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DANIELA  ZAMBRANO

 

Daniela Zambrano, Poesie scelte, Transeuropa, 2023

Breve e selezionata raccolta di poesie scritte negli ultimi anni. I temi, pur partendo dalla propria dimensione intima, sono carichi di suggestioni dal mondo presente passato futuro, alla ricerca di diverse possibilità per la parola di farsi spazio condiviso di riflessione e vita; la ricerca si snoda tra il ritmo, l’ironia, la discesa negli inverni e la risalita nelle primavere della quarta dimensione, nonché l’impiego di giochi di parole foriero di nuove creature venute su per analogia e sinestesia.

 

 

"Se sono qui” … recita il primo verso di una mia poesia. 

“Pare strano a me” usare il termine “poesia” per indicare le mie parole come mi vengono a trovare, specie al mattino, nel dormiveglia, quando non sono ancora del tutto presente a me stessa. Scrivo versi, prosa poetica/poietica, nonsense, poelitica, per certi versi, poesia politica ferita da tanta bruciante indifferenza di fronte al dolore dell’altra persona. Faccio questo, scrivo questo. Sto nelle cose, mi faccio prossima e mi faccio confine.

 Daniela Zambrano

 

Alcune poesie edite dalla sua raccolta di esordio per Transeuropa.

 

 

Questi testi fanno anche  parte dello spettacolo musico-teatrale E venne tutto il paese…, in scena a Milano dal 5 febbraio 2024. 

 

 

 

Scoprire la qualità sessile

in pianta instabile

del pensiero fossile

che poi si chiede

"Se fossi lei, saresti tu?"

Impallidire

se come rosa s'apre una risposta

a domanda mai posta

poi riposare

sopire armi e amore.

Germogliare

sopra il cuore

a tormentare

 

 

 

 

 

Ora che ho piedi appesi al chiodo

il volo s’è reso al suolo

nel suo liso vestitino di raso.

 

La vita qui è tutta

di formica in formica in fila indiana

di ragno che tesse per Maman la tela

di scarafaggio + scarafaggio

su Lucy in the sky la sera.

 

Mano che affondava nella piega

bocca che mangiava rideva

 

qui un tempo c’era

 

 

 

 

Piovono le lune i pianeti le stelle

piovono uomini dalle torri gemelle

piovono bombe sulla casa ribelle

e muoiono madre padre e sorelle.

Piovono lacrime soffocanti l'orrore

piovono d'odio e di stigma parole.

Piovono fili d'acqua sottili

preludio a una tempesta di mari ostili

piovono pioggia sempre sul bagnato

piovono a secchi per lavare il peccato

 

 

 

 

 

Questo mondo è così piccolo
che ci occupiamo gli uni gli altri
ci facciamo carneficina
ci calpestiamo
mentre lodiamo Dio
ci espelliamo
come i semi dell'anguria
dalla bocca ai bordi del piatto
incuranti
del fatto
che fuori non si vive
fuori si galleggia
senza salvagente
fino all'arrivo della pioggia
che trascina via
monda lo spazio.

Il mondo è così piccolo
che non ci sopravvivrà l'eco
a dire un giorno
che noi c'eravamo
quando ci si sollevava
quando si tremava di paura
quando si cantava la vittoria
quando si contavano i morti
quando si disseppellivano
segni
quando ci si nutriva di frumento
quando non bastava più il cemento
quando si dormiva controcorrente.
Al principio di tutto
ignoravamo quanto fosse importante.

Il mondo è piccolo piccolo
ma portarlo sulle spalle
è un titanico gioco.
Il rischio è l'oceano dentro,
è il fuoco in testa,
è la resa incondizionata
al bordo,
al ricordo.
Inganno.

 


Occhi spalancati al soffitto
aspettano il proprio turno
per un bonus di vita

 

 

 

 

 

ELOGIO DEL NASO

 

 Io adoro il mio naso

spadaccino quanto basta

greco no ma grecanico

lui anticipa ogni mia mossa.

Si presenta in mia vece prima

di tutto il resto

eccetto per i piedi

con cui fa il paio tosto.

Agli occhi suggerisce

cosa aspettarsi

e ha un fiuto speciale.

I piedi e il naso

per certi versi

s’assomigliano

solo che i primi

viaggiano in coppia

lui è solo

i primi hanno un odore

lui lo cattura e ne guadagna il ricordo

così da evocarlo

anche in sogno.

Il naso d’altronde sta

alla parte superiore

come i piedi stanno

al resto del corpo:

si noti infatti essere

una sorta di trave

lungo la cui ipotenusa

scaricano il peso tutti i pensieri che

foglio su foglio

s’accumulano nell’archivio del cranio.

Senza naso che fine farebbero?

Digeriti dall’intestino verrebbero forse

espulsi come reietti del corpo… sociale?

Ogni tanto il mio naso

si concede una vacanza

dagli starnuti a cascata

che lo sorprendono

dagli odori

che lo stordiscono.

Per questo andiamo in aeroporto

ad annusare tutti i profumi

nel reparto duty free.

Non compriamo mai nulla

 

ma il mio naso gode anche così.

 

 

 

 

 

Ad

Occhi

     chiusi

            si osserva

molto meglio

il mondo.

Emerge il magma

dell’alcun senso

o ciò che è peggio

del malo senso.

In superficie

come pesci saltano

tutti gli asterischi

che rimandano

a chiose chiuse

su nulla.

E tutto è pretesto

per un’introduzione

a cui non segue capitolo.

Tutto è ipertesto

che distoglie

dalla conclusione.

È un mondo di gonfie

parole

come la frutta delle serre spagnole

come le pere dall’Olanda

che sanno di acqua dura

ma alle quali trovi un gusto

perché il contesto è chiaro

reparto frutta e verdura.

Ad occhi

         chi

potrebbe dire di conoscere

il mondo

di averlo esplorato come si fa

coi sogni che ci esplodono dentro?

Apro un occhio

poi un altro

tutto è rimasto come l’ho appreso

appeso

a peso morto

una vita senza il morso

della mela

perché se non ci sarà

non c’è e non c’era.

 

 

 

 

Niente.

Non ho scritto niente…

Sempre meglio che aver scritto

N-I-E-N-T-E

 

Da niente nasce niente.

 

Niente diniego

niente digiuno

niente di niente

per niente e nessuno.

Niente daffare

niente d'addurre

niente di niente

da aumentare o ridurre.

Niente da togliere

niente da aggiungere

fuorché qui una R

per "r-aggiungere"

niente

che sia appeso a un sogno.

Io so niente della tela del ragno

so niente della traccia e del segno

io son niente

e sognante cado

sulle piastrelle

del bagno.

 

Faceva caldo

 

quel 28 di luglio?

 

 

 

 

 

 

Verticale

      cade

il sogno a

        terra.

Il fatto è grave

pur in assenza di

 

      guerra.

 

 

 

 

 

 

Ossa

ossa e pelle

osservo alle mie spalle.

       

La ragazza che

medita

meditabonda

medita e pondera

i suoi pensieri.

 

Vorrei dirle

“Sincerati di essere ancora

domani

di non esserci come rifiuto

dei tuoi intestini.”

 

“Signorina

– è un uomo grasso a dirlo-

Lei lo sa

che peso ha

la felicità?

 

E poi

tolga la cera quando si specchia!

Se la tocco con due dita

mi si spacca

mi si stropiccia.

E sa

alla vista al tatto a pelle

la sua pelle è vecchia

e porta dita troppo grandi

come di chi scavasse inesausta

nel passato

che più è passato in quanto c’era

più ne cerca la sua tara.”

 

“Signorina

-dico io-

lei mi fa paura

fino a che la tengo nello sguardo.

Infine la disperdo

come un guanto.

La pianto e

per il suo essere fragile,

signorina,

io la piango.”

 

E mi stringo

nel mio maglione color pera

mi arrotondo come pongo

liscio ballo come Moebius un tango

 

rompo

le uova nel paniere

ed esorto:

“Vieni a vedere i pulcini

Che già stanno.”

 

Da un minuto tu sei sveglio

e mi stai ascoltando.

Ma io tremo ancora

la cera non tolgo

 

e mi tengo

forte a ciò che è mio

Mi tengo

a morte a ciò che è io

Mi tengo

inerte a ciò che è ho

 

 

 

 

 

 

 

Resto in pace.

In pace riposo

nell'abisso di un

cielo roccioso.

Gli occhi battono

il tempo

determinano il ciclo

"on" mi vedo sul letto

"off" non vedo che

il mondo infinito.

Qui riposo

distante da tanto

rumore urbano

da tutto il basso continuo

del macinarsi pensiero.

Resto immobile

e potrei essere già

corpo inerte

senza più sentimento

se non riemergessi

dal fondo minerale

gli occhi aprendo sul soffitto,

se non tornassi

a quel continuo e fitto

vivere che ci distingue

dal vegetale

che è sollevarsi

 

e camminare

 

 

 

 

Poesie inedite

 

 

HATHOR

 

    

I.                 

Lei è la dea Hathor

e attorno a lei altre

dee Hathor minori

Tumori e

figlie.

Dorme nel letto del fiume

d’Egitto

l’amore su di una feluca.

Scorre

in superficie l’immagine riflessa

di Hathor la vacca sacra

il giorno in cui la munsero

il giorno in cui la costrinsero

a essere magra

il giorno in cui le impedirono

di scegliersi un toro

il giorno in cui le affidarono

una fetta avanzata di mondo

senza che avesse capito quando

il giorno che la ferirono

perché mai una vacca di paese

fu più bella al suo balcone

il giorno in cui frequentò la scuola

il giorno in cui non la frequentò più

il giorno in cui la cinsero

e la inseminarono.

La inseminarono.

La inseminarono.

-ma il seme fu smarrito-

e la inseminarono.

E mille volte fu che Hathor

si cinse la testa di corna

per respingere la semina.

Ma l’aratro prima l’avvilì

poi la inseminò.

Tra lei e il mondo

rabbia paura

e la puzza di merda del concime.

Lacrimava la madre amore

Se ne ammalarono le figlie

Ognuna ebbe la sua passione.

 

II.

La prima fu Qebehsenuf

figlia orfana di Hathor e Horus.

Signora dell’inesistere

di lei si conserva

un’immagine, la madre riflessa

nello specchio di casa.

Fu tra le altre

cuticola rimossa

macchie d’artificio

tra gli occhi

smarrimento dei

primi tempi

quando il piano della vita     

è orizzontale

pellicola sottile

di film compromesso

o macellato al sole

amante del padre

anelito di sante. 

Di bianco si tinse 

il volto, luna piena di

pianto.

Tra le labbra

un filo per voce

muta come infanzia

tra le gambe

un fiume porpora

a memoria imperitura

della rabbia

Bambina nata

stanca

si fece una vecchia

che i denti affonda

in una bambina infranta.

Il giorno venne in cui

precipitò verso

il centro il corpo.

Crepitarono le ossa

dopo un lento sfregamento.

Si schiarì il sangue la gola

pronto per la sua gimcana.

E il cuore aritmico

prese a riposare

anche di giorno.

Si fece giallo

ocra pisello

il volto

e poi le mani.

S’annodarono

tra loro gli intestini.

Si fece il sonno

carta di bambù

sulla quale

il tempo notte

lei scriveva

e riscriveva

le sue leggi morali

impressionava

i sogni clandestini.

Conservava

le buste vuote

come gli occhi

di cera

e restava raccolta

in un fiore di loto

in attesa del sonno

del vento del gelo.

La ferula del castratore

le tolse la ragione.

E mille volte pianse

senza che la vedessero.

Mille volte pianse

e non le credettero

Mille volte pianse

sino al suo naufragio.

In alto mare

le allungarono

il bastone del giudizio.

Prendere o lasciare?

Poi il cielo sarà terso.

Poi versate mille lacrime

nasceranno fiori

e frutti deliziosi

all’apparenza.

Poi dopo mille volte

batteranno le mani

e la cintura

nell’aria per la disperazione.

Anche una dea muore.

Anche una dea

muore.

 

III.

La seconda fu Imset

sorella di Qebehsenuf

figlia silloge di Hathor e Horus.

Il giorno in cui

pretese un altro

bacio

fu quello il giorno

del grande buco

squarcio nel petto

come per lo schianto

di una bomba

lanciata dal soffitto.

L’impatto fu tale che

lo sentirono a distanza

come una guerra

in territorio straniero.

Neanche Hathor

ne intese il senso

impegnata

come sempre una dea

a complicare i pensieri

a versare latte

fuori dal secchio

per i figli più umani.

Solo la sorella

Qebehsenuf

sentì la terra

tremare.

Si fece cintura sismica

di tutto quel dolore.

Da qualche parte

già stava scritto

che l’amore avrebbe

fatto quello

per le esatte inesattezze

nella sua distribuzione

per l'inventario di

debolezze e cure.

Non sapeva Imset

che niente proprio

niente al mondo

dell’amore

è più crudele.

Niente proprio

niente al mondo

sa essere più banale.

Ferino lo spazio

divino che condanna

a morte Hathor

perché sovrappensiero.

Una madre a volte

dice il falso

e pensa il vero.

Imset a sua volta

si fa genitore

per ingannare il codice

e dirsi lieta

anche se il fegato esonda

e una crisi è

anacrusi del

cambiamento.

Imset talvolta

sbaglia ma non lo

ammette.

Avanza con la sua

leggerezza

fatta di rifiuti e

certezze.

Bascula tra la

giovinezza e

la maturità

come se la vita

godesse del potere

divino

di muoversi

avanti e indietro

notte pomeriggio sera

mattino.

All’ombra di Horus

-falco pellegrino-

di Hathor l’indulgenza.

Ora Imset dovremmo

ribattezzarla Biancaneve

per le montagne

che respira

per le vicende

che nasconde

per la bontà verso

il principe

uscito candeggiato

per tutti i nani

a cui ha fatto il bucato

per la mela

avvelenata fin dal seme.

Imset vive! Evviva Imset

che non ha perso

il buon umore

il buongiorno

il buono spesa

e non rinuncia

all’amore eterno.

Interno esterno notte

purché non si finisca

rotte sul set.

La scena si consuma

come se ci fosse consenso.

Il sesso gratis come a pagamento.

Il sesso libero di fare male

Il sesso, che poi il sesso

che relazione ha

con l’amore?

 

IV.

La terza fu Hapi

sorella di Imset e Qebehsenuf

figlia unica di Hathor e Horus.

Testimonianza vivente

e vivificante

della vita che principia

nei luoghi di una biografia bianca.

Passione di riresurrezione

rimedio medicamento

sostanza

anche se suona un po’

come sostituzione

una figlia nasce

dopo che un figlio muore.

Hapi spugna marina

testa di babbuino

fronteggia il padre

in guerra

col suo lato felino

Con la coda

la madre stringe a sé

e Hathor viene richiamata

a essere.

Dea delle sfere

e dell’occupazione

è l’essere in piena

l’essere piena

di nuovo raccolto

l’essere in carne

l’essere incarnato

che s’apre

in un ghigno

una risata

un dolore

l’essere la fame

spasmodica ancestrale

come a volere

tenere il filo

con la narrazione

sororale.

Giustificare o

non giustificare

il bisogno di ricordare

ricordare ricordare

foto vecchie di pochi anni

altre poi dell’altro ieri

o ieri o il mese scorso,

foto fatte

l’anno in corso

ricordare -dare -re

il fatto dell’orso

(quand’è che è?)

In lei niente

ha una misura

la gioia come

la paura

come le scarpe

come la luna.

Come l’incertezza

che fa vacillare

come le distanze

dal centro del cuore.

In una volta sola

miele al palato

ortica sulla pelle

quieta come acqua

meteora come stelle.

Regina del cibo sano

che riempie i sensi.

Signora della produzione

sovrapproduzione

riproduzione.

Punto di sutura

tra il padre marx e

la madre chiesa

incontro e superamento

di opposti e convergenti

tramonto come alba

fine  e inizio dei tempi.

 

 

 

 

 

 

 Artista, attivista e insegnante, Daniela Zambrano (1980) vive a Milano.

È autrice di poesie, saggi, cortometraggi e canzoni, di cui è anche la voce.

Con il nickname di “la danza”, è autrice e performer dello spettacolo musico-teatrale E venne tutto il paese…, in scena dal febbraio 2024, che mette in scena una rosa di poesie selezionate dalla sua silloge di debutto Poesie scelte (Transeuropa, 2023).

Collabora con personalità del teatro e della letteratura per la messa in scena di performance, come è il caso di “Hiroshima mon amour” in occasione della presentazione del libro Il mondo come progetto Manhattan di Jean Marc Royer, il 16 maggio 2024 a Piano Terra, Milano.

 

 

 

 

 pioggiaobliquascritturedarte@gmail.com

 

 


 

" Pioggia Obliqua una rivista

affermata e prestigiosa."

 " Un grazie di cuore a 

Pioggia Obliqua i cui molti meriti nei riguardi della poesia non saranno mai abbastanza sottolineati."

 

Alessandro Fo

 

 

" Saprà o vorrà ancora la forza accumulata (...) resistere alla forza di omologazione che la tecnologia sembra inevitabilmente portare in seno?(...) Prevedo un lungo periodo di 'agonie', voglio dire di lotta (...) sarà probabilmente quella la forma e la sostanza del poetare che ci aspetta."

 

Mario Luzi

Da un suo scritto per Pioggia Obliqua a proposito

del  'senso di fare  poesia', gennaio 1996

 

 

" Io credo che un pò di silenzio ci faccia bene, c’è un coro di voci “troppo alto”, sgraziato, che ci sommerge, e non mi riferisco solo alla letteratura. In questa specie di “frullato” che siamo costretti ad ascoltare quotidianamente, il valore delle cose si perde.

 

Se c’è un attimo di riflessione, di

silenzio, la parola scritta o detta assume maggiore rigore."

 

 

Antonio Tabucchi

 

Intervista rilasciata a Luigi Oldani e

Elisabetta Beneforti per Pioggia Obliqua 

 

 


" Il sito Pioggia Obliqua mi ha "donato questa nota sul mio libro (...), ma l'intero sito è da seguire."

 " (...) e un ringraziamento per tutto ciò che P.O. fa per il mondo della poesia."

 " (..) E la stima è da me ricambiata verso il vostro prezioso sito!"

 (...) sempre attenti e preziosi gli amici di "Pioggia Obliqua".

 

Bruno Galluccio

 

 

" Un bel luogo d'incontro tra scritture."

 

Matteo Pelliti

 

 


" Non so dire se la bellezza salverà il mondo, come pensava Dostoevskij, ma mi piace pensare che sarà così. In fondo, già Stendahl sosteneva che "la bellezza non è che una promessa di felicità". 

 

Vittoria Franco

per Pioggia Obliqua

 

 

" Agli amici tanto tanto amati di Pioggia Obliqua, poeti invincibili della vita, il mio abbraccio umile e il mio ringraziamento, per mantenere la poesia come unica veritá nel mondo."

 

Daniel Fermani Gonzales

 

 

 

 

" Rivista preziosa, che seguo da tempo."

 

Alfredo Rienzi

 

                 

 

 

 

                    

 

 

                  

 

                       Consigli di lettura

 

 

    

 Nella omonima rivista cartacea 'Pioggia obliqua rivista di letteratura e culture', pubblicata negli anni Novanta, una intervista a
Antonio Tabucchi,
Edoardo Sanguineti,
Mario Luzi. 
Un testo di Valerio Magrelli. 
Mario Luzi, Luigi Baldacci, Patrizia Valduga, Attilio Lolini, Gabriel Cacho Millet, Marco Marchi e Loriano Gonfiantini rispondono
sul senso di fare poesia in quegli anni.
Risposte attualissime.

 

 

 

 

 

 

 

 


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  • Poesia: Michela Zanarella, Ester Monachino
  • Poesia visiva: Elena Marini
  • Poesia Visiva : Luc Fierens
  • Poesia: Francesco Bargellini
  • Poesia: Daniela Gentile, Claudio Pasi
  • Stefano Loria pittura-poesia
  • PROPOSTA POESIA a cura di ALESSANDRO FO
  • Poesia proposta: Canale, Lombardi, Merola, Tognoni, Bertone.
  • Poesia proposta: Gian Luca Guillaume, Luca Ispani, Filippo Amadei
  • Poesia proposta: Di Gennaro, Repossi, Rimolo
  • Poesia proposta: Angelo Santangelo, Giulio Mazzali, Marco Bini
  • Poesia proposta: Cunial, Viti, Viotto
  • Poesia : Greta Rosso
  • Poesia: Giovanna Cristina Vivinetto
  • POESIA : Jean Soldini
  • Poesia : Daniela Zambrano - editi e inediti
  • Poesia proposta : Manuela Mori, Selene Pascasi
  • Poesia proposta: Mirra, Allo, Strinati, Ciampalini, Carnevali, Peralta, Casulli, Bresciani, Marrone
  • Poesia proposta: Vera D'Atri
  • Poesia proposta: Laghi Pasini, Milleri, Malerba, Corbetta, Merico
  • Poesia Proposta: Valerio Succi, Michela Gorini
  • Poesia Proposta: Filograna, Della Ciana, Imperato
  • Poesia Proposta: Alessandro Monticelli
  • Poesia Proposta: Luca Gilioli, Pierpaolo Lazzaro, Hero Haze
  • Poesia Proposta : Ornella Mereghetti, Danilo Luigi Fusco
  • Poesia proposta:Pietro Edoardo Mallegni, Anna Polin, Susanna Russello
  • Poesia proposta: Marco Serravalle,Matteo Piergigli
  • Poesia : Sara Comuzzo
  • Poesia proposta: Antonietta Bocci,Valerio Sanzotta
  • Poesia Proposta: Viola Bruno, Alessia Lombardi, Maria Bochicchio
  • Poesia proposta : Maria Benedetta Cerro, Gabriele Greco
  • Poesia proposta: Abruzzese, Marcantoni,Pedrazzi
  • Poesia Proposta: Alessandro Giraudi, Henry Ariemma
  • Poesia Proposta: Federica Carossi, Francesca Ragozzino, Doris Bellomusto
  • Poesia Proposta : Valentina Sessa
  • Poesia Proposta: Gabriella Musetti
  • Poesia Proposta :Guglielmo Aprile,Michele Piramide
  • Poesia proposta : Doris Bellomusto, Virginia Veludo, Patrizia Baglione
  • Proposte Poesia, Segnalazioni
  • Giancarlo Baroni :Animali in versi
  • Lorenzo Monticelli
  • Viaggiando in Italia. A cura di Giancarlo Baroni
  • Giorgia Karvunaki presenta...
  • Letture oblique 1
  • Letture oblique 2
  • Letture oblique 3
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  • VISIONI OBLIQUE
  • Saggio: Le limericks irlandesi
  • Normandia: immagini e versi
  • Saggio: Dante
  • Saggio: Mallarmè
  • Foto: Giappone: la bellezza sospesa.
  • Foto: MIke Lee Bellezza a New York
  • Foto: Duccio Ricciardelli
  • VIDEO ARTE: In conversazione con Duccio Ricciardelli e Marco Bartolini
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  • Having a coke with you - rubrica a cura di Sara Comuzzo
  • Corrispondenze da "The Poetry cafè" di Londra
  • INTERVISTA :A.Gasperini, M. Ciardi, Il pianoforte di Einstein
  • INTERVISTA A CECILIA FERRARA: Perdersi in Europa senza famiglia
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