Ché il pianto a poco serve:

non arriva al mare, devia prima

disseta un grande niente.

 

 

 

 

Le Parche

 

 

L’istante è un punto

croce tra costellazioni

e com’è verde l’adesso

viola la curva del giorno

la svolta senza sonno

e mai ritorno e rimango

a pensarci senza tregua

a questa folle esecuzione

la maglia aperta del tempo

la nostra vita nello schema

il respiro che è solo un filo.

 

 

 

Reliquie

 

Venerano le risparmiate dita della santità

falangi che spianano guerre agli infedeli

tocco che converte stormi di anime

carezza che bonifica corpi ammorbati

indice che mostra senza fratture la retta via.

 

Eppure sono ossa di pollo

rimasugli esemplari

di questa umanità gallina.

 

 

 

 

 

Meditazione vipassana

 

 

Per pulirsi dentro ci vuole silenzio

spegnere la battuta del tempo

scavare lento un tunnel primordiale

scrostare via il calcare - patelle di dolore -

la ruggine uscita dalla macchina della vita

sprofondare infine al centro e lì restare

a contemplare il lavoro del respiro

il suo riempire e svuotare l’universo.

 

 

 

 

R.I.P.

 

 

Tu che hai perso la coda dell’occhio

ti aggiri per il mondo con lo sguardo tronco

l’anima d’amianto, un’empatia carcassa.

Non noti più l’educazione civica delle formiche

quello sfrecciare sui corrimani ordinato

e statisticamente privo di incidenti.

Ti è invisibile la scultura del ragno

il rubino del ginocchio aperto

la pioggia che fa la ghiaia mentre cade

dal setaccio grezzo delle mani.

Ora ti smarrisci in applicazioni

nella verde aritmetica del conto corrente

in un puntuale disiscriverti a newsletter.

Non sei neanche più il perimetro del bambino

che eri. Te lo sei divorato intero tra la seconda

e la terza media, con la merenda del venerdì,

dopo l’ora di ginnastica.

 

 

 

 

Il bello del brutto

 

 

               The moment we have snapped the spell of

               conventional beauty,

               there are a million beautiful faces waiting for us

               everywhere,

               just as there are a million beautiful spirits.

 

             GILBERT KEITH CHESTERTON

 

 

Un canto neomelodico

irrompe nel rettangolo

della finestra che guarda la festa

e crepa in fila le stoviglie.

 

Un Botero espone i fianchi

pesanti e bianchi alla magrezza

della critica, appeso a un chiodo

per miracolo della gravità.

 

Una casa del nostro Signore

di fattura brutalista apre

uno spettacolo di cemento

a vista e fa grezzo il perdono.

 

Il brutto lascia il battito regolare

l’occhio asciutto

non disturba la pelle dell’oca

non toglie le parole di bocca:

lui giustifica la più goffa esistenza

insegna che anche lì senti il bello

ma intona un urlo di repellenza.

 

 

 

Il turno tecnico del cuore

 

Il tempo del riposo

non lascia spazio

ai ricacci del sentimento.

L’amputazione ci lascia radi

a vegetare su prati titubanti

in preda al mal d’inchiostro

al quieto lavorio del cancro corticale

- nell’incedere della stagione -

certi soltanto

della propria ombra.

 

 

 

Il concerto

 

Il rullante di Dio sfalda il cielo

concertano i venti sulla dorsale

una pioggia cadente risale i tronchi

secchi e mansueti, impasta tappeti

di foglie d’agosto.

Chi avrebbe pensato di vedere

un sottobosco di ceneri?

Chiome sconvolte, giallo morte

così troppo tardi bagnate

da un autunno di mezza estate?

 

 

 

 

 

 

 

 

Note

 

Meditazione vipassana: il titolo della poesia fa riferimento a un’antichissima tecnica spirituale di origine indiana ancora oggi praticata come metodo per liberarsi dalla sofferenza. Questa forma di meditazione si fonda su un percorso di auto-osservazione che conduce alla graduale purificazione della mente, alla totale consapevolezza di sé e del proprio corpo.

 

Il bello del brutto: con questa stessa espressione è stato tradotto in italiano il titolo del libro The Defendant di Gilbert Keith Chesterton da cui è tratta la citazione presente in epigrafe.

 

Il turno tecnico del cuore: nel linguaggio forestale il termine «turno» è usato per indicare il periodo di tempo che intercorre tra due utilizzazioni definitive del soprassuolo di una data particella boschiva. Un turno è pertanto un momento di riposo del bosco, una pausa che intercorre tra un taglio e quello successivo. Nei boschi coetanei si dice «tecnico» o «speciale» un turno con il quale si vogliono ottenere dal soprassuolo determinati assortimenti legnosi secondo le necessità del proprietario.

 

 

 

 

NOTA BIOGRAFICA

Eleonora Conti è nata nel 1988 a Parma, dove vive e lavora come insegnante. Si è laureata in Arti Visive a Bologna, e la sua passione per le lingue moderne l’ha portata a vivere per diversi anni all’estero, tra Irlanda e Francia. Nel 2022 è risultata finalista al concorso online Premio Poeti Oggi. Attualmente sta lavorando alla sua prima raccolta di poesie.

 

 

 

 pioggiaobliquascritturedarte@gmail.com

 

 


 

" Pioggia Obliqua una rivista

affermata e prestigiosa."

 

" Un grazie di cuore a 

Pioggia Obliqua i cui molti meriti nei riguardi della "poesia onesta" di cui scriveva Saba non saranno mai abbastanza sottolineati."

 

Alessandro Fo

 

 

 

" Saprà o vorrà ancora la forza accumulata (...) resistere alla forza di omologazione che la tecnologia sembra inevitabilmente portare in seno?(...) Prevedo un lungo periodo di 'agonie', voglio dire di lotta (...) sarà probabilmente quella la forma e la sostanza del poetare che ci aspetta."

 

Mario Luzi

Da un suo scritto per Pioggia Obliqua a proposito del  'senso di fare  poesia', gennaio 1996

 

 

" Io credo che un pò di silenzio ci faccia bene, c’è un coro di voci “troppo alto”, sgraziato, che ci sommerge, e non mi riferisco solo alla letteratura. In questa specie di “frullato” che siamo costretti ad ascoltare quotidianamente, il valore delle cose si perde.

 

Se c’è un attimo di riflessione, di

silenzio, la parola scritta o detta assume maggiore rigore."

 

 

Antonio Tabucchi

 

Intervista rilasciata a Luigi Oldani e

Elisabetta Beneforti per Pioggia Obliqua 

 

 


" Il sito Pioggia Obliqua mi ha "donato questa nota sul mio libro (...), ma l'intero sito è da seguire."

 " (...) e un ringraziamento per tutto ciò che P.O. fa per il mondo della poesia."

 " (..) E la stima è da me ricambiata verso il vostro prezioso sito!"

 (...) sempre attenti e preziosi gli amici di "Pioggia Obliqua".

 

Bruno Galluccio

 

 

" Un bel luogo d'incontro tra scritture."

 

Matteo Pelliti

 

 


" Non so dire se la bellezza salverà il mondo, come pensava Dostoevskij, ma mi piace pensare che sarà così. In fondo, già Stendahl sosteneva che "la bellezza non è che una promessa di felicità". 

 

Vittoria Franco

per Pioggia Obliqua

 

 

" Agli amici tanto tanto amati di Pioggia Obliqua, poeti invincibili della vita, il mio abbraccio umile e il mio ringraziamento, per mantenere la poesia come unica veritá nel mondo."

 

Daniel Fermani Gonzales

 

 

 

 

" Rivista preziosa, che seguo da tempo."

 

Alfredo Rienzi

 

                 

 

 

 

                    

 

 

                  

 

                       Consigli di lettura

 

 

    

 Nella omonima rivista cartacea 'Pioggia obliqua rivista di letteratura e culture', pubblicata negli anni Novanta, una intervista a
Antonio Tabucchi,
Edoardo Sanguineti,
Mario Luzi. 
Un testo di Valerio Magrelli. 
Mario Luzi, Luigi Baldacci, Patrizia Valduga, Attilio Lolini, Gabriel Cacho Millet, Marco Marchi e Loriano Gonfiantini rispondono
sul senso di fare poesia in quegli anni.
Risposte attualissime.

 

 

 

 

 

 

 

 


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