ORNELLA MEREGHETTI
Ornella Mereghetti, Seme d'infinito e buio d'abisso, Zephyro edizioni, 2021
PER LA DOLCEZZA DELLA TUA BOCCA
Seguo
il sogno delle sere lontane,
in qualche modo continuo a narrarti.
Continuo ad esserti Anima,
attendo segnali, Amore.
I paesaggi dell’assenza
i convincimenti segreti,
il grido, l’attesa, il dolore.
Lascia ch’io disegni la tua isola,
nell’illusione che riprenderemo
presto, la via del mare.
Nel sogno di primavera
per la dolcezza della tua bocca
nella tenera erba,
per quest’amore che,
scuote, urla e si dispera.
Sono nuova di Cielo,
salgo, scendo.
Da me stessa m’allontano,
di volare m’accorgo
in nuova vita.
BACIO IL SEME
Bacio la carne
delle sue labbra antiche,
bacio la sua ombra.
Bacio la sua paura,
bacio il seme.
Bacio la sua grazia,
la bellezza nascosta;
bacio la voglia rossa
di fare l’amore,
bacio la meraviglia.
Bacio il canto
ch’egli mi fa nascere
in petto,
la sua lontananza,
il suo dolore.
Bacio l’odore maschio
e la fragilità
e questo tempo d’oro
che ci vede insieme.
Ornella Mereghetti nasce a Treviglio (BG) il 4 aprile 1961, da una ragazza Madre. Inizia a scrivere poesie a 15 anni, durante la permanenza in orfanotrofio. La Poesia, da sempre, le salva la vita. Ha pubblicato sei raccolte di Poesia con diverse Case Editrici ed é presente in diverse Antologie. É stata una Speaker Radiofonica con una rubrica interamente dedicata alla Poesia. Di recente si é diplomata attrice con Accademia Artisti. Ha frequentato un corso di Doppiaggio a Milano diplomandosi al primo anno è una MasterClass con Luca Ward. Di recente ha organizzato un evento a Trieste dal titolo. “ Finché canto ti ho davanti”.
DANILO LUIGI FUSCO
da Canzoniera per Nova Melancholia (inediti)
- VI -
Facciamo l'amore rovesciando biblioteche.
Mi piaci nuda sdraiata su carte aperte
con torace in alto per scalate di dita
di sotto le costole librarie liberano indici
hai per letto spaccati paragrafi
per la tua schiena
di ricaduta a specie di erotismo.
Supina la nuca ti si poggia su capoversi
amanuensi; accade che frantumi colophon
con femori tra dediche di aromi possessivi
«alla mia» - meteore di pronomi ai sentimenti.
Profumi di speranza ma di quella greca
maledetta così addio la cardinale luce,
si cade nell'errore a giustifica di metrica -
è forse questo il meritarci eroi. Tu crociata,
di' non sia teologale virtù l'elpida gemma
e spaccasi scatola a serratura di ciprina.
Sdraiata superi letture sciocche
di borghesia aggettiva «alla mia amata» e orgasmi di titani.
Estinta donna e libro resti silenziosa e dormi
serena su una pira apophoreta analfabeta:
tu mi ricordi - sei bella - la morte per morte.
In terra al sogno immagini tu emanati incendi
al suolo in te s'incarna una seconda Ipazia
ché cenere di poesia è il tuo oscuro vizio d'anima.
Facciamo l'amore rovesciando biblioteche
mi piaci nuda sdraiata sopra carte aperte.
- VII -
Un déjà vu alcolico, la lobotomia al whisky
di un chiodo arrugginito. La mia scatola
cranica ha subito più diluvi universali
al gin che la mitica panica opaca terra -
piatta tra te con ebrei e greci e atlantidei.
Tu sei l'estasi astemia, profumi di etanolo.
E nel ricamo dialogo dell'abbaiare buio
siamo in logica conversatori primitivi.
Al parlato filologico possediamo in genesi
sistema narrativo. Sicuro è il metodo
collegato da lessemi cotti
in correlativo emotivo: un nuovo mitologema,
ci spostiamo non stanchi
tramite un letto e finestre. Aperti orizzonti marini.
Aperti gli orizzonti marini. Aperti
gli orizzonti i marini. Siamo i creatori di mondi.
E in mare regni da assente nuotatrice,
ti reggo sopra gli abissi: in galla a galla
nero di monacale inchiostro si riversa
tempo trascorso in identità a cumulo
in divenire di mitopoiesi erotica:
elegia domestica in profezia attesa -
fauna nuova fra l'orogenesi dentro italica -
ultima ninfa di acque ferite a felini graffi -
opale riflettente la fisiognomica del male -
pioggia a disinfettare morsi di ombre fiere.
Soltanto frammenti in intime gemme
tra te il definire antico e nuovo. Nausea breve.
Moriamo in un brindisi di rivoluzione.
- VIII -
Tra folate vieni a punica discesa
per la difesa dalla perifrastica
passiva secondo catoniana
perché ancora scivola da Tunisi il sangue
salato in scogliera. Distesa somigli a una schiena
d'aratro ferita - e nelle vertebre
solcate a sementa il semplicista inaugura
la tua gemma ortopedica: sei il fiore del sale.
Sotto la cauterizzata malinconia al cromo
ti concedi al lapilloso pianto - solo la Kallos
rinuncia al vade retro e ti ammira: i tuoi occhi
lucidi s'annacquano muschiosi
e Bellezza ti dona la risacca
perché ci mostra «Tu non lasci limo»,
hai la pulita pelle - hai l'errata corrige
sul viso in assenza di paura a ritorsione di naufragi.
Bevi da una corolla di calla i medicamenti
amari e contraria a caduta di nuca
alta ti riversi in mare finché Mercurio ti salva
in una stretta penetrante di mani: per tua cura
feroce fu il tatto del dio incastrata frattura -
ti si aggiunge alla prima dattilografia
un trittico nuovo di ossa.
S'infrange la verginità suicida,
è un ex voto l'imene osseo marino.
E l'alato pedestre adagia in mare scesa
ti lascia adagia; e l'onomastica sorride -
i tuoi versi battezzano la nuova falange
nell'ombelico di Saffo distesa annegata:
oltre parola, sei la miglioria della morte.
- IX -
Ricordo la tua stirpe sopra arazzi
Melania con la spatola tessitrice
di urla ricamate mostra alla parete
il tuo volto
agiografia diretta di santo Inverno.
Emergi dalla più recente tela,
ultima erede spalle contra-mura;
e le archeologiche genealogie dei santi
a blu cornice avvolgono di lino e paglia
le tue vertebre corinzie - l'acanto
ti germoglia accanto e rigida per le radici
piuttosto a cartilagine
quando solitaria ti stacchi da intonaco e tessuto,
passeggi e senti artrosica la scelta
di capitelli per ossa semoventi.
A dolore sollevi i passi
e dietro la bianca schiena
ti lasci luttuose briciole greche di colonne.
Dopo tre passi già stanca cerchi resa
spaventata non volti viso alla conta
della distanza breve. Sei chiamata orfica
dal fondo corridoio la baccante seducente
ripete l'insegnamento «È finita. Torna murata
alla serenità della tua marmorea fuga
di domani di domani di domani». Tu ascolti
bianca in pelle, sei immobile all’ascolto
bianca non d'orrore sintomo a svenire
bianca sei per naturale profezia d'animo
che invoca sventura saporita dal vino cobalto
della notte. E nell'immobile bevuto stato
mentre la figlia del baccanale avanza
al tuo colonnato nudo t'accusi d’oscura
volontà di vita - ignori!, tu resti sì in ferma posa
ma lungamente posi come peana in idolo
modella a Dioniso in riflessione d’ombre
al canovaccio opposto e antico di bellezza.
Rispondo al nome di FUSCO Danilo Luigi. Nel 1994 - 15 gennaio - sono nato a Caserta per logiche ospedaliere; nel restante tempo dalla nascita cresco e vivo nel paese sannita di Sant’Agata dei Goti, Benevento. Ho conseguito la maturità classica; attualmente continuo lo studio accademico alla facoltà di Lettere classiche dell’ateneo Federico II di Napoli.
Il mio campo di ricerca accademica sperimentale riguarda il metodo mitopoietico nella letteratura comparatistica del Novecento con particolare attenzione rivolta al sostrato linguistico di greco e latino.
Ho sempre considerato silenziosa la natura della mia scrittura; unicamente giunse la scelta di prendere in considerazione la pubblicazione editoriale quando in estate dello scorso anno ebbi in lettura un saggio letterario sul poeta John Keats: conteneva evidenti errori filologici eppure la critica era silente con l'autore dell'opera.
Nell’estate 2018 troscorsi due settimane di studio filologico tramite la biblioteca inglese Keats-Shelley Memorial House di Roma; al termine della mia ricerca scrissi un saggio in difesa di J. Keats erroneamente massacrato.
Parallelamente alla scrittura del primo saggio su J. Keats decisi di copiare in una silloge le poesie scritte nell'ultimo anno trascorso della mia vita: copiai versi lasciati su fogli macchiati di Ballantine’s, in una risma da Lettera 35, dentro un quaderno con dedica a James Joyce riportata il giorno in cui un martello distrusse la punta dell’unica stilografica che abbia mai avuto in regalo. In queste poesie ho trattato il tema della Malinconia soffermandomi sul ruolo dogmatico della parola. Il mio vissuto è analizzato tramite una poesia nella quale la metrica e la morfologia rivestono un ruolo universale e non retorico, a guisa del metodo mitopoietico studiato nel corso dei miei anni. Una malinconia compagna sia nei momenti di dolore sia in quelli legati al piacere: uno stato d’animo che racconta una biografia di leopardiana speranza e di sintassi costruita per analogia al periodare della prosa del mito classico, una crasi lontana dal quotidiano eppure estremamente vicina all’intimità dei sentimenti umani: una raccolta per una nuova malinconia; Canzoniera per Nova Melancholia, dunque.
Convivo in casa con Peana (una cucciola di canelupo), Pangur (un gatto randagio) e Perkins (un riccio africano): Peana, Pangur e Perkins sono battesimi d'onomastica attraverso i quali rendo omaggio a tre letterature per me fondative, greca e irlandese e statunitense.
Danilo; 25 anni, sono una parola.