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SARA  COMUZZO

Inediti

Rallentamenti

 

Di tutte le parole che ho

ne rimangono poche.

 

Si è detto tutto

ma non ho niente

e non voglio avere.

 

Fermare la neve prima che atterri.

Vince chi sopravvive.

 

Il legame intimissimo tra pelle e vestiti.

Lo scoppio di airbag ricolmi di arcobaleni:

un’esplosione technicolor.

 

Dalla tua bocca sanguina caffè.

 

A romperti il cuore non è stato un amore

ma i vetri che resistono allo schianto,

una di quelle scene in cui è il coniglio

ad inseguire la volpe

la gazzella, il leone.

 

Gennaio dappertutto

giusto per ricordarsi l’importanza degli inizi.

 

Ci siamo scontrati come camion

su un’autostrada.

Il problema non è che siamo morti

ma che abbiamo causato rallentamenti e ritardi

ad appuntamenti importanti.

 

 

 

 

 

 

 

Soffio

 

La sera è solo un altro modo per chiamare

i rimasugli del giorno.

È tutta colpa degli elicotteri

e delle loro pale

che hanno spazzato via ogni cosa.

 

Aggiusteremo tutto con la colla.

 

In mezzo ai calcoli

di una costellazione che arranca a sbocciare,

raccolgo rose

solo per ferirmi le mani.

 

La luna si è presa tutto il merito,

le notti sono bellissime anche senza fuochi d’artificio.

 

La neve ha paura di cadere

atterrare sulla strada

e semplicemente essere lasciata lì.

 

Siamo ancora giovani, però qualcosa avanza

ha mille anni questo divenire

che nasce dai fiori.

 

Eventualmente accartocciati,

i desideri arrugginiscono in fretta.

 

Poi le stagioni si invertiranno

e ricuciranno le foglie agli alberi,

le piume ai colombi,

le chewingum alle lingue.

 

 

Ogni vento inizia con un soffio.

Editi

 

 

Da Invecchiano Anche le Rose (Il Rio, 2014)

 

Compleanno

 

Risucchiato

dal vuoto, il volto

rimane inespressivo

fino allo spegnimento

di candeline

che sanciscono il patto

con il tempo.

 

 

 

Corpo estraneo

 

Gli ultimi secondi di vita

di un moscerino

entrato in un occhio.

 

 

 

 

 

 

Da Siamo Sopravvissuti a un Altro Inverno (Thauma, 2014)

 

Agnelli

 

Ti porterò a contare auto dal ponte.

Guarda le anatre

stanno volando verso qualcosa di indefinito,

esattamente come quando parliamo.

 

Ti ho incontrato dentro una pozzanghera di miele

forse è troppo tardi per addomesticare agnelli

[i macellai li hanno già comprati!]

 

Ora, mentre ci beviamo spritz e mangiamo patatine,

li stanno scuoiando.

 

Dentro al deserto

ho fotografato una parte di te

che volevi mostrare alla sabbia.

Abbiamo lasciato scaglie di pelle alle dune.

 

Sei la pergamena che conduce al Graal.

Ma ho mani che non possono toccarti

e una mente analfabeta

che anche se capisce quello che dici

non sa cosa intendi.

 

 

 

Kelly

 

Se perdo rosso per strada

è perché sto portando un cestino di lamponi

che gocciola dal fondo

-      Non perché mi stai dissanguando.

 

Mi racconta della sua famiglia

alla madre e al padre piaceva il crack.

 

È solo un ragazzo mio dio è solo un ragazzo.

I miei genitori non c’erano mai non c’erano mai.

 

Desideravo solo qualcuno

che volesse stare con me per più di 5 secondi.

 

 

Sara Comuzzo (Udine, 1988) ha vissuto in Canada, Scozia, Australia, Nuova Zelanda, Africa, Irlanda e Inghilterra. Dopo anni di lavoro nel sociale, principalmente con senzatetto, bambini di strada, tossicodipendenti e adolescenti problematici, ora insegna italiano a stranieri. Ha pubblicato 4 raccolte di poesie: Mentre loro parlano di non so cosa (Thauma, 2012), Siamo sopravvissuti a un altro inverno (Thauma, 2014), Invecchiano anche le rose (Il Rio, 2014) e Una Bellezza Lontana (Gnasso Editore, 2018). Ha vinto il Premio “Valerio Gentile” con la raccolta di racconti Dove nessuno può cadere (Schena, 2014). Ha appena completato un master in letteratura moderna e studi di genere con una tesi sul teatro di Sarah Kane. Vive e lavora in Inghilterra.

 

 

DANILO  LUIGI  FUSCO

da Canzoniera per Nova Melancholia (inediti)

 

 

- VI -

 

Facciamo l'amore rovesciando biblioteche.

Mi piaci nuda sdraiata su carte aperte

con torace in alto per scalate di dita

di sotto le costole librarie liberano indici

hai per letto spaccati paragrafi

per la tua schiena

di ricaduta a specie di erotismo.

Supina la nuca ti si poggia su capoversi

amanuensi; accade che frantumi colophon

con femori tra dediche di aromi possessivi

«alla mia» - meteore di pronomi ai sentimenti.

Profumi di speranza ma di quella greca

maledetta così addio la cardinale luce,

si cade nell'errore a giustifica di metrica -

è forse questo il meritarci eroi. Tu crociata,

di' non sia teologale virtù l'elpida gemma

e spaccasi scatola a serratura di ciprina.

Sdraiata superi letture sciocche

di borghesia aggettiva «alla mia amata» e orgasmi di titani.

Estinta donna e libro resti silenziosa e dormi

serena su una pira apophoreta analfabeta:

tu mi ricordi - sei bella - la morte per morte.

In terra al sogno immagini tu emanati incendi

al suolo in te s'incarna una seconda Ipazia

ché cenere di poesia è il tuo oscuro vizio d'anima.

Facciamo l'amore rovesciando biblioteche

mi piaci nuda sdraiata sopra carte aperte.

 

 

 

 

- VII -

 

Un déjà vu alcolico, la lobotomia al whisky

di un chiodo arrugginito. La mia scatola

cranica ha subito più diluvi universali

al gin che la mitica panica opaca terra -

piatta tra te con ebrei e greci e atlantidei.

Tu sei l'estasi astemia, profumi di etanolo.

E nel ricamo dialogo dell'abbaiare buio

siamo in logica conversatori primitivi.

Al parlato filologico possediamo in genesi

sistema narrativo. Sicuro è il metodo

collegato da lessemi cotti

in correlativo emotivo: un nuovo mitologema,

ci spostiamo non stanchi

tramite un letto e finestre. Aperti orizzonti marini.

Aperti gli orizzonti marini. Aperti

gli orizzonti i marini. Siamo i creatori di mondi.

E in mare regni da assente nuotatrice,

ti reggo sopra gli abissi: in galla a galla

nero di monacale inchiostro si riversa

tempo trascorso in identità a cumulo

in divenire di mitopoiesi erotica:

elegia domestica in profezia attesa -

fauna nuova fra l'orogenesi dentro italica -

ultima ninfa di acque ferite a felini graffi -

opale riflettente la fisiognomica del male -

pioggia a disinfettare morsi di ombre fiere.

Soltanto frammenti in intime gemme

tra te il definire antico e nuovo. Nausea breve.

Moriamo in un brindisi di rivoluzione.

 

 

 

 

- VIII -

 

Tra folate vieni a punica discesa

per la difesa dalla perifrastica

passiva secondo catoniana

perché ancora scivola da Tunisi il sangue

salato in scogliera. Distesa somigli a una schiena

d'aratro ferita - e nelle vertebre

solcate a sementa il semplicista inaugura

la tua gemma ortopedica: sei il fiore del sale.

Sotto la cauterizzata malinconia al cromo

ti concedi al lapilloso pianto - solo la Kallos

rinuncia al vade retro e ti ammira: i tuoi occhi

lucidi s'annacquano muschiosi

e Bellezza ti dona la risacca

perché ci mostra «Tu non lasci limo»,

hai la pulita pelle - hai l'errata corrige

sul viso in assenza di paura a ritorsione di naufragi.

Bevi da una corolla di calla i medicamenti

amari e contraria a caduta di nuca

alta ti riversi in mare finché Mercurio ti salva

in una stretta penetrante di mani: per tua cura

feroce fu il tatto del dio incastrata frattura -

ti si aggiunge alla prima dattilografia

un trittico nuovo di ossa.

S'infrange la verginità suicida,

è un ex voto l'imene osseo marino.

E l'alato pedestre adagia in mare scesa

ti lascia adagia; e l'onomastica sorride -

i tuoi versi battezzano la nuova falange

nell'ombelico di Saffo distesa annegata:

 

oltre parola, sei la miglioria della morte.

- IX -

 

Ricordo la tua stirpe sopra arazzi

Melania con la spatola tessitrice

di urla ricamate mostra alla parete

il tuo volto

agiografia diretta di santo Inverno.

Emergi dalla più recente tela,

ultima erede spalle contra-mura;

e le archeologiche genealogie dei santi

a blu cornice avvolgono di lino e paglia

le tue vertebre corinzie - l'acanto

ti germoglia accanto e rigida per le radici

piuttosto a cartilagine

quando solitaria ti stacchi da intonaco e tessuto,

passeggi e senti artrosica la scelta

di capitelli per ossa semoventi.

A dolore sollevi i passi

e dietro la bianca schiena

ti lasci luttuose briciole greche di colonne.

Dopo tre passi già stanca cerchi resa

spaventata non volti viso alla conta

della distanza breve. Sei chiamata orfica

dal fondo corridoio la baccante seducente

ripete l'insegnamento «È finita. Torna murata

alla serenità della tua marmorea fuga

di domani di domani di domani». Tu ascolti

bianca in pelle, sei immobile all’ascolto

bianca non d'orrore sintomo a svenire

bianca sei per naturale profezia d'animo

che invoca sventura saporita dal vino cobalto

della notte. E nell'immobile bevuto stato

mentre la figlia del baccanale avanza

al tuo colonnato nudo t'accusi d’oscura

volontà di vita - ignori!, tu resti sì in ferma posa

ma lungamente posi come peana in idolo

modella a Dioniso in riflessione d’ombre

al canovaccio opposto e antico di bellezza.

 

 

Rispondo al nome di FUSCO Danilo Luigi. Nel 1994 - 15 gennaio - sono nato a Caserta per logiche ospedaliere; nel restante tempo dalla nascita cresco e vivo nel paese sannita di Sant’Agata dei Goti, Benevento. Ho conseguito la maturità classica; attualmente continuo lo studio accademico alla facoltà di Lettere classiche dell’ateneo Federico II di Napoli.

Il mio campo di ricerca accademica sperimentale riguarda il metodo mitopoietico nella letteratura comparatistica del Novecento con particolare attenzione rivolta al sostrato linguistico di greco e latino.

Ho sempre considerato silenziosa la natura della mia scrittura; unicamente giunse la scelta di prendere in considerazione la pubblicazione editoriale quando in estate dello scorso anno ebbi in lettura un saggio letterario sul poeta John Keats: conteneva evidenti errori filologici eppure la critica era silente con l'autore dell'opera.

 

Nell’estate 2018 troscorsi due settimane di studio filologico tramite la biblioteca inglese Keats-Shelley Memorial House di Roma; al termine della mia ricerca scrissi un saggio in difesa di J. Keats erroneamente massacrato.

Parallelamente alla scrittura del primo saggio su J. Keats decisi di copiare in una silloge le poesie scritte nell'ultimo anno trascorso della mia vita: copiai versi lasciati su fogli macchiati di Ballantine’s, in una risma da Lettera 35, dentro un quaderno con dedica a James Joyce riportata il giorno in cui un martello distrusse la punta dell’unica stilografica che abbia mai avuto in regalo. In queste poesie ho trattato il tema della Malinconia soffermandomi sul ruolo dogmatico della parola. Il mio vissuto è analizzato tramite una poesia nella quale la metrica e la morfologia rivestono un ruolo universale e non retorico, a guisa del metodo mitopoietico studiato nel corso dei miei anni. Una malinconia compagna sia nei momenti di dolore sia in quelli legati al piacere: uno stato d’animo che racconta una biografia di leopardiana speranza e di sintassi costruita per analogia al periodare della prosa del mito classico, una crasi lontana dal quotidiano eppure estremamente vicina all’intimità dei sentimenti umani: una raccolta per una nuova malinconia; Canzoniera per Nova Melancholia, dunque. 

Convivo in casa con Peana (una cucciola di canelupo), Pangur (un gatto randagio) e Perkins (un riccio africano): Peana, Pangur e Perkins sono battesimi d'onomastica attraverso i quali rendo omaggio a tre letterature per me fondative, greca e irlandese e statunitense.

 

Danilo; 25 anni, sono una parola.

 

 pioggiaobliquascritturedarte@gmail.com

 

 


 

" Pioggia Obliqua una rivista

affermata e prestigiosa."

 

" Un grazie di cuore a 

Pioggia Obliqua i cui molti meriti nei riguardi della "poesia onesta" di cui scriveva Saba non saranno mai abbastanza sottolineati."

 

Alessandro Fo

 

 

 

" Saprà o vorrà ancora la forza accumulata (...) resistere alla forza di omologazione che la tecnologia sembra inevitabilmente portare in seno?(...) Prevedo un lungo periodo di 'agonie', voglio dire di lotta (...) sarà probabilmente quella la forma e la sostanza del poetare che ci aspetta."

 

Mario Luzi

Da un suo scritto per Pioggia Obliqua a proposito del  'senso di fare  poesia', gennaio 1996

 

 

" Io credo che un pò di silenzio ci faccia bene, c’è un coro di voci “troppo alto”, sgraziato, che ci sommerge, e non mi riferisco solo alla letteratura. In questa specie di “frullato” che siamo costretti ad ascoltare quotidianamente, il valore delle cose si perde.

 

Se c’è un attimo di riflessione, di

silenzio, la parola scritta o detta assume maggiore rigore."

 

 

Antonio Tabucchi

 

Intervista rilasciata a Luigi Oldani e

Elisabetta Beneforti per Pioggia Obliqua 

 

 


" Il sito Pioggia Obliqua mi ha "donato questa nota sul mio libro (...), ma l'intero sito è da seguire."

 " (...) e un ringraziamento per tutto ciò che P.O. fa per il mondo della poesia."

 " (..) E la stima è da me ricambiata verso il vostro prezioso sito!"

 (...) sempre attenti e preziosi gli amici di "Pioggia Obliqua".

 

Bruno Galluccio

 

 

" Un bel luogo d'incontro tra scritture."

 

Matteo Pelliti

 

 


" Non so dire se la bellezza salverà il mondo, come pensava Dostoevskij, ma mi piace pensare che sarà così. In fondo, già Stendahl sosteneva che "la bellezza non è che una promessa di felicità". 

 

Vittoria Franco

per Pioggia Obliqua

 

 

" Agli amici tanto tanto amati di Pioggia Obliqua, poeti invincibili della vita, il mio abbraccio umile e il mio ringraziamento, per mantenere la poesia come unica veritá nel mondo."

 

Daniel Fermani Gonzales

 

 

 

 

" Rivista preziosa, che seguo da tempo."

 

Alfredo Rienzi

 

                 

 

 

 

                    

 

 

                  

 

                       Consigli di lettura

 

 

    

 Nella omonima rivista cartacea 'Pioggia obliqua rivista di letteratura e culture', pubblicata negli anni Novanta, una intervista a
Antonio Tabucchi,
Edoardo Sanguineti,
Mario Luzi. 
Un testo di Valerio Magrelli. 
Mario Luzi, Luigi Baldacci, Patrizia Valduga, Attilio Lolini, Gabriel Cacho Millet, Marco Marchi e Loriano Gonfiantini rispondono
sul senso di fare poesia in quegli anni.
Risposte attualissime.

 

 

 

 

 

 

 

 


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