FRANCESCO BARGELLINI
IOHANNES
Dell’evangelico Battista, alle prese con battezzandi smarriti e
assetati, un demonio pieno di ghignanti amarezze e l’impronta
impossibile di un misterioso venturo, si rappresenta qui la vanità
necessaria dell’opera e la paterna, oltre che cieca, sollecitudine
nel compierla. Giovanni simboleggia l’Attesa e l’Esigenza; l’acqua
dell’ abluzione dei battezzandi una Bontà limitata e insufficiente.
L’ abbandono fideistico è solo desiderato, a testificata sostanziale
assenza del Battista col Fuoco, nel cui nome si fabbrica,
disperatamente, proprio l’edificio della speranza. Molto basso
il concetto dell’uomo che traspare dal testo: prossimo, invero,
a quello espresso da Demonio, e purtroppo mio proprio.
F.B.
IHOANNES
IL BATTISTA
Per migliaia di anni vi ho ripulito con l’acqua. Per altre migliaia vi sciacquerò nel Giordano, come panni ignobili.
Mi sono realizzato, in questo mio ufficio, senza vantaggio. Sono diventato qualcosa: una statua, che è ma davvero non opera, e se opera non ha il suo riscontro. Il tempo del fiume, mia vera acqua, ha saldato la sabbia dell’opera che faccio e che sono.
Sono un’opera umana senza funzione, e il mio nome, che ricorda un po' il vento, è Iohannes.
NEL GIORDANO
Fatevi intanto
ripulire con l’acqua così,
fatevi sciogliere. L’amore
è attesa. Immergersi è bene,
bene che il fiume
vi distragga la testa,
passandovi,
quando vi rode l’angoscia.
Il fiume chioccola sopra e in voi
fa sete e silenzio.
Ecco, bevete; bene è bere
acqua schietta, ma meglio
cambiare. E se avessi il potere
vi muterei in pesci,
ora, vi libererei
completamente, ideale termine
della mia mondatura.
Vi deporrei e sparireste,
ora, qui al bordo.
E sarebbe splendida per ortodossia
quella vita, frusciante,
illogica ma senza tortura...
Condiscendente.
Però innamorati
come noi siamo non vale sognare
ma attendere senza difesa.
L’amore è attesa.
Anche se l’orizzonte è un sigillo;
anche se non si spalanca
il deserto ma questo silenzio
ci miete, voi fate
che vi netti con l’acqua,
fatevi compassionare,
lasciate a me un po’
della vostra foschia,
per adesso.
LA CRETA E IL PIANTO
DEMONIO:
Pazzo è
chi vi istiga al bagno.
Il fiume non ha letto
e voi non siete tra le sue coltri:
gli siete nel ventre
e vi defecherà,
da grasso animale grondante qual è.
Non vi ama il Giordano:
la noia serpente
delle sue voglie di luce sbriga
grumi di fango, il fiume
ha altri pensieri e non sono
la vostra accoglienza .
Vi disprezza
in un suo tacito modo;
anzi vorrebbe
finirvi, già come siete
feriti. Detesta comunque
che forniate l’attesa
nella sua acqua.
Scappate i fiumi,
finché siete in tempo.
State al quadrato inflessibile
di questo deserto,
invece,
fino a che il sole
vi muri il sangue e siate cotti
simulacri per quando
verrà. Vi colga da morti,
razza vincibile,
morti. Tutta la vostra famiglia
è creta nata, il contrario
dall’acqua.
IOHANNES
Non gli credete!
Fate soggiorno con me,
medicate la creta col pianto
di questa corrente e aspettate,
se avete coraggio.
L’ACQUA E L’ACETO
PRIMO BAGNANTE:
L’acqua ci accomoda il sangue, scorriamo.
Grazie Iohannes. Sciogliamo
le ossa, tirati dal flusso:
noi siamo lunghi, come i capelli
delle donne di Magdala.
SECONDO BAGNANTE:
La creta si scioglie,
il nostro pane è diverso.
Siamo alti spiriti.
TERZO BAGNANTE:
Potesse
scatenargli la sete il mio corpo
che assimila il fiume,
che rompe
in finissime gocce.
QUARTO BAGNANTE:
Ma se la sua sete
non ci riguardasse, se fosse
una sete di aceto?
Se altro che sete
d’amore, ma una tetra pulsione...
IN CORO:
Oh amico nostro,
se non avrà sete di noi
dicci come cospargerlo.
Tu sei il setaccio
che trattiene le angosce
senza pretendere
che dimentichiamo.
Nessuno oltre te può sapere.
IOHANNES:
Lo pregherò, mondi figli.
Lo pregherò, figli
dell’acqua buona che lui
una volta, una sola,
faccia il bagno di voi.
Gli laverete la faccia
se ancora sarete
figli dell’acqua buona,
preverrete con quella dolcezza
la stanchezza che viene
dalla tetra pulsione,
il bisogno di aceto.
Solo una volta.
Non una forma
di amore ve lo ridarà indietro.
TRASFORMARE L’ASSENZA IN DOVIZIA
DEMONIO:
Amare così, destinare
una vita in offerta
all’amore dei pazzi.
Questo che chiedi
li ucciderà.
Vuoi vederli morire
di aspirazione per cosa
che non hanno mai visto.
Che non si sognavano.
Tu vuoi ammalarli.
Oh, tu li abbagli,
tu sei il sole bianco di questa Giudea
che suscita scaglie nell’acqua,
tu sei la vipera argento
del nostro Giordano.
Sei un assassino
che si rimpinza di miele.
Sei un ignobile
cuore contento.
IOHANNES:
Detto in disparte:
io sono solenne-
mente infelice.
Tu sappia – e lo sai –
che il mio compito è pura tensione,
e tutto me sono
una putrida corda.
Che la mia rogna
è questo vorace appetito
per il sacrificio,
ora locuste, ora miele,
ora fare
il maestro di fiume
perché la mia gente coltivi attenzione,
per trasformare
l’assenza in dovizia,
perché qualcosa mi ha tratto
a assalire altri cuori col mio
che somiglia a una fionda.
Qui è la mia rogna.
Non farmi più parlare così.
GIOVANNI MIO (PRIMO INTERVENTO DELL’AUTORE)
Lo so, ti ho dipinto sprovvisto di tuono.
Non sei l’uomo
dell’intemerata che valse
la decollazione.
Ti ho fatto altro. Spero tu possa
capire. Qui sei un grumo
di amara fortezza;
sei un composto di pelle, di ossa,
di fiume, di strenua
nozione del compito: illanguidire.
IL BATTISTA CON L’ACQUA E IL BATTISTA COL FUOCO (SECONDO INTERVENTO DELL’AUTORE)
Quelle barbe sabbiose non si videro mai.
Quei torbidi,
quei corpi alieni non s’incontrarono,
nella terra di Giuda.
Vivono ancora, purché lontani.
Il primo richiama l’attesa.
L’altro è una specie di brace
senza la carne:
è piena assenza,
ma piena che non ci va più uno spillo.
Non ci va più una prece.
VOCE CLAMANTE
Per Dio continuare
a irrigarvi
e scoprirvi, ancora,
nel quadrato di sabbia,
nel brusìo di locuste.
Il fiume si ingrossa,
il fiume si ingrassa
di voi e il deserto si sposta
per ricontenervi.
Non è terminato, aumenta,
rimodula anfratti
per gli scorpioni.
Ma io sto e me ne grido
nella camera bianca
scolpita dal sole,
dove spinge a gridare
la stessa speranza
di cui sono il tumore.
FIUME ESAUSTO
DETRITO:
Il fiume non ha letto,
il fiume non ha retto. E’ scoppiato,
fra la Seventh e Broadway.
E noi senza una goccia,
e noi arsa stoppa,
noi pochi argomenti
quasi tutti occidenti.
Ho conosciuto luci
artate, flaccide se paragonate
al Barbaglio. Ho conosciuto
l’aridità.
Iohannes, sarà
stato solo uno sbaglio?
DEMONIO :
E’ l’ora delle statue.
Converrete che tante
sono le forme
in cui pazientare.
Mai come adesso, pure
nel flusso vibratile
dei vostri negozi,
in questa
irrequietudine
da finis terrae che è
la vostra stessa
arroganza cupida,
nella tormentosa
vuotaggine dell’informazione,
nella mole cospicua
della sua nullità, nella
sua blesa onnipresenza,
siete carne sfatata,
siete polvere estrutta.
Ossia creta nata, mia
razza vincibile
di cui non si computa i torti:
che il grembo di tutto
e l’abbraccio finale
avrà morti, morti.
IOHANNES:
Perché la mia voce ignara
di tutte le musiche ancora
si ostinerebbe
contro il verme lodevole,
il buon conditore di male,
il satana ricco di sale?
Non scelgo di credere, devo:
ed è ciò che vi insegno.
Amare e attendere
non è vostra scelta.
Vi hanno tratto, con me,
al deserto della consolazione:
vi è rimasta la fabbrica
di una sola ragione
per fornire il respiro.
Adempiamo per altre migliaia
di anni la fabbrica
di quella ragione.
Possa distinguere
la nostra indecenza
e la nostra insolvenza;
la nostra incoscienza
e il nostro sorridere
della nostra piangevole,
speciale ignoranza.
Possa
riprenderci all’acqua.
FRANCESCO BARGELLINI
Dopo il diploma di liceo classico si laurea in Filologia Bizantina,
addottorandosi poi, presso la stessa Università degli Studi di Firenze, in Filologia Greca e Latina. Attualmente è docente di
materie letterarie nel
pistoiese.
Al suo attivo registra tre raccolte poetiche: Il significato (Pezzini editore, 2009), dresda (Pezzini editore, 2011)
e Sono paura (Polistampa,
2013), oltre al recente esperimento, fra traduzione e ricreazione – anch’essa in versi - del
Platone! (Aragno, 2016). Suoi testi sono stati pubblicati da "Nazione indiana",
da “Poesia”, da “Soglie” e da “Paragone”. Un
suo contributo compare nella miscellanea dedicata a Marilyn Monroe Umana, troppo umana, a cura di F. Cavallaro
e A. Fo (Aragno, 2016). È anche autore di contributi scientifici apparse su riviste di antichistica: Per un’analisi strutturale
dell’Ekphrasis tou kosmikou pinakos di Giovanni di Gaza, in “Medioevo Greco”, 6, 2006, pp. 41-68; Questioni di cronologia nell’opera di
Giovanni di Gaza, in “Prometheus”, 2008,
pp. 65-86.