da “Kevlar”
(inedito, 2015, silloge vincitrice del premio internazionale Piero Alinari)
RICORDO CENTRALE (Marina di Lesina)
Presso un lido qualunque
lì sulla spiaggia distrutta
Marina di Lesina pareva
una nube. I tuoi occhi
erano la spiaggia.
Nella spiaggia vi erano
persone distanti e bambini
giocavano sul molo aspettando
il ritorno in superficie
della biscia. La biscia erano
i tuoi capelli. Così i tuoi capelli
nel lago di Lesina, sulla spiaggia
arsa di bimbi e di magie nei voli
di aironi stanchi. E le mie gambe
sottili anguille, e le braccia ranocchie.
Eravamo piccini, diventati granelli.
Poi ti ho vista rinascere battigia
adulta nel boschetto anni dopo
quercia a metà d'un polmone di vento.
Eri diventata dell'aria, di tutto il silenzio.
E io tornato a quel lido, spiaggia qualunque.
da “Kevlar”
(inedito, 2015, silloge vincitrice del premio internazionale Piero Alinari)
CASA BATLLÓ
a Pere Gimferrer
Pere Gimferrer
non l'ho mai visto,
però mi ha detto
una volta che Casa
Batlló non esiste.
È un'immagine
di rose cadute,
un giardino tradito.
Gli risposi che da qui
l'aria è una vertigine
misteriosa, soggiorna
e fa luce più sotto.
E questa casa, casa morta,
volta a un emisfero di crani
rimedia il paesaggio
come un gatto miracolato.
La mia risposta non gli
piacque, e scomparve
dietro la mia giacca.
Però ho tradotto cinque
poesie di Gimferrer.
Una proprio davanti
a questa casa. Ne ricordo
ancora la chiusa: Al vertice
dell’aria vivrà l’aria, nel cerchio
a cupole del vento.
da “Codice terrestre” (inedito, 2015)
19-07-15-14:29
Cresciuto più lungo
il dirupo
nostro selvaggio
è misura
di vita andare
a giorno
e guardare semplicemente
come fa l'anima
l'acqua
negli occhi
e i suoi specchi accumulati
rotte le sembianze
19-07-15-21:32
Gli angeli svuotati
riconoscono il pane
la fame dei morsi
le iene il tempo le fini
i cristi e le madonne
i giuda imparentati
attaccano da ogni lato
scivolano tra le mandibole
le carni fantasma
ma entrano tutti
più tardi concessi
al banchetto
22-07-12-19:42
Per il monte
che sono tornato
per la frescura
onesta
per gli orti
al balsamo
e i volti giambici
e per le finestre
inventate e per
il sudore
che è il mio paese
quando di notte
fa specchi
i suoi muri
e nella gente sorride
riconosce la fine
23-07-15-11:13
I contadini sono fissi
negli orzi
qui pure il sole
lavora
partecipa alla semina
mentre un uomo
muore impagliato
il caldo
ammala i suoi pori
non c'è altro
solo il nudo
del pomodoro
23-07-15-15:52
Inciampare
nel padre
nato morto
il suo callo portato
nell'occhio
e così ancora
tuo figlio tutta
una vita
arrendersi
non basterebbe
23-07-15-16:57
Scrivere la rana
è spaventata
non fa spaventare
la rana
né dire il laghetto
accecato
fa vedere meglio
il fondale
se è vero che si annega
mentendo
allora la poesia
è una boa
galleggia
sulla menzogna
23-07-15-22:30
Giocare al plenilunio
con gli occhi chiusi
i dadi del cuore
tirati piano
alla maniera antica
il numero scomparso dice
boicotta le stelle
ma le stelle sono sole
sprigionano
cieli di gas
e la faccia del pianeta
cade sulle acque
e i volti non più profondi
i volti macchiati
di fibre sono il dio
superstite
l'esistere del legame
oscuro
mentre il dado gira
sulla mano morta
24-07-15-08:44
Trascorso il cadavere
dell'età rimane
scoperto
la sua accensione
ad ogni calendario
svuota le tombe
sarebbe meglio cercare
in certe date la luce
prima delle feste
sapere perché è tardi
26-07-15-20:37
Il calabrone sorridente
nel polline
la sua corazza
è dell'aria
infrange spesso
gli occhi umani
nessun essere sente
presto
il volare se non arriva
bisogna cadere
dicono sia così
un esercizio
vedere la ruota
del giorno
e stringersi in quella
i piccoli bui
26-07-15-23:00
Passare i giorni
a invocare balene
le balene sono pronte
all'oltre del mare
dall'ombelico nero
Geppetto biascica
nessuna profondità
esiste
allora ho capito
io sono Pinocchio
se una balena galleggia
la sua superficie
è la morte
ho capito questo
la balena non è metafora
è l'industria marina
affamata
che si serve di me
"non si è mai ciò che si scrive ma si è scritti da ciò che si è stati"
Antonio Bux
da “Un luogo neutrale” (Edizioni Il Foglio, Piombino, 2015)
III
La via d’entrata
è riconoscersi pietra,
e cedere alla metà
dell’acqua pensante
il cuore e farlo giara
incline nel tempo
per chi vorrà bere.
Così simile l’amore
percorre il corpo,
cresce umido dentro,
e di noi lo alimenta
fino a bruciare nel nucleo.
Poi resta la pietra, resta a metà
l’entrata e bagnata la fuga.
VII
(Scimmiette bannate)
Mi hai bannato gentilmente,
con un rotondino giallo
sorridente d’addio. :-)
Mi amavi da quasi sei post,
l’ultimo no, l’hai trovato
blasfemo. Ci avevo scritto:
“anche io, sai, soffro
la moltitudine”. C’ho riflettuto
per qualche like di troppo, dopo
ho pensato, che se due scimmiette
litigano per un bacio, noi invece
ci baciamo per litigare. E chissà
scivolano prima di noi i nostri corpi
su di una buccia di solitudine.
E sì, che anche il social
network è un cancello
sospeso dove scimmiette
simulano alberi. Allora
forse ho capito perché sono
solo. Non basta l’amore, il frutto
del cuore se poi non matura
un verme nell’altro.
VII
Tornavo da scuola
sempre molto tardi:
mi fermavo ad osservare
le vetrine dei negozi
cinesi; non capivo come
potessero stare insieme
dietro al vetro un ventaglio
ed un profumo francese,
però poi vedevo lo stesso
a casa nel bagno: un intruglio
come shampoo per lavarsi,
e poi quello anche in bocca
quando il nonno voleva un bicchiere.
Perciò ho creduto d’esser cinese
anch’io, quando ho visto il nonno esposto
dentro una bara con accanto un profumo
quasi francese in una bottiglia di shampoo.
VIII
È successo all’improvviso
che praticamente è morto
il vicino mentre mangiava;
beato lui - pensò mio nonno -
almeno se l’è goduta (ed io pensavo
cosa, la mela o la vita?); invece
lui, il vecchio, se ne sta seduto
in panciolle col bicchiere in mano
quasi fosse un mappamondo,
e a scelta ogni sorso è un viaggio
diverso da quello precedente; basta
puntare la lingua come un dito
e scegliere la meta alcolica preferita,
e ricomincia un altro tempo, un altro luogo
dove non conta il treno in ritardo,
il cielo diverso, un universo più rotondo,
ma solo un fondo chiuso nella bottiglia.
Poi è successo un giorno che mio nonno
è morto mentre sceglieva con la lingua
di andare verso un altro continente,
una regione, mi pare, piuttosto bianca
e strana, fatta di pillole ed effervescenze;
è partito alzando il mento, e schiumando bava:
l’ultima cosa che ricordo di lui fu il suo sorriso
mentre con gli occhi sognava l’Antartide,
coi suoi tranquilli occhi color di bicchiere.
BRUTTI FRUTTI
Hanno invaso la fotosintesi
le ultra invisibili scie.
Ora il giorno è di cera
e le piante restituiscono
quello che c’era attraverso
nuove protesi indistinguibili.
LO SPARO SOPRA
Hanno sparato al clima
e quello si è aperto
di un colore nostalgia.
Per questo se ne piove via
dal degrado del cielo
ammalato verso l’incompiuto.
VEGETATIVA
Dai rami bucati
si scopre un inverno tostato.
Dove non cresce più
spontaneo ma diventa
nell’aria un ricordo e risponde
con affanno alla linfa.
Come la mietitura del sole
che macchia in ritardo il suo globo.
CHIMICA IN ASCOLTO
Vedere il flusso dei campi
muovere tempie col grano
apre la terra retroattiva
al primo dio dimentica
il dolore fertile di sé
poiché aumenta lo spessore
nell’aria conosce
le trasparenze del vento
sa del boschivo umano
avanzare sa che non è
sola ma parte mancante
aprendo gli occhi nel giallo
innocuo sfibrato la vastità
questo fiato osservato
sparendo dalla bocca
è chimica in ascolto
di mondi decentrarsi.
IL TAGLIO DELLA ROSA
Le rose sono frutti se non le tocchi,
le rose sono dei morti se tu le strappi!
Canaglia rampicante sei sempre
coraggiosa con le tue sfilze raggianti
d’idrovore raggiungi presto l’aurora
scampata al taglio. Che dici va bene se
di sguincio riesco a raderti la vista?
Ti vedo a stento ma vedo crescerti
dentro quell’illusione di poco prato.
Abbiamo avuto un campo e non sappiamo
come farlo scampare al cielo! Oh che pietà
mi serve per risparmiarti prima del presagio.
Tutte le rose camminano sul mondo
io invece sul monte del ricordo ti ho strappato
via la grassezza. Bella la tua faccia senza più
boccoli capillari. Cammino ancora un po’
per fare finta di calpestarti che c’è l’oscuro
ad osservare in cagnesco. Ora o mai più!
CAMICE DI CUORE
Camice di cuore, ho provato a spigare
montagne, ma nessuno le ha volute
comperare. Vendevo nebbie, anche, dal
banco degli ultimi, e le scorie dei campi
per un calice vuoto, di memorie verdi.
Un segnale, è stato meno di questo,
sotto il freddo della vita. È stato dirlo,
avvertire il monsone, il sistema termico
del piano superiore, concentrando aria
di nessuno addosso, costruendo mura
su di noi già fermi. Camice sventrato
senza più cuore, io ho provato a reagire
ma il sole è troppo loro. Io ho provato
a spostare la luce, qualcuno ha provato
a metterla in fiore, ma già sono morti
tutti e niente rimane splendente. Camice
di sangue la mia mente malata prega
sotto la quercia con il verme piegato
nel tronco dell’ombra. Tu sei la cappa
strappata al mio petto, la forza girata
nella mano della semplice elemosina.
La sola moneta a valere te è l’attesa.
da “Sativi” (Eretica Edizioni, Buccino, 2015)
15.
Il muro è dentro
il lento di ognuno
sopportata l’altezza
1.
Mordo una pesca
succosa
somiglia alla vita
che non ho in mano
com’è bella la felicità
del morso
senza la pesca
8.
Vivono di bugie i rami
guardali attraversare l’aria
come questi mentono
così le foglie così i fiori
muti tra le corolle
umane di cervelli d’alberi
e sentieri donne
8.
Se le radici sulle rotaie fermano
la luce nel suo scorrere di dietro
allora il grano sempre ingigantisce
l’orizzonte e così simile trasmette
tra ciò che è detto e ciò che è stato
un fil di vero uguale labile cambiato
1.
Verrebbe da ridere se la pioggia
ah se la pioggia venisse dalla terra
quante risate guardando il cielo
riempirsi di specchi sul fondo
16-03-2015 (1)
Cielo è senza uomo, sì
come terra è senza uomo
per sempre se non altro
che l’uomo è senza sé
Nessuno vive ed è
verità saperlo se sette
sono i peccati non c’entrano
con il male ma lo stesso
scriverne comporta peccare
quando per intero sarà finito
ciascun essere e varrà meno
il suo restando forse solo
un equivalente del mondo
saprà l’infinita metafora
21-03-2015
Prendi come criterio il bosco
che hai sempre desiderato
dove brucia e perché lo sai
ora tutto dentro la fiamma
in te stesso
nella gomma della radice
ecco il criterio adulto
fondato sulla combustione
della viva sorgente gialla
(ciò che non toglie felicità
ma la espande in cenere
per i fuochi dove verranno)
Non dorme più nessuno. Eppure
gli occhi non comandano, non
dirigono la mente o il corpo verso
l’alta definizione. Però si sogna,
ognuno sogna a vuoto, di andare
comunque, nel rimpiazzo delle nuvole.
Dove ogni saluto è aria che si sposta,
aria che fa massa, aria un po’ più eterna
se si saluta sognando, se è un sorriso
di sogno o solo un’eco il risveglio coperto.
Ma è un’eco, laggiù, il saluto che ci sveglia?
Qui non dorme più nessuno. Si dovrebbe
sbadigliare paralleli, o sbagliare atmosfera
baciando, perdersi come in un sonnifero
troppo dolce: chiuso l’occhio, aprirlo insieme,
scendere lentamente sottobraccio, nell’eclissi
24-03-2015
Ho visto la verità
spegnersi nel fiore
del campo già mutato
a umanità.
Ma non è la verità
quella del creatore
saper di distruggere
lo stesso per creare?
Ho scoperto che nel segreto
del frumento vive la buona
gente se nel frumento la buona
gente sceglie lo scarto e del veleno
rompe la paglia con il suo interno
ci digerisce l’altrui segreto poi mantenendo
questo frumento ancora intatto se vive
bene in quel mistero la gente è buona
04-04-2015
Fammi lottare senza la forza del pensiero,
ché non è più forza un corpo se si pensa
Essere ciò che si scrive. O cancellare
nello scriversi, la memoria di chi legge.
Perché non si legge che per uscire
dalla materia letta, e nell’identità vuota
dire ciò che resta, scritto a metà. Questa
l’evidenza della scrittura. Tradirsi al reale.
Come se per leggere bastasse uscire
uguale all’autore, dai margini e poi tornare
più vuoti, nella nudità del vero o cancellati
di nuovo dall’assoluto. Perché eternità non è
fermare un volo d’angelo, ma scriverne dell’ala
che si stacca, e vivere nello scritto quel dolore,
per poi dimenticare la ferita nella prossimità
di quando si imita un volo. Senza mai volare,
imitarne la gravità. Così scrivere diventa essere
se stessi nel grave, gioco a perdere della
memoria; un leggero dormire, nella veglia
continua del leggere, scrittore o lettore
nessuno, luce muta di un solo buio
14-04-2015
Bianco è il destino
di chi non vuol vedersi.
Ma se eternità
è non vedersi
finalmente bianchi
di sole luci precedenti,
è un colore il destino
irreversibile.
Per questo si vede
all’improvviso
ed è un bianco
più forte l’eterno
scolorando
Non fermeranno i colori.
Crescendo, saranno sempre
gli stessi a dire il daltonico
se muoverà il nero di questi
a favore di un arcobaleno più cieco,
o contro chi, affermando l’invisibile,
imiterà quel momento e il cristallino
calcando e ricalcando più niente.
Sarà la stessa guerra di sempre,
grigiori contro ogni giorno,
ma nessuno muterà l’evidenza,
il sole scoprirà ancora tutto
La poesia " un’esigenza di sacrificarsi quotidianamente, scrivendo contro se stessi per salvarsi, insomma una sorta di preghiera verso un muro lento, che è d’io (ognuno, qualora si scoprisse veramente, diverrebbe una specie di muro in divenire). "
Antonio Bux
Antonio Bux
Suoi lavori e recensioni sono apparse in numerose antologie (tra le quali: InVerse 2014/15 - Italian poets in translation; a cura di Brunella Antomarini, Berenice Cocciolillo e Rosa Filardi, John Cabot University Press, Roma, 2015) e sulle pagine culturali dei maggiori quotidiani nazionali (come Corriere della sera e L’Unità) oltre che in diverse riviste (tra le quali Poesia, Italian Poetry Review, La manzana poetica) e lit-blog (come Nazione Indiana, Poesia 2.0, Vallejo&Co.) sia nazionali che internazionali, dato che molti suoi testi sono stati tradotti in varie lingue. Ha curato la traduzione del libro Finestre su nessuna parte (Gattomerlino Superstripes, Roma, 2015) dell’autore spagnolo Javier Vicedo Alós, oltre che la traduzione di testi scelti di autori tra i quali Leopoldo María Panero e Julio Cortázar. Ha pubblicato vari libri (Disgrafie (poesie 2000-2007); Trilogia dello zero; Turritopsis; 23 (fragmentos de alguien); Sistemi di disordine quotidiano; Un luogo neutrale; Sativi; El hombre comido), due dei quali, scritti direttamente in spagnolo, sono usciti in Argentina. È risultato finalista e vincitore di alcuni premi, tra i quali il premio Iris di Firenze, il premio Minturnae il premio Piero Alinari e il premio Lorenzo Montano.
Dirige, per le Marco Saya Edizioni di Milano, la collana Sottotraccia.
Le due citazioni di Antonio Bux sono tratte da un'intervista di Massimiliano Damaggio all'autore su Margutte.com, Antonio Bux: Fare poesia è esigenza di sacrificarsi quotidianamente, del
24 Maggio 2014.
La pagina viene presentata per gentile concessione dell'autore a Pioggia Obliqua