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            Damiana di Gennaro

 

 

Poesie

da

Aspettare la rugiada, Raffaelli editore, 2017

ho visto lo spezzarsi delle albe

tra i cavi elettrici del cielo

almeno mille volte

per scivolarle dalle dita –

 

ma lei fa la pioggia che mi tiene

attaccata al finestrino

e incide il suo sorriso

alla radice di ogni fuga.

 

金継ぎ・kintsugi

 

ti conservo dove poso

 i libri che mi aprono

 la notte sulle ciglia –

 

riempiresti col tuo oro

 le spaccature che la luna

 mi scava nella schiena,

 come l’edera sa fare

 sulle pareti verticali?

 

tu sai come far alzare

 il vento contro il tutto

 che mi tiene corpo in pezzi,

 frantumato.

 

 

踊り子・odoriko

 

quando sulla porta

 dici abbracciami

 piove tutta l’aria che le corde

 non sanno far vibrare

 

le spine si riassorbono

 in una strana morbidezza,

 come quella che respira, appena nata,

 negli occhi delle madri –

 

quando dici abbracciami

amarti è gesto lineare:

 il salto della ballerina

 

 dalla gabbia del torace.

甘え・amae

 

voglio abbracciarti

in un guscio di noce –

nella corteccia

le lacrime sarebbero

perfezione di resina

e i sorrisi dei solchi

dove qualcuno poserebbe

una mano, distrattamente

 

stringerti così:

per continuità di natura

che non scorre, non brucia.

 

  TESTI  INEDITI

1.

 

andrebbe coltivata

l’attitudine al segreto:

come un fiore strappato

perde la linfa della terra,

 

subito si svuota del suo senso

ogni cosa rivelata –

e decora i comodini

per lo spazio di due sere.

 

2.

 

chi mi ha dato queste braccia

nella fretta,

ha dimenticato di chiudere la porta

fra l’essere e il non essere –

 

puntuali, ogni settembre

riappaiono i gigli selvatici

 

sulla terra stupefatta

 

Damiana di Gennaro

Studia inglese e giapponese presso l'Università di Napoli l'Orientale. Dal 2015 è redattrice della rivista letteraria Mosse di Seppia e dal 2018 fa parte della redazione di Atelier online. La sua raccolta Aspettare la rugiada , risultata finalista al Premio Rimini, è stata pubblicata da Raffaelli Editore nel 2017.

 

 

ALESSANDRA REPOSSI

 

da

 

Una donna incauta, 2017

 

 

 

1

Ci sono città discrete

dove il passo può solo risuonare,

si ascoltano le voci,

si guarda dritto in viso,

si lasciano correre anche le parole.

 

Città dove a muoversi

sono i minori come me,

la casa vicina, il suono duro in petto.

 

 

 

2

Nella terra di nessuno

uno sguardo può restare tale

vivo di richieste e delicati affondi

senza pudore, scabro, cristallino.

 

Ma nel fuggire di giorni abituali,

tra riti, case, abiti e mestieri

nuotano due occhi opachi

in cerca disperata di quell’unico

guardare dritto che non teme.

 

 

 

3

I miei silenzi di dolore

per la morte di qualcuno

cui rendo omaggio, sola e consapevole.

Le mie felicità nascoste

i miei gusti assaporati,

le mie perplessità, gli umori,

il mio sentirmi contesa:

la mia tranquillità, da un lato,

dall’altro il fuoco che avvampa nelle vene.

 

 

 

4

Si cerca ogni tanto la conversazione,

due persone che ascoltano, parlano

e sono così libere da non mettersi in scena,

da non coprire ogni parola di ironia

fino a soffocare in dita spesse

ogni senso, ogni pallido indizio del sentire.

 

 

 

5

Sono una donna innamorata

scorgo la gioia appena si profila all’orizzonte,

sento giungere un abbraccio

e rendo audace un bacio timoroso.

Amo i fiori e i sorrisi,

le braccia che mi offri,

i suoni del tuo nome.

Allontano da me il possesso,

divelta mi strazio lunghe ore

e mi addormento nel vuoto a notte fonda...

Ma sono una donna innamorata,

ho gli occhi limpidi

e a chi mi guarda in volto

io tendo la mia mano ferma e chiara.

 

 

 

6

Colgo ancora il tuo sguardo nel silenzio.

Non è notte, ma è buio

l’angolo di cielo che batte alla finestra.

E arrivano tra mille suoni infranti

le tue paure delicate, assorte

e insieme, tutte, io, sempre

paragono al mare gonfio e placido,

mondo di memorie che si agita

nelle ore calde della luce,

nell’armonico respiro. Ed è silenzio.

 

 

 

7

La notte lentamente si dipana,

è il battito del cuore che conduce,

il ricordo se ne andrà in altre notti, in altre ore.

 

Questa sarà la mia memoria,

non dura, non dolce,

una fessura viva che pulsa e non confonde.

 

 

 

8

E ogni volta si deve riprovare

Lasciare che il nuovo ci batta in petto

e il desiderio lento si avvicini

fino al giorno in cui sentiamo, occhi sgranati,

che si è formato un cuore accanto al cuore.

 

Non così,

il fiato è breve

felicità inquieta e inferma

anima secca;

 

non così,

si salva solo la formalità

le guance rimangono pallide

si mangia, si dorme, si corrono le vie.

 

 

 

 

Alessandra Repossi

Traduttrice letteraria, autrice, giornalista e fotografa, ha pubblicato la plaquette Poesie per il Torchio di Porta Romana (2004) e ha tradotto a quattro mani con Francesca Cosi, per i principali editori italiani, oltre una settantina di romanzi e racconti dei principali scrittori del passato (Virginia Woolf, Katherine Mansfield, Jack London, Elie Wiesel, John Steinbeck e molti altri). Tra questi, alcuni grandi poeti della letteratura mondiale: da Pablo Neruda, le cui Odi elementari sono confluite nel volume La casa delle odi (Motta Junior, 2012), ai limerick di Edward Lear (Questo libro non ha senso!, Nuova Editrice Berti, 2013), dagli  inediti di Lewis Carroll (Ho una fata accanto, Motta Junior, 2014) che hanno ottenuto la menzione speciale al Premio Morlupo per la traduzione nel 2015, a una selezione di poesie del monaco trappista Thomas Merton, Che la mia sete diventi sorgente (Ancora Editrice, 2015). 

 

 

LE FOTOGRAFIE SONO DELL'AUTRICE

     

ELEONORA RIMOLO

 

         Da

 

    Temeraria gioia

 

 

Gli uomini che credono

ancora in qualche cosa

hanno gli occhi liquidi

dei pesci e il rischio

è che diventino felici.

 

Mai passando per i

notissimi luoghi

sono stato più nostalgico

di ora, perché non ho

scolpito pianeti

con questa penna e non ho

voluto rabbonirti

con le mie bugie:

usando unicamente

noiosissimi me stesso

incontro a me vado

solo, orfano di figli

e realtà.

 

 

 

 

 

Ed oggi scopro

definitivamente

che il sesso è una cosa da niente

che si può percepire

di non essersi mossi

di un passo e che gli anni

a grandi sorsi sono tornati

ma senza il sapore

infantile del godimento:

accade senza di noi,

ricevo la notizia,

dicono che non sente più

nulla, che sono nel giusto.

 

 

 

 

 

Ripensare ai bambini così,

molte fasi lunari da attraversare

col brillio dei piedi piccoli

diamanti della costa ornati

e alcune sere davanti

accaldati dopo il gioco poi

attratti dalla marea, a mano

a mano che monta l’estate

sereni e vuoti quei pensieri

sul pelo dell’acqua viaggiano

ed il tempo ci occorre

adesso

per gonfiare i petti e rincorrere

dalla fine dell’orizzonte

le idee che crescono:

percepire della leggerezza

la puntura, subire la letizia

senza piegarci mai.

 

 

 

 

 

Lasciatemi dire

la foglia immarcescente

la processione degli orfani e delle spose,

lasciatemi fare l’umano e capire

che non si può bastare a nessuno.

 

 

 

 

 

Adesso che le scarnificazioni hanno di nuovo

superato il centimetro, smaniosi cerchiamo

fiori di pane. È un bozzetto questo che

sfugge a chi è abituato al polittico del sogno.

 

 

 

 

 

Come capelli a ciocche

se ne andavano le vite

nel giorno delle castagne.

La tua non meno miserabile

delle altre, non meno

desiderabile. Rimane

una striscia di nero

sotto l’occhio, parassita

capovolto.

 

 

 

 

Fare altro per non parlare distrarsi

sgusciare via dalla posizione: ieri

mio dolce imperfetto mio subumano

immondo amore è mancato poco

davvero che la vita ti investisse.

 

 

 

 

Non so se sia possibile

assomigliare con la sola

parola all’anomalia,

se le più grandi carneficine

possano compiersi dall’alto

di una mano armata a stento

della carcassa di un topo.

 

 

 

 

 

 

        

                                                     Testi inediti

 

 

Dalle carcasse dei gatti lasciate

nella cenere di questi disastri

sale un fumo di arancia rossa

amarissima, riconosciuto veleno:

 

forse la ricorderemo questa strage

nella malattia, come non sai se di gioia

o dolore o noia piangono abbracciati

quei due seduti avvinghiati

sopra la panchina, dietro il campanile,

mentre ci avvolge tutti la stessa nube

rubina, l’uguale sorte tremenda.

 

 

 

 

Perdonami, sai com’è vivere quando

ti lanciano addosso le cose, una sola

adiacenza pagata con abiti ancora

umidi, con questo dolore sintetico

assorbito da carta che si scioglie,

che si mangia che si digerisce come

un frutto appena colto nella nebbia

di un giardino

 

tu quale scegli

 

io sono preda dell’interruzione, per me

impiccata al ramo orientale sorretta

la sola impronta indelebile

commestibile era la tua.

 

 

 

 

 

Si apparta il sole sulla punta

del giorno, ammalato celebra

un contatto da niente, nessuno

penserebbe a quel bacio

selvatico, nessuno scioglierebbe

le trecce nel fiume stanotte

nascosto com'è dietro il piacere,

madre delle febbri, principio

di dolore. Sotto la terra danza

aggressiva diversa la gioia

 

la stringi tra i denti, si

sfila come saliva, prosciuga

il sangue negli alveoli, rende

felice anche l'ombra pigra

del male.

 

 

 

 

Non c’è bisogno di dire tutto, o di dire troppo: questo trobar clus ci restituisce un ermetismo di ritorno che poggia su un indiscusso gradiente orfico. I segnali ci sono tutti, perfino il «porto segreto» da cui non si riesce a salpare. Ma – questo è il merito – non si tratta di un orfismo di maniera. Eleonora Rimolo sa costruire una casa solida, circoscrive, identifica un territorio espressivo più che legittimo. E il mito, la cui presenza viene spesso a chiudere i testi, soprattutto nella prima parte del libro, non è un suggello facile, un modo come un latro per terminare il discorso, ma al contrario apre a nuove, inaudite dimensioni, che creano sì un vortice di echi letterari, e insieme evocano quell’altrove dove la gioia è un «bordo tagliente», dove si può romanticamente naufragare.”

 

 

Roberto Deidier

 

 

 

 

 

Smisurata Eleonora, avvinghiata al fuso che è per lei la poesia, impazzita d’estremo, Eleonora-Aurora «dalle dita di prosa» squaderna «ardite acrobazie», osa «sillabe di vaticinio», maneggia con notevole maestria «questa lingua che vaga / pronunciando il suo infinito» sotto un cielo torvo, «sciame malato di sussurri» nello spazio pagano puntellato di perdite e rovine.  Non c’è nelle poesie di Eleonora solo un notevole empito giovanile e un evidente immaginifico talento naturale ma, a ben leggere, si scorge la filigrana di un’accorta ed esperta fattura formale, sapiente intelaiatura di una poesia cruda e impietosa, come drappo lacerato steso sulla scena imperitura e tragica del mondo antico, che non si incenerisce neanche nel nostro rattrappito arido tempo, ma anzi trova nuovo visionario vigore. Che quel drappo si stenda su qualche cosa di terribile vissuto di persona  e celato con rigore, una sorta di interdetto che agisce vivacemente per via psichica o onirica, lo possiamo immaginare, se scrive del corpo come «brandelli / di ossa e scarti / di epidermide» e tanta è l’urgenza emotiva.

 

 

Gabriella Sica

 

Eleonora Rimolo, Temeraria gioia, Giuliano Ladolfi Editore 2017,  prefazione di Gabriella Sica.

 

 

 

 

Eleonora Rimolo

È dottoranda di ricerca in “Studi Letterari” presso l’Università degli Studi di Salerno. Collabora con alcune riviste di Italianistica quali Sinestesie, Misure Critiche, Rassegna Italiana. Ha pubblicato un romanzo (Amare le parole, Litedition 2013), e tre raccolte di poesie: Dell’assenza e della presenza (Matisklo 2013), La resa dei giorni (AlterEgo 2015, Primo Premio “Poesia Giovani Europa in versi 2016”, organizzato dalla Casa della Poesia di Como) e Temeraria gioia (Giuliano Ladolfi Editore 2017, prefazione di Gabriella Sica, Primo Premio “Pascoli- L’ora di Barga”, Finalista “Premio Fogazzaro”, III° classificato “Premio Fiumicino”, Premio “Napoli Cultural Classic”, II° classificato Premio “Aoros Valerio Castiello”). È vincitrice del Primo Premio “Ossi di Seppia” 2017 (Arma di Taggia) con alcuni testi inediti. Alcune sue poesie sono state tradotte in spagnolo dal Centro Cultural Tina Modotti e da Mario Pera per la rivista Vallejo&Co, e in brasiliano per la rivista Dottor Cardoso. È caporedattore per la sezione online della rivista letteraria «Atelier».

 

 

 pioggiaobliquascritturedarte@gmail.com

 

 


 

" Pioggia Obliqua una rivista

affermata e prestigiosa."

 

" Un grazie di cuore a 

Pioggia Obliqua i cui molti meriti nei riguardi della "poesia onesta" di cui scriveva Saba non saranno mai abbastanza sottolineati."

 

Alessandro Fo

 

 

 

" Saprà o vorrà ancora la forza accumulata (...) resistere alla forza di omologazione che la tecnologia sembra inevitabilmente portare in seno?(...) Prevedo un lungo periodo di 'agonie', voglio dire di lotta (...) sarà probabilmente quella la forma e la sostanza del poetare che ci aspetta."

 

Mario Luzi

Da un suo scritto per Pioggia Obliqua a proposito del  'senso di fare  poesia', gennaio 1996

 

 

" Io credo che un pò di silenzio ci faccia bene, c’è un coro di voci “troppo alto”, sgraziato, che ci sommerge, e non mi riferisco solo alla letteratura. In questa specie di “frullato” che siamo costretti ad ascoltare quotidianamente, il valore delle cose si perde.

 

Se c’è un attimo di riflessione, di

silenzio, la parola scritta o detta assume maggiore rigore."

 

 

Antonio Tabucchi

 

Intervista rilasciata a Luigi Oldani e

Elisabetta Beneforti per Pioggia Obliqua 

 

 


" Il sito Pioggia Obliqua mi ha "donato questa nota sul mio libro (...), ma l'intero sito è da seguire."

 " (...) e un ringraziamento per tutto ciò che P.O. fa per il mondo della poesia."

 " (..) E la stima è da me ricambiata verso il vostro prezioso sito!"

 (...) sempre attenti e preziosi gli amici di "Pioggia Obliqua".

 

Bruno Galluccio

 

 

" Un bel luogo d'incontro tra scritture."

 

Matteo Pelliti

 

 


" Non so dire se la bellezza salverà il mondo, come pensava Dostoevskij, ma mi piace pensare che sarà così. In fondo, già Stendahl sosteneva che "la bellezza non è che una promessa di felicità". 

 

Vittoria Franco

per Pioggia Obliqua

 

 

" Agli amici tanto tanto amati di Pioggia Obliqua, poeti invincibili della vita, il mio abbraccio umile e il mio ringraziamento, per mantenere la poesia come unica veritá nel mondo."

 

Daniel Fermani Gonzales

 

 

 

 

" Rivista preziosa, che seguo da tempo."

 

Alfredo Rienzi

 

                 

 

 

 

                    

 

 

                  

 

                       Consigli di lettura

 

 

    

 Nella omonima rivista cartacea 'Pioggia obliqua rivista di letteratura e culture', pubblicata negli anni Novanta, una intervista a
Antonio Tabucchi,
Edoardo Sanguineti,
Mario Luzi. 
Un testo di Valerio Magrelli. 
Mario Luzi, Luigi Baldacci, Patrizia Valduga, Attilio Lolini, Gabriel Cacho Millet, Marco Marchi e Loriano Gonfiantini rispondono
sul senso di fare poesia in quegli anni.
Risposte attualissime.

 

 

 

 

 

 

 

 


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