“Kabul:
che odore ha?
In quante lingue sognano
I suoi abitanti?”
NUR – La luce nascosta dell’Afghanistan
Fotografie e testi di Monika Bulaj
Biblioteca Comunale di Lignano Sabbiadoro
Fino al 10/8/2024
Nur in arabo significa luce e in queste foto realizzate fra Kabul e Herat è la luce la sottile protagonista nelle pieghe di un quotidiano ridotto ai minimi termini, doloroso ed emblematico. Qui la luce spezza e scolpisce, definisce e raccoglie il momento riducendo un qualsivoglia spazio sentimentale. La luce spesso arriva come dal fondo di un tunnel, attraversa la scena in un suo punto particolare per creare un contrasto. Altre volte la luce si fa polvere, quasi a sottolineare la degna religiosità alla base di ogni azione, di ogni movimento. In questo lavoro la fotoreporter e documentarista Monika Bulaj offre il suo sguardo sul mondo afghano fatto di uomini, donne e bambini, di sunniti e sciiti, di nomadi Kuchi fra transumanza e accampamenti nelle discariche urbane, dell’etnia degli Hazara perseguitata dai talebani perché più emancipata. Senza tralasciare il corpo della donna, forse il vero campo di battaglia del paese. Dai fotogrammi altamente significativi scorre la città di Kabul, rifugio e capolinea di persone in fuga, colta nelle sue cento sfaccettature con gli inestinguibili nodi che legano i vivi ai morti. Scorrono le campagne e le abitazioni sommarie sulle colline, prima o dopo le inondazioni a tarda primavera. Scorrono le inquadrature degli adepti sufi, per i quali conta la verità della frase poetica, nell’allestimento vicine a quelle degli uccelli canori vietati dai governativi (una credenza radicata vuole invece che in ogni settimo uccello abiti l’anima di un morto). Di grande impatto è la foto dei bambini che ballano all’interno di una necropoli delimitata dal filo spinato, nella Kabul “attaccata al cielo con i fili degli aquiloni senza una via d’uscita”. Quelle raccolte nelle immagini sono tutte testimonianze di lacrime mescolate a terra battuta, umori e sudari di un popolo dignitoso nella sua povertà estrema e nelle spaccature socio-politiche, segno e segnale di una realtà complessa al di là di ogni spiegazione. Eppure, anche in mezzo a cieli grigiastri si fa sempre strada una certa luce a rappresentare gli individui nella loro vastità umana, fatta di volti e di occhi. Quel trucco nero pesante vale il mantello dei corpi, le sciarpe come cornice. In ogni immagine traspare una forte e sentita intensità narrativa, che attraverso i testi posti come corollario si amplifica profondamente. Fotografare per Monika Bulaj è anche una sorta di cura del soggetto, di pietà e preghiera sottesa a ogni gesto fermato nel ritratto. Così alla fine della mostra l’atlante di sguardi e gli appunti afghani ci accompagnano fino all’uscita e oltre. Hanno richieste, porgono riflessioni, si offrono gentilmente, in definitiva domandano solo di non scomparire dal nostro orizzonte.
Elisabetta Beneforti
IPERACUSIA
Un video di Duccio Ricciardelli e Marco Bartolini
Durata: 2' 15''
genere: sperimentale, video arte, mash up, performance paesaggio sonoro
Formato: Full hd Anno di produzione: 2022
Produzione: Videoartevirale
Con il termine "iperacusia" ci si riferisce ad un orecchio sensibile ai rumori e che prova fastidio anche per i suoni di lievissima entità. La causa è da ricercare in un'alterazione del sistema di elaborazione dei suoni a livello celebrale centrale, infatti l'orecchio risulta perfettamente sano.
Chi soffre di iperacusia, non ha nessun “super udito”, né sente meglio rispetto alle persone che non soffrono di tale disturbo. L'udito della persona affetta può essere normale. Ciò che differisce dalla norma è l'intolleranza ai suoni. In questo video arte Ricciardelli e Bartolini hanno elaborato in studio un "paesaggio sonoro" e lavorato sulla stratificazione dei rumori con un atteggiamento di "surrealismo sonoro" mettendosi in scena anche come performers.
Videoartevirale
A seguire nel labirinto
Following
Regno Unito, 1998
70'
Christopher Nolan (soggetto, regia, sceneggiatura, fotografia, montaggio, produzione)
International Film Festival Rotterdam, Tiger Award, 1999
Tutto comincia con Bill, giovane disoccupato aspirante scrittore alla ricerca di buoni spunti per un romanzo. La musa ispiratrice sono i volti nella folla londinese, non fa differenza il genere o l’età o la classe sociale. È sufficiente seguire qualcuno, osservarlo, prendere nota dei suoi atteggiamenti e dei suoi accessori. In questo modo Bill ruba quello che lo incuriosisce e riporta tutto sul foglio nella sua macchina da scrivere. Siamo dentro a un film di suggestione esistenzialista fino a quando la situazione sfugge all’ingenuo protagonista e da inseguitore diventa inseguito, adesso vittima di un vero ladro in una storia più grande di lui. Ribaltamenti continui di ruoli e identità danno avvio a un noir senza sbavature, dove la vicenda ruota intorno a un quartetto di personaggi (Bill, Cobb, la bionda, l’ispettore di polizia) con un finale che ne conferma la sagace “musica del caso”.
Following, primo lungometraggio di Nolan da lui scritto e girato quasi artigianalmente, si presenta da subito come cinema di idee e di libertà espressiva. Prodotto nel 1998, questo inizio di carriera esce solo adesso nel circuito italiano in copia restaurata e marca straordinariamente una distanza dai cast mozzafiato, dalle mega produzioni, dagli effetti speciali a profusione a cui il regista ci ha abituato in questi anni. L’impatto viene qui dalle varie storie dentro la storia, con salti temporali che valgono da incastri per paranoie e complotti. È il voyeurismo a costituire il motivo di fondo per il dramma che si va a consumare in una Londra sospesa nel tempo. Il curatissimo bianco e nero, il formato 4:3, la narrazione in blocchi privi di dissolvenza sono elementi congeniali a rappresentare svolgimenti inaspettati. Tanto nella scrittura che nella vita comune dei personaggi l’inizio è sempre un rito, una sorta di sottoscrizione di sani propositi qui vanificati o rafforzati dagli intrighi. Il gioco consiste nello spiare, sottrarre, mostrare, scombinare. Non servirà la confessione-denuncia al distretto di polizia da parte di Bill, anzi si metterà in atto l’ultimo lancinante ribaltamento, mentre l’impunito Cobb ritorna uno dei volti nella folla.
Tutti possiedono una scatola contenente piccoli oggetti e ricordi, paccottiglia spesso dimenticata in un angolo ma esposta al vezzo dei ladri. Scena di pura poesia quella iniziale di Following, che ci accompagna nella discesa agli inferi di un’opera prima da non perdere assolutamente.
Elisabetta Beneforti