CINZIA MARULLI
Poesie
Da Percorsi , La Vita Felice,
2016
La poesia di Cinzia Marulli non è una poesia esistenzialista, ma esistenziale. Nel senso che, piantato nella terra, l’essere tende verso l’alto come l’albatros di Baudelaire. Là dove la speranza ha grandi ali. Ma sente, l’essere, al tempo stesso il bisogno di radicamento nella terra, unica garante affinché non si perda ciò che è stato. L’alto e il basso non si escludono. C’è di fatto, in queste poesie, una tensione estrema, un dilaniarsi, uno strappo, sì una sofferenza tra il bisogno d’immobilità e il desiderio di ampiezza. Tra i piedi con i loro piccoli passi e la testa creatrice di spazio e di lontananza.
dalla prefazione di Jean Portante
Dalla sezione “Il senso bianco delle nuvole”
Lo sai cosa c’è oltre?
A volte credo di averlo fatto il viaggio
ma non so se era immaginazione
certo, il sogno porta nella luce
ma io ragiono con la misura della terra
e non so comprendere
il senso bianco delle nuvole.
Dalla sezione “Il paradosso del cerchio”
Eppure c’è un sentiero
che porta in alto
in quel luogo di sole
dove l’ombra è amica
un luogo piccino
che affaccenda il respiro
e il riposo saluta
come farebbe un amico
e questa chiave
che giace a terra sconsolata
sa che non ci sono serrature
in quella porta
il varco è aperto
e attende
attende il passo
lentamente sorridere
perché giocano i bambini
e loro non hanno segreti
e nulla è chiuso.
*
Sono salita sulla montagna più alta
perché volevo volare
il vento era dolce e sotto di me le terre
mi attendevano – verdi e selvagge.
Mi sono messa proprio sul bordo del precipizio
ad aspettare che mi crescessero le ali
sono stata lì
finché i capelli sono divenuti bianchi
ma le ali ancora non erano cresciute
poi, ho smesso d’aspettare
mi sono gettata nel vuoto con le braccia aperte
e gli occhi chiusi:
in quel momento tutti i miei sogni si sono scossi
e si sono dati un gran da fare
si sono trasformati loro stessi in ali
e mi hanno portata lontano fino a sfiorare i fili
dell’erba
infine se ne sono andati
facendomi cadere al centro del grande lago.
L’acqua mi ha accolto trasparente e vergine
e in essa ho lavato il mio dolore.
*
In questa solitudine
che esplode
il mare
lontano e quieto
nasconde la potenza
di un animo perso.
Lì giù,
dove neanche la luce
può arrivare
c’è l’onda che freme
e la roccia è niente.
C’è una luce lieve
lungo il sentiero di Santiago
dove i piedi sanguinano solitudine
mentre calpestano
le briciole lasciate a memoria
E nel tremore delle mani
di mani che pregano
l’uomo va, inarrestabile,
alla ricerca di quell’oltre
che dia senso a ogni cosa
Il desiderio di inciampare
su una radice gemmante di bene
che possa rompere il fragore delle guerre
è la forza che sospinge
Il dono atteso, quel sentimento bianco
sotto la terra smossa dal coraggio
nelle ferite che colano l’unguento sacro
forse non si conquisterà mai.
In fine
tutto si spiega, ché il peso del mondo
l’assurdo peso di tanta pietra
grava solo su una poverissima corona di spine.
Dalla sezione “Il riflesso della Luce”
Ho sentito dire che la vita è cosa seria.
È la morte a essere beffarda,
ma il come è un’altra cosa.
Forse nel sorriso è il segreto di tutto
in quel piccolo topo
che fugge veloce
e cerca il suo riparo.
*
Quando sarò dentro alla mia tomba
mi metterò seduta a guardare il mare
e aspetterò di diventare polvere
allora potrò ascoltare i discorsi segreti
e viaggiare nei luoghi dove non sono mai stata
potrò parlare con il vento
e camminare insieme alle nuvole.
Andrò a casa di tutti i poeti e
frugherò nei loro cassetti.
Quando sarò dentro alla mia tomba
non ci sarà più il freddo e potrò
passeggiare senza paura di ammalarmi
mi siederò su una panchina
e leggerò tutti i libri che non ho ancora letto.
Non ci sarà più neanche il Tempo
ed io resterò per sempre giovane
mi metterò lo smalto alle unghie
e legherò i capelli con i fili d’erba.
Quando sarò dentro alla mia tomba
mi laverò l’anima con le parole:
saranno loro le mie preghiere.
*
Quando sarò morta
e voi mi metterete dentro a una bara ancora aperta
io mi siederò lì con voi e guarderò il mio corpo.
Forse vi vedrò piangere e non capirò il perché
voi tutti continuerete a guardare dentro alla mia bara
darete le ultime carezze a un corpo ormai vuoto
qualcuno perfino mi bacerà e chi mi ha trattato male
in vita forse ne proverà dispiacere e si pentirà addirittura
tutti penserete che io sia dentro a quella scatola di legno
e nessuno si accorgerà che invece
sto seduta lì – insieme a voi.
Da “ La casa delle fate”
in corso di pubblicazione
Si ferma il tempo
nel percorso che m’avvicina
in questo luogo risiedi
qui – dove la vita passa nell’attesa.
Il candore della tua pelle m’accarezza
quella pelle tornata bambina
ora che invochi me
come fossi io tua madre.
*
C’è il camino acceso che illumina
l’inverno
nel volto antico delle bambine
sono tutte sedute - quasi in circolo –
sulle rughe della loro vita
gli occhi aperti che cercano
attenzioni
aspettano i visitatori - i figli indaffarati
il cuore grande dei nipoti
mangiano i dolci
portati per convenienza
vorrebbero volare come ballerine
ma hanno bisogno di aiuto
anche per bere un sorso d’acqua
ognuna a raccontare la propria storia
a nascondere i dolori
sono belle tutte insieme
sono belle e tristi le bambine
e la Signora Morte neanche si nasconde
mentre le guarda
per decidere chi portare via per prima.
*
C’erano anche i giorni belli
nella casa delle fate
i giorni dove il sole entrava dalle finestre
e i sorrisi delle bambine diventavano perfino
veri
anche le ossa smettevano di dolere
e i ricordi sembravano quasi inutili
erano i giorni delle visite
delle passeggiate corte un metro
delle pastarelle
e dei “mangiane poche che altrimenti ti fanno male”
ma tu lo sai che a ottant’anni non ti importa del
diabete
ti vuoi bere la vita, tutta quella che ti rimane
e goderti ogni cosa
che poi si torna a letto, in mezzo all’urina che esce
dall’incerata.
*
Giace così la fata
con lo sguardo fisso al soffitto
la notte – tutta – è tempo eterno
e non c’è voce o carezza che lambisca le lenzuola.
E’ silenzio.
Forse è meglio il sonno, quello vero
che quest’anima giovane è prigioniera
e mentre l’urina dilaga non c’è più la forza di girarsi
girarsi soltanto
su quel lato che apre la vista al sogno.
Ma il tempo, quel tempo che sembra infinito
lascia il posto al chiarore del mattino
si sentono i primi rumori, la casa si sveglia
arrivano le signorine, si cambia il letto,
s’asciuga l’incerata.
Finalmente il bagno e il pettine a rimettere in ordine le cose
la sedia con le ruote grandi
e di nuovo tutte assieme nella sala
la colazione col te e le fette biscottate
quelle secche che impastano la bocca.
Poi quella maledetta televisione che ciarla
come fossero tutte sceme le fate
come se non avessero passato la vita a salire le scale.
Arriva il pranzo con l’antipasto di pasticche
che fanno gli occhi tristi
e il purè di patate mollo come le giornate tutte uguali.
La minestrina a cena e poi di nuovo a letto
e la fata con gli occhi aperti fissi al soffitto
e la notte – tutta – è tempo eterno.
Eppure, eppure. Una carezza, solo una carezza.
*
Eppure questo cielo grigio
mi sembra pieno di sole
non è l’acqua della pioggia
a bagnarmi le costole
ma il colore acre della tua assenza
perfino il cigolio della sedia a rotelle
è una musica cara
che abbraccia il ricordo.
Mi piacerebbe toccare la tua anima
accarezzarla di crema
come la pelle
calda e rosa che cedeva alle mie cure
questa tua anima
che vorrei guardare negli occhi
e ascoltarne la voce.
Ma tutto tace
e questo silenzio
è un filo trasparente che ondeggia nel vuoto
e non ci sono piedi da poterne stare in bilico
ma forse è precipitando
che c’è la pace
in quel dolore che c’è
e che ci deve essere.
La raccolta “La casa delle fate” si è classificata al primo posto nella sezione raccolta inedita al Premio di Poesia Casa Museo Alda Merini vincendo la pubblicazione con la casa editrice La Vita Felice.
Nota dell’autrice al libro “La casa delle fate”
Per circa due anni ho portato avanti un laboratorio di poesia all’interno di una casa di riposo per donne anziane. Un’esperienza che mi ha fatto conoscere da vicino la condizione della terza età, forse quella meno privilegiata, più afflitta da problemi fisici e di malattia. Le case di riposo sono luoghi dove esistono situazioni di solitudine se non addirittura di abbandono da parte di figli e parenti lontani, ma anche di figli costretti a causa degli impegni lavorativi a “ricoverare” i propri genitori non più autosufficienti o totalmente invalidi. Sono situazioni complesse, ingiudicabili, che evidenziano una condizione difficile che andrebbe gestita con grande umanità. L’idea di questo laboratorio è nata spontanea dopo un breve ricovero di mia madre presso una di queste strutture, ricovero al quale sono dovuta ricorrere perché nessuna clinica riabilitativa pubblica aveva accettato di curarla a seguito di una frattura gravissima. In questo luogo, che mia madre stessa chiamò la casa delle fate, ho potuto offrirle una riabilitazione che l’ha portata a camminare di nuovo, piccoli passetti, ma dall’enorme significato per una persona che si ritrova a vivere con un corpo morto e alla quale sono preclusi i più piccoli e umili gesti della quotidianità. Pur essendo un luogo estraneo era comunque una struttura buona perché consentiva alle famiglie di rimanere accanto ai propri anziani, di collaborare fattivamente nella gestione e di rimanere anche a dormire insieme a loro. Durante le mie visite ho iniziato, quasi per gioco, a leggere alle signore ospiti delle poesie. Si è aperto un mondo. La loro risposta è stata eccezionale. Mi attendevano ogni giorno pronte ad ascoltare i testi che avevo preparato per loro per poi lasciarsi andare ai ricordi, alle chiacchiere e perfino alle risate. Il risultato nel tempo è che tutte avevano trovato un nuovo stimolo alla vita, si sentivano partecipi e attive di qualcosa che potevano fare nonostante la loro condizione fisica. Ovviamente il livello culturale era molto vario, ma non c’era una competizione di bravura e di conoscenza. La poesia le aveva rese nuovamente vive e loro erano felici.
Ho continuato questo laboratorio anche dopo la morte di mia madre, che sopraggiunse a causa dei suoi problemi cardiaci, e sono stata costretta a terminarlo perché la struttura chiuse non avendo ricevuto più i finanziamenti necessari. Fu una cosa molto triste. Era un luogo che funzionava. Era la casa delle fate.
Ho scritto questo questa raccolta per ricordare, perché penso che occuparsi dei nostri anziani sia un dovere ma anche e soprattutto un diritto e come tale deve essere riconosciuto e sostenuto.
Non è un libro di denuncia e tanto meno vuole essere autobiografico, ma ha l’intento pretenzioso di parlare di qualcosa che in genere è taciuto: la vecchiaia. Credo che ci riguardi tutti ed è importante prendere coscienza di questa condizione perché quello che c’è da migliorare si può migliorare, a volte veramente con poco.
Perché dunque la poesia? Perché è il mio linguaggio, Perché scava nell’oltre e nelle coscienze. Perché, come ha scritto Borges nell’Invenzione della Poesia, non esiste argomento precluso per essa. Perché credo fermamente che la poesia possa cambiare le cose e le mie fate me lo hanno dimostrato. Una cosa inutile come la poesia è stata di un’utilità incredibile davanti al cedere della vita. E Anna, Maria, Giovanna, Francesca, Vincenzina, Luisa, Anna Rita, Rosalba e Ludovica me lo hanno provato con i lori occhi tornati a splendere, sia pure adagiati su una sedia a rotelle e lontani dalle loro case.
Dedico, dunque, questi miei scritti a tutti noi che diventeremo vecchi e alle nostre famiglie affinché si ricordino che l’amore è importante e sul finire della vita diventa assolutamente necessario.
C.M.
Cinzia Marulli
Ha studiato all’università La sapienza di Roma sino-indologia e sta traducendo alcuni tra i principali poeti cinesi contemporanei e in particolare i poeti brumosi (Bei Dao, Mang Ke ecc..)
È curatrice della collezione di quaderni di poesia Le gemme (Ed. Progetto Cultura) e ha pubblicato note critiche su varie riviste di settore (La mosca, Atelier, I fiori del male ecc…)
Ha realizzato progetti di videoarte in collaborazione con il Gatestudio Records (www.gatestudio.eu).
E’ promotrice culturale e cura rassegne di poesia.
Le sue poesie sono state tradotte in cinese, francese, greco, inglese, rumeno, spagnolo, e slovacco e pubblicate su antologie e riviste di settori in vari paesi.
Ha pubblicato in poesia: Agave (LietoColle 2011) con l’introduzione di Maria Grazia Calandrone e no a critica di Plinio e, nel 2013, Las Mantas de Dios-Le coperte di Dio (Ed. Progetto Cultura) in versione bilingue italiano- spagnolo con traduzione del Prof. Emilio Coco e introduzione di Mario Meléndez, Percorsi (ed. La Vita Felice 2016) con prefazione di Jean Portante.
Ha vinto il Premio Prata 2014 per il suo impegno per la diffusione della cultura e della poesia e da ultimo ha vinto il Premio Casa Poesia Alda Merini con la raccolta inedita di poesia “La casa delle fate” che sarà pubblicata nel 2017 con la casa editrice La Vita Felice.
La pagina viene presentata per gentile concessione dell'autrice a Pioggia Obliqua