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Having a coke with you

rubrica a cura di Sara Comuzzo

 

Having A Coke With You/Bere Una Coca Con Te è il titolo di una poesia di Frank O’Hara (1926-1966) che parla di essere innamorati, opere d’arte, l’arancione di tulipani fluorescenti, gente e statue, movimento ed immobilità, ritratti senza faccia e ubriacature di colori. Fotografa cose semplici e quotidiane da fare con la persona amata, come andare a guardare un quadro o bersi una coca-cola, mentre si rimane sorridenti ed estatici di fronte al sole di New York delle quattro in punto. Questa poetica centrifuga nello stesso cocktail letteratura e arte, vita e sogno: postmodernismo, pop-art, surrealismo, queerness, flusso di coscienza e tecnica del cut-up si fondono in chiave ironica, attraverso l’uso di un linguaggio semplice ed accessibile. Ancorandosi saldamente a tali premesse, questa rubrica pretende di analizzare con la stessa eclettica ermeneutica testi di poeti contemporanei italiani e stranieri, ricercando voci fuori dal coro che deviano dal canone frantumandone i confini.

 

4. Francesco Tomada: Affrontare la Gioia da Soli

 

La raccolta Affrontare la Gioia da Soli di Francesco Tomada (Samuele Editore, 2021) si snoda tra stazioni transalpine e miniere, case di riposo e frontiere attraversate illegalmente, cave e case. Fluttua imperterrita tra le dimensioni di passato, presente e futuro, formando un altrove insolitamente accessibile, costellato da desideri infuocati come “immaginare un mare” sul letto di un fiume in secca o scendere fino alla verità assoluta delle cose per “spaccare il mondo” per davvero.

 

In questi versi assistiamo al fiorire dell’inverno raccolto in un sorriso; osserviamo i cipressi al lavoro, che, ostinati, puntano dritti al cielo “come se dovessero tenere su le nuvole”; voliamo ubriachi accanto alle farfalle e, come loro, non riusciamo mai a seguire il tragitto regolare ma ci imbarchiamo in insensate direzioni spezzate.

Veniamo travolti da un uragano in cui intimità e universalità si fondono insieme, rendendo impossibile stabilirne i confini. C’è l’elemento relazionale che si dirama in un’esplorazione onesta e dolorosa di una miriade di rapporti interpersonali e familiari: di coppia, con i genitori, con i figli, con i compagni di classe, con i passanti, con i matti. Ci sono i piani per un “possibile domani”, le tracce che segnano il luogo da cui ripartire; “l’amore sbilenco”; il buio che scende troppo presto; l’appello compiuto guardando una foto di terza elementare che ritrae “l’unico bambino che non ride”.

 

Ci sono i salti sulle pozzanghere ghiacciate, perché “se qualcosa si è rotto /a ripararlo/ ci penserà l’inverno”; l’ululare dei lupi che accende solitudini improvvise. E infine, ci sono le altalene per “arrivare lì, dove si tocca il cielo”. In un mondo che può essere riassunto nella tenera e tragica istantanea dell’abbraccio fra “pugili troppo sfiniti per farsi ancora del male”, eccoci ad oscillare sull’altalena, spingerci forte, come per volare, come per cercare qualche rimasuglio di speranza, un fiore in mezzo al deserto, una flebile luce nella notte.  Nel loro brillare, per la vastità di tematiche e per il racconto di esistenze in bilico, queste poesie sembrano danzare implacabili sulle note di Anthem di Leonard Cohen: “Suonate le campane che possono ancora suonare/ dimenticate la vostra offerta perfetta/ c’è una crepa in ogni cosa/ è così che entra la luce”.

 

 

Siamo ai calci di rigore, ora non abbiamo più scuse; come ci esorta Tomada: è tempo di affrontare la gioia da soli, con “il terrore di chi vede le cose accadergli e non le capisce”.

 

 

 

 

da IL MARE IN TRANSALPINA

 

V.

 

Quanta ostinazione nei cipressi

altre piante perdono le foglie

loro invece no, che non sia mai

 

mio nonno ripeteva di continuo:

nella vita bisogna stare sempre

con la schiena diritta

 

dicono che gli alberi sappiano ascoltare

ed eccoli nel grigio di novembre

rigidi e puntati verso l’alto

come se dovessero

tenere su le nuvole

 

 

 

da FIGURE, NOMI

 

VIII.

 

Chiedersi perché
le farfalle non vanno mai diritte
ma seguono tracce spezzate
frastagliate
senza senso

rispondersi da soli:
se oggi mi scoprissi capace di volare
io mi riempirei di spazio e aria
se la vita durasse soltanto tre giorni
non butterei il mio tempo
per decidere una rotta

 

se proprio si deve morire così in fretta
che sia per troppa gioia
che sia per troppo vento

 

 

 

da L’AMORE SBILENCO

 

I. Da dove ripartire

 

Tornare indietro a quando eravamo giovani

a prima di conoscerci

adolescenti

bambini

grovigli di cellule nell’utero

pensieri di un possibile domani

 

prima del concepimento

le nostre madri già credevano in noi

 

ecco da dove ripartire

guardarci l’uno con l’altro come se

 

non esistessimo ancora

 

 

 

da ALTALENE

 

V. 3.30 A.M.

 

Dicono che in quel momento

tutta la vita ti passa davanti

io invece ero troppo ubriaco

e non ricordo nient’altro

che il suono metallico del guardrail

e il cofano che si piegava sul parabrezza

 

adesso che ho una condanna alle spalle

e un corso di rieducazione

non sono un uomo migliore o peggiore di prima

soltanto mi stringo di più

alle cose che amo

 

anche i pugili si legano abbracciandosi

quando sono troppo sfiniti

per farsi ancora del male

 

 

 

IX. Kettler

 

Quando i bambini erano piccoli

mi piaceva da pazzi portarli alle altalene

salire su quella accanto a loro

con il pretesto di tenergli compagnia

e dondolarmi in quel modo che stringe il fiato

quando all’apice del volo ricadi verso terra

ma non la tocchi mai

 

adesso no

non devo più accompagnare nessuno

ma le altalene in giardino non le ho mai smontate

                                     non ho più scuse

                                     non cerco scuse

vediamo se sono cresciuto abbastanza

per affrontare la gioia da solo

 

 

 

 

Francesco Tomada (1966) vive a Gorizia. Ha pubblicato le raccolte L’infanzia vista da qui (Sottomondo, 2005), A ogni cosa il suo nome (Le Voci della Luna, 2008), Portarsi avanti con gli addii (Raffaelli, 2014), Non si può imporre il colore ad una rosa (Carteggi Letterari, 2016), Affrontare la gioia da soli (Pordenonnelegge/Samuele, 2021); quest’ultima è recentemente risultata vincitrice della terza edizione del Premio “Sono un foglio di carta vivo” Loredana Marano, indetto dal sodalizio culturale Nessun Giorno sia Senza Poesia.

I suoi testi sono stati tradotti in una quindicina di lingue straniere.

 

Insieme ad Anton Špacapan Vončina, è tra i fondatori del festival internazionale Če povem 83, e con lui ha scritto il romanzo Il figlio della lupa (Bottega Errante Edizioni, 2022).

 

 

3. Editi di Maurizio Benedetti: Nel sole imprevedibile, io parto per Saturno

 

La poesia di Maurizio Benedetti ci travolge con la forza incontrollabile di un uragano e ci trasporta in orizzonti sterminati, dove i confini si fanno incomprensibili, mentre case sghignazzanti nel vento senza vento bisbigliano: The sky’s the limit.

In sole tre poesie ci troviamo dapprima su un treno, da cui scorgiamo campi coltivati, fiori rossi tra i binari e un cielo in mutamento; successivamente facciamo tappa a Minneapolis dando uno sguardo a chi vive sotto un ponte; per poi atterrare nel sole imprevedibile alla volta di Saturno in compagnia di una falena che approda a cuore aperto.

È questa straordinaria capacità di multilocazione, di de-geolocalizzazione e di trasferimenti improvvisi a pervadere la poetica di Benedetti di un’ubiquità unica e propria che invade lettori e ascoltatori come un cocktail speciale di dopamina e serotonina, trascinandoli ovunque pur rimanendo nel qui ed ora: proprio qua sulla pagina e proprio là in universi sconosciuti; proprio adesso, in questo momento, e proprio domani, in un tempo inafferrabile.

 

I testi, tratti dalla raccolta Fiori Rossi dal Treno (Kappa Vu, 2022), emanano un profumo squisitamente postmoderno nell’accostamento di immagini contrastanti dove il quotidiano si oppone all’inconsueto. E così, dal finestrino del nostro Regionale Veloce, intravediamo “orti inquinati” e poi, improvvisa, “la camicia di Giusy stesa ad asciugare” mentre “un gatto gioca col traforo”. Il panorama continua stagliandosi su una distesa di campi con un’aurea di avvertimento imprescindibile: l’umanità faccia attenzione perché pazienza e passione sono distruttibili in un secondo “dalle nuove armi”. Nonostante questa verità assoluta che si muove come un pendolo alle nostre spalle, dallo stesso finestrino, riusciamo a cogliere le silhouette di fiori rossi tra i binari che sopravvivono a tutto. Il poeta ci assicura che se si è pronti a prestare attenzione, si può trovare “un cuore che va oltre la precarietà del tutto”; e se ci si concentra sul cielo, le nuvole offrono “arcipelaghi impossibili” a chi sa fantasticare e creare altri mondi. E se un amore non è ricambiato, allora proviamo a “spostare l’amore sull’intera umanità”. Forse è questa la lezione da imparare.

 

Nella loro richiesta di spostamenti incipriata di elementi quotidiani ed elargita con una semplicità spiazzante, queste poesie risuonano nei versi del pezzo indie di Calcutta Giro con Te, cancellando limiti e confini: “E ora abbaiano i cani/ Va a fuoco domani e il vento si vendica/ E resterò fermo solo per credere che gli altri si muovono/ Io volevo solo un giro con te prima dell’apocalisse/ E che tutto finisse ben oltre il limite”.

 

In giorni di pietra, tra le edere e le erbe selvatiche, la termite e l’usignolo sono al lavoro, l’una trova ispirazione, l’altro prende appunti. Il sottofondo musicale è quello di un rumore di attrezzi improvviso. Trionfa la falena che va in esplorazione, sconfiggendo il vento; mentre il poeta parte per Saturno e noi, su quello stesso treno, trafitti da raggi solari che ci colgono di sorpresa, gli andiamo dietro.

 

“Attenzione treno in transito al binario 1, allontanarsi dalla linea gialla”.

 

 

 

 

FIORI ROSSI DAL TRENO

 

Passo con il treno

tra case sghignazzanti e orti inquinati

che non sanno che cos’è

l’inquinamento, guardo dal finestrino

e vedo la camicia

di Giusy stesa ad asciugare,

un gatto che gioca col traforo.

Cambia un po’ il tempo e nelle nuvole

noto caricature del fogliame.

 

Distese di campi coltivati,

la pazienza umana

con tutta la passione distruttibili

in un attimo dalle nuove armi.

Fiori rossi vivono

tra un binario e l’altro,

veloci ai nostri occhi

ma se provi a osservare

trovi un cuore che va oltre

la precarietà del tutto.

 

Dal finestrino in alto

cambia il cielo mostrando

arcipelaghi impossibili.

 

 

 

 

 

 

SPOSTO L’AMORE

 

Mezzo pennuto alto

con il naso proteso a Minneapolis,

così mi figuro davanti a te,

dirai: “No grazie.” Ed io per amore

come sono arrivato me ne andrò.

Poeta, fenomeno da baraccone.

 

Qualcuno dorme sotto un ponte,

qualcun altro ha problemi

di salute decisivi,

tanti sono nati e cresciuti

con l’odio senza colpa.

 

Sposto l’amore sull’intera umanità.

 

 

GIORNI DI PIETRA

 

Edere scolpiscono il silenzio.

Al tremolio del vento nel vento

la termite si ispira.

 

         Prende appunti un usignolo.

 

Nel sole imprevedibile

la fede dei giorni, nel rumore

di attrezzi improvviso. Si muovono

le erbe selvatiche, ognuna

a modo suo nel vento, senza vento,

dove approda la falena

e mostrando il suo cuore esplora

 

mentre io parto per Saturno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Maurizio Benedetti, poeta e performer, è nato a Berna nel 1968 e vive ad Ara Grande (Tricesimo, UD). È direttore artistico del Festival di poesia “PoetARE” di Tricesimo.

Nel 2009 ha vinto il Trieste Poetry Slam.

 

Ha pubblicato: Lontano da chi ascolta (2006) e So distruggere il mio dio (2008) per Sottomondo Editore; Bionda salamandra e altre poesie (2010); Davanti ai Visigoti (2017) e Fiori Rossi dal Treno (2022) per Kappa Vu.

 

 

 

2. Editi di Antonio Merola: Trascrivere l’arcobaleno in bianco e nero

 

Queste tre poesie di Antonio Merola, tratte dalla potente raccolta d’esordio allora ho acceso la luce (Taut, 2023), ci colpiscono con una mazza da baseball e prima di farci perdere conoscenza ci sussurrano all’orecchio: “Adesso ti portiamo in un posto segreto bellissimo.”

E lo fanno.

Mantengono la promessa.

Dopo averci tramortiti, ci portano di peso su una navicella spaziale dove ci allacciano le cinture e ci avvertono che stiamo per decollare verso orizzonti sconosciuti (noi e loro insieme!). Dall’oblò vediamo il mondo, o meglio quello che ne resta: una casa senza mobilia e senza acqua calda che ha per soffitto un cielo alberato di caducifoglie; una cena invisibile apparecchiata per parlare con le tigri di una felicità impossibile; una giungla introvabile in cui tutti hanno sete ma non di poesia.

Poi arriviamo a destinazione: su Marte.

E qui ci fermiamo, frastornati e in stato confusionale, con la testa che esplode per il cambio di pressione, le orecchie che fischiano e i polmoni che si devono abituare a respirare in questo nuovo Ovunque, dove all’ordine del giorno ci sono delle cose da fare, inesorabili e indispensabili, per poter restare e sopravvivere: “trascrivere l’arcobaleno in bianco e nero” e “alterare il diluvio.”

 

Quella di Merola è una poetica marziana in quanto rara e unica, dotata di una voce propria e decisa i cui versi si propagano a perdita d’occhio e d’orecchio nell’atmosfera luccicante dello spazio interstellare. La particolarità di questa scrittura risiede nella singolarità e nell’irripetibilità del suo immaginario. D’altronde, come suggerisce il primo testo: si può chiedere “l’unicità [solo] a qualcosa che non [può] ripetersi.”

 

C’è fame e c’è sete, in queste poesie, mentre “la paura del ritorno” traccia possibilità infinite per riuscire a “tracimare il gelo”, “pagare il mese con le parole”, inventare fughe, sconfiggere i mostri, dare da mangiare alle tigri dalle tasche, rimanere immobili, sedersi sulle storie, salutare le comete.

 

 

La poesia di Merola ci porta via, su altri pianeti, attraverso galassie sconfinate, abitazioni senza corrente e arcobaleni bianchi e neri e ci rassicura che in fondo “andare lontano è tutto/ qui.”

 

Colti da una “fame vera” e da una sete indescrivibile, ci arrendiamo a questi due bisogni primari dell’organismo umano e decidiamo di restare su Marte perché “esistono cose che devono a accadere per forza e tu puoi solo correrci addosso o scappare”. E tra queste cose inevitabili ci sono anche le poesie di Antonio Merola. E se il viaggio ci ha esaurito la fame, allora chiederemo da bere, perché in questo Lounge Bar postmoderno i libri sono fatti di acqua e noi abbiamo sete.

 

Nel loro modo di versare da bere a chi ha sete, accendendo la luce sulla Terra con l’avvistamento di una cometa, questi versi riecheggiano tra le note del pezzo Idem di Gazzelle, condividendone il consiglio elementare e cristallino: “Se si spegne la luce/ tu lo sai che è solo un interruttore.”

 

 

 

Da allora ho acceso la luce (Taut Editori, 2023)

 

C’era ancora la paura del ritorno:

chiedevamo l’unicità a qualcosa che non poteva ripetersi

una volta sola come tremare gli agguati degli uomini,

piangere l’inverno. Ci avrebbero di nuovo tagliato

la corrente, ci avrebbero di nuovo portato via

la mobilia della casa, finché non saremo piegati alle cose

gettate: allora facevamo la doccia fredda
fino a tracimare il gelo. Non ho mai saputo

meglio la fine: vorrei pagare il mese con le parole,

mangiare la carta – invece ho una fame vera

di trascrivere l’arcobaleno in bianco e nero,

alterare il diluvio: voglio alberare il cielo di caducifoglie.

 

*

 

Dovevamo inventarci ogni volta la fuga
così da scarnare il mostro nella macchia:

per questo ai confini di una casa segreta 

avevi apparecchiato una cena invisibile
alle tigri: con loro parlavi della felicità

impossibile. Esistono cose che devono

accadere per forza
e tu puoi solo correrci addosso
o scappare. Eravamo immobili.

E le tigri ti mangiavano dalle tasche.

 

*

 

C’è una giungla che cade su una foglia.
C’è qualcuno che si è imbarcato per scrivere
su Marte. La maggioranza aveva sete,
ma non di poesia. Così ti sei seduto su una storia.
Fuori dagli oblò della navicella
spaziale: uno spazio interstellare. C’era ancora spazio,
c’era piccola la Terra. Andare lontano è tutto
qui. Lui solo: siede su una storia. Guarda fuori
dagli oblò della navicella spaziale: una cometa.

 

 


Cercava di inventare dei libri fatti di acqua.

 

 

 

 

 

Antonio Merola, Roma 1994, ha pubblicato il saggio F. Scott Fitzgerald e l'Italia (Ladolfi, 2018).  Cofondatore di «Yawp – Giornale di Lettere e Filosofia», collabora o ha collaborato scrivendo articoli e racconti anche per altri siti e riviste come La Balena Bianca, Nazione Indiana, Carmilla, Altri Animali, Flanerì e Lavoro Culturale. È stato tradotto in inglese, spagnolo e francese. Compare nel volume Planetaria – 27 poeti del mondo nati dopo il 1985 (Taut Edizioni, 2020).

 

Vive a Roma, dove lavora come maestro alle elementari. allora ho acceso la luce è la sua raccolta di esordio.

 

 

 

 

 

1.    Inediti di Ariane Castelo Cipriano: Tacere Non È Volere Il Silenzio

 

Questi tre inediti di Ariane Castelo Cipriano volano ad ampio raggio varcando distanze planetarie, raggiungendo paesaggi lunari con una bici a scatto fisso e perdendo autobus a ripetizione mentre sono contemporaneamente indaffarati nella ricerca di scuse e silenzi.

 

Eppure, a volte, le cose non sono esattamente come sembrano. Non rispondere a una domanda, non saper scegliere, non trovare cosa dire “non è volere il silenzio.” È molto altro, molto di più. Inutile cercare scuse: anche se non si riesce a salire sui mezzi di trasporto, rimangono le strade, impassibili ed eterne. Le strade, come le scelte e come le risposte, possono essere percorse a piedi, di corsa, possono essere cambiate, abbandonate, dimenticate – sbagliate o “non segnalate.” In un mondo dove le scuse diventano “la storia” e “l’enigma”, le bocche da cui quelle stesse scuse fuoriescono troppo abbondantemente sono occupate da “carie recidive, infiltrazioni e fratture.” Le notti insonni “sono digerite con fatica” da un addome che deve essere piatto e in forma, a detta della dottrina salutista di certe amiche. Il legame bocca/pancia d’altronde è inevitabilmente biologico, alimentare: la pancia che abbiamo dipende da ciò che mangiamo e probabilmente, di riflesso, anche le parole che diciamo o le scuse che inventiamo sono date – assai scientificamente – da ciò che ingurgitiamo.

Forse, la pioggia è il modo dei corsi d’acqua di dirci qualcosa, ma non sappiamo ascoltarli, comprenderli, decifrarli. Sappiamo solo aprire ombrelli, proteggerci dalle gocce. E allora non rimane che parlare “perché/nessuno capisce gli occhi/la lingua dei laghi.” Non rimane che stare zitti quando “nessuno sa leggere/le mie unghie morsicate/le tue labbra insanguinate.”

 

È una poetica in cui parlare e tacere fanno a pugni, sole e pioggia si sfidano a braccio di ferro e ciò che non diciamo rimane incastrato fra i denti, insieme alle otturazioni invisibili o visibilissime. Nel loro modo di sviscerare la verità e fotografarla nella sua nudità nascosta, questi versi si accostano alle tematiche del pezzo Excuses dei The Morning Benders: “Ho inventato una scusa/Hai trovato un altro modo per dire la verità/Non ho messo nessun altro sopra di noi/Saremo ancora migliori amici quando tutto si trasformerà in polvere.”

 

Pieni zeppe di scuse, è giunto il momento di chiederci che cosa vogliamo e, forse, invece di replicare, fare silenzio, starcene zitti. Dimenticare gli ombrelli. Capire la pioggia. Aspettare il sole.

 

***

 

 

 

 scusa

 

tacere 

quando ti chiedono 

cosa vuoi 

non è volere il silenzio 

 

potevi prendermi per mano 

ma l’avevi troppo fredda 

 

se hai perso l’autobus 

vuol dire che è rimasta la strada

 

le scuse che trovi 

sono la storia 

sono l’enigma

 

*

 

carie recidive, infiltrazioni e fratture

 

imparo da siti online 

senza reputazione 

come dire 

perché le notti 

in cui non dormiamo

percorrendo strade 

non segnalate

sono digerite con fatica

dalla pancia che la tua amica

ti supplica di ridurre

ma non ha senso 

         e io la bacio 

ancora una volta 

così non dobbiamo

parlare di bocche 

scientificamente 



*

 

cose che non dico 

 

io parlo perché 

nessuno capisce gli occhi 

la lingua dei laghi

 

nessuno sa leggere 

le mie unghie morsicate 

le tue labbra insanguinate 

 

la fame nascosta in vene 

sottili come la rabbia 

 

quando c’è il sole però 

sto zitta

 

 

Ariane Castelo Cipriano ha studiato Filosofia a Sao Paulo e Scrittura Creativa in Inghilterra prima di stabilirsi a Lizzano in Belvedere, dove co-gestisce un rifugio in montagna e tiene laboratori di poesia.

 

 pioggiaobliquascritturedarte@gmail.com

 

 


 

" Pioggia Obliqua una rivista

affermata e prestigiosa."

 " Un grazie di cuore a 

Pioggia Obliqua i cui molti meriti nei riguardi della poesia non saranno mai abbastanza sottolineati."

 

Alessandro Fo

 

 

" Saprà o vorrà ancora la forza accumulata (...) resistere alla forza di omologazione che la tecnologia sembra inevitabilmente portare in seno?(...) Prevedo un lungo periodo di 'agonie', voglio dire di lotta (...) sarà probabilmente quella la forma e la sostanza del poetare che ci aspetta."

 

Mario Luzi

Da un suo scritto per Pioggia Obliqua a proposito

del  'senso di fare  poesia', gennaio 1996

 

 

" Io credo che un pò di silenzio ci faccia bene, c’è un coro di voci “troppo alto”, sgraziato, che ci sommerge, e non mi riferisco solo alla letteratura. In questa specie di “frullato” che siamo costretti ad ascoltare quotidianamente, il valore delle cose si perde.

 

Se c’è un attimo di riflessione, di

silenzio, la parola scritta o detta assume maggiore rigore."

 

 

Antonio Tabucchi

 

Intervista rilasciata a Luigi Oldani e

Elisabetta Beneforti per Pioggia Obliqua 

 

 


" Il sito Pioggia Obliqua mi ha "donato questa nota sul mio libro (...), ma l'intero sito è da seguire."

 " (...) e un ringraziamento per tutto ciò che P.O. fa per il mondo della poesia."

 " (..) E la stima è da me ricambiata verso il vostro prezioso sito!"

 (...) sempre attenti e preziosi gli amici di "Pioggia Obliqua".

 

Bruno Galluccio

 

 

" Un bel luogo d'incontro tra scritture."

 

Matteo Pelliti

 

 


" Non so dire se la bellezza salverà il mondo, come pensava Dostoevskij, ma mi piace pensare che sarà così. In fondo, già Stendahl sosteneva che "la bellezza non è che una promessa di felicità". 

 

Vittoria Franco

per Pioggia Obliqua

 

 

" Agli amici tanto tanto amati di Pioggia Obliqua, poeti invincibili della vita, il mio abbraccio umile e il mio ringraziamento, per mantenere la poesia come unica veritá nel mondo."

 

Daniel Fermani Gonzales

 

 

 

 

" Rivista preziosa, che seguo da tempo."

 

Alfredo Rienzi

 

                 

 

 

 

                    

 

 

                  

 

                       Consigli di lettura

 

 

    

 Nella omonima rivista cartacea 'Pioggia obliqua rivista di letteratura e culture', pubblicata negli anni Novanta, una intervista a
Antonio Tabucchi,
Edoardo Sanguineti,
Mario Luzi. 
Un testo di Valerio Magrelli. 
Mario Luzi, Luigi Baldacci, Patrizia Valduga, Attilio Lolini, Gabriel Cacho Millet, Marco Marchi e Loriano Gonfiantini rispondono
sul senso di fare poesia in quegli anni.
Risposte attualissime.

 

 

 

 

 

 

 

 


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  • La Prima
  • Noi
  • La RESISTENZA 25 APRILE
  • DIALOGO CON ANTONIO TABUCCHI
  • Quattro domande a MARIO LUZI
  • Un'intervista a Edoardo Sanguineti- Un testo di Valerio Magrelli
  • Quale presenza. Testi di: Luzi, Baldacci, Valduga, Cacho Millet, Lolini, Marchi, Gonfiantini...
  • LA PAGINA DI PAOLO LAGAZZI
  • LA PAGINA DI MARCO MARCHI
  • "Una goccia d'inchiostro di china" a cura di Cristina Banella
  • SPAZIO ALLA BELLEZZA
  • Per ENZO SICILIANO
  • Ricordo di LUIGI BLASUCCI
  • Per SILVIA RIZZO
  • La poesia di Fernanda Romagnoli
  • H A I K U di Luigi Oldani
  • 'Aghi di Pino' scritti di Luca Cenisi
  • Poesia: ENZO MAZZA
  • Poesia: Alba Donati
  • Poesia: Alessandro Fo
  • Poesia: Franco Buffoni
  • Poesia: Roberto Deidier
  • Poesia: Isabella Leardini
  • Poesia: Paolo Ruffilli
  • Poesia : Clara Monterossi
  • Narrativa-Poesia: Tiziano Fratus
  • Poesia: Giacomo Trinci
  • Poesia: Elisa Biagini
  • Poesia : Maria Pia Quintavalla
  • Poesia: Rosaria Lo Russo
  • Poesia: Matteo Pelliti
  • Poesia e fotografia : Elisabetta Beneforti, Shandong lu
  • Poesia: Elisabetta Beneforti, Senza Permesso
  • Poesia: Cinzia Marulli
  • Poesia: Roberto Veracini
  • Poesia: Giuseppe Grattacaso
  • Poesia: Daniel Fermani
  • Poesia: Alberto Toni
  • Poesia: Stefano Bortolussi
  • Poesia: Rosalba De Filippis
  • Poesia: Fabrizio Parrini
  • Poesia: Giancarlo Baroni
  • Poesia: Alfredo Rienzi
  • Paolo Pagli Haiku
  • Poesia: Claudio Pozzani
  • Poesia: Marina Pizzi
  • Poetry: Jeffrey Harrison
  • Poesia: Jeffery Harrison Poesie e un'intervista
  • Poesia: E.Seghetta Andreoli, A.D'Errigo, S. Colli, F. Giusti
  • Poesia: Saverio Bafaro
  • Poesia: Lucia Cupertino
  • Poesia : Giordano Occhini
  • Poesia: Michela Zanarella, Ester Monachino
  • Poesia visiva: Elena Marini
  • Poesia Visiva : Luc Fierens
  • Poesia: Francesco Bargellini
  • Poesia: Daniela Gentile, Claudio Pasi
  • Stefano Loria pittura-poesia
  • PROPOSTA POESIA a cura di ALESSANDRO FO
  • Poesia proposta: Canale, Lombardi, Merola, Tognoni, Bertone.
  • Poesia proposta: Gian Luca Guillaume, Luca Ispani, Filippo Amadei
  • Poesia proposta: Di Gennaro, Repossi, Rimolo
  • Poesia proposta: Angelo Santangelo, Giulio Mazzali, Marco Bini
  • Poesia proposta: Cunial, Viti, Viotto
  • Poesia : Greta Rosso
  • Poesia: Giovanna Cristina Vivinetto
  • POESIA : Jean Soldini
  • Poesia : Daniela Zambrano - editi e inediti
  • Poesia proposta : Manuela Mori, Selene Pascasi
  • Poesia proposta: Mirra, Allo, Strinati, Ciampalini, Carnevali, Peralta, Casulli, Bresciani, Marrone
  • Poesia proposta: Vera D'Atri
  • Poesia proposta: Laghi Pasini, Milleri, Malerba, Corbetta, Merico
  • Poesia Proposta: Valerio Succi, Michela Gorini
  • Poesia Proposta: Filograna, Della Ciana, Imperato
  • Poesia Proposta: Alessandro Monticelli
  • Poesia Proposta: Luca Gilioli, Pierpaolo Lazzaro, Hero Haze
  • Poesia Proposta : Ornella Mereghetti, Danilo Luigi Fusco
  • Poesia proposta:Pietro Edoardo Mallegni, Anna Polin, Susanna Russello
  • Poesia proposta: Marco Serravalle,Matteo Piergigli
  • Poesia : Sara Comuzzo
  • Poesia proposta: Antonietta Bocci,Valerio Sanzotta
  • Poesia Proposta: Viola Bruno, Alessia Lombardi, Maria Bochicchio
  • Poesia proposta : Maria Benedetta Cerro, Gabriele Greco
  • Poesia proposta: Abruzzese, Marcantoni,Pedrazzi
  • Poesia Proposta: Alessandro Giraudi, Henry Ariemma
  • Poesia Proposta: Federica Carossi, Francesca Ragozzino, Doris Bellomusto
  • Poesia Proposta : Valentina Sessa
  • Poesia Proposta: Gabriella Musetti
  • Poesia Proposta :Guglielmo Aprile,Michele Piramide
  • Poesia proposta : Doris Bellomusto, Virginia Veludo, Patrizia Baglione
  • Proposte Poesia, Segnalazioni
  • Giancarlo Baroni :Animali in versi
  • Lorenzo Monticelli
  • Viaggiando in Italia. A cura di Giancarlo Baroni
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  • Saggio: Le limericks irlandesi
  • Normandia: immagini e versi
  • Saggio: Dante
  • Saggio: Mallarmè
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