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    SPAZIO ALLA BELLEZZA

 

 

 

 

 

Siamo a proporre ad alcuni poeti e scrittori , filosofi, artisti,

di scrivere alcune loro brevi considerazioni, pensieri, versi,

sulla bellezza,

"concetto-forma" dalle varie sfumature, espresso in varie modi

ma mai così necessario oggi ,

nella società attuale.

 

 

 

 

 

Qualche riflessione sulla bellezza

 

 

 

di Vittoria Franco

 

 

 

Descrivendo il percorso artistico che lo portò a scoprire e ad assumere l'arte africana, Matisse così si esprime: "A differenza delle sculture europee, che si basano sempre sulla muscolatura, sulla descrizione dell'oggetto innanzitutto, quelle statuette africane erano create partendo dal materiale, mentre forme e proporzioni erano inventate". Matisse non parla esplicitamente di "bellezza", ma si sofferma sui diversi canoni estetici che ne sono alla base. La bellezza del marmoreo David michelangiolesco o degli imponenti bronzi di Riace è diversa dalla bellezza di una statua lignea africana. Ma ciò non toglie che per tutti possa essere adeguato l'aggettivo "bello". La bellezza si esprime in una infinità di linguaggi e forme.

 

I classici definivano il bello attraverso il vero o lo identificavano con la virtù; oppure con l'amore o con l'eros. Concezioni che continuano a ritornare, sia pure in termini diversi, in autori più vicini. "Quando tutti saranno buoni, tutto sarà bello", sostiene Tolstoj identificando il bello con il moralmente buono.

 

Si parla anche di bellezza divina. Basti ricordare quanto scrive Simone Weil: "In tutto quel che suscita in noi il sentimento puro ed autentico del bello, c'è realmente la presenza di Dio. C'è quasi una specie di incarnazione di Dio nel mondo, di cui la bellezza è il segno".

 

Un senso estetico si manifesta anche nelle scienze, come la matematica o la fisica. Una dimostrazione del matematico ungherese Erdōs, ad esempio - "la somma degli inversi dei numeri primi diverge" - viene definita "di irresistibile bellezza" (of compelling beauty). E la einsteiniana teoria generale della relatività è unanimemente considerata "bellissima".

 

Ma che cos'è il bello? Dobbiamo concludere, come l'Idiota di Dostoevskij, che "la bellezza è un enigma?"

 

Ci si è cimentati nel tempo con tentativi di stabilire canoni oggettivi della bellezza, come l'armonia, la simmetria, l'equilibrio. Ma è evidente che questi non sono sufficienti a esprimere la complessità del concetto; non possono essere canoni esclusivi, che impedirebbero di considerare belli le statuette sproporzionate di cui parla Matisse o dipinti come Le desmoiselles d'Avignon di Picasso che sconvolgono i canoni classici e distorcono le figure.

 

Dobbiamo invece prendere atto che la bellezza è una categoria che si può definire solo in termini relazionali e associandola ad altre categorie. Voglio dire che chi giudica è autorizzato a chiamare in causa anche le sue individuali reazioni ed emozioni, anche se spesso esse sono condivise da una comunità, da una generazione, da una cultura in una data epoca.

 

Un'opera è bella quando riesce a comunicare il senso e la profondità di una ricerca, il lavorio personale dell'artista, le innovazioni che porta, le interpretazioni del mondo che sa porgere.

 

È bello ciò che suscita passioni, desideri, moti dell'animo, gioia, benessere, associazioni mentali, coinvolgimenti, senso dell'immenso, di un'infinita libertà, magari di onnipotenza. La bellezza può essere un "piacere senza interesse" come per Kant, ma anche "ci può trafiggere come un dolore", come per Thomas Mann.

 

È bello ciò che alimenta lo spirito o dà un'anima alle cose. L'Infinito di Leopardi è una poesia sublime. Lo è di per sé, ma anche perché fa diventare bello persino quel suo "ermo colle".

 

Non so dire se la bellezza salverà il mondo, come pensava Dostoevskij, ma mi piace pensare che sarà così. In fondo, già Stendahl sosteneva che "la bellezza non è che una promessa di felicità".

 

Non posso non ricordare in chiusura l'Inno alla bellezza di Baudelaire:

 

Venga tu dall'inferno o dal cielo, che importa,

 

Bellezza, mostro immane, mostro candido e fosco,

 

se il tuo piede, il tuo sguardo, il tuo riso la porta

 

m'aprono a un Infinito che amo e non conosco?

 

 

 

 

 

 

Vittoria Franco, già ricercatrice alla Scuola Normale Superiore di Pisa, ha insegnato Storia delle dottrine politiche nell'Ateneo pisano. Senatrice della Repubblica Italiana per tre legislature, è stata presidente della Commissione Cultura. È autrice di molte pubblicazioni di storia del pensiero filosofico, di bioetica, di studi sul genere. Fra i suoi scritti: Etiche possibili, Bioetica e procreazione assistita, Care ragazze, Figure e metamorfosi di un concetto, tutti per i tipi di Donzelli editore. È coordinatrice dell’Associazione “Per un nuovo mondo comune”.

 

 

 

 

 

 

 

L'idea della bellezza,

un tabù.

 

A quel che vedo, a quel che sento, ci sono due stati della bellezza e, per me e nella mia vita, si escludono a vicenda. Troppo improbabile per me trattare filosoficamente della bellezza, perciò dico stati e non idee. L’idea della bellezza è un tabù. Non so dirne niente di più o di meno rispetto ai classici; è sempre quella dei classici l’unica idea di bellezza: La Bellezza è il Vero e il Buono. Ma che coincida sempre con la virtù non sarei così sicura. Mi chiedo addirittura se abbia un senso oggi pronunciare questa parola ossitona e altisonante. La parola Virtù potrebbe essere definita un arcaismo. Ecco dunque perché il tabù: l’aggettivo bello, bella sono abusatissimi, sono diventati un intercalare, un modo per non dire nulla riguardo alla cosa o alla persona cui viene riferito l’aggettivo. Anzi, il sintagma “bella persona” è una delle espressioni più odiosamente ipocrite che circolano fra le bocche dei parlanti italiano contemporaneo. A riprova che la Bellezza è un tabù. Non si osa dire della Bellezza filosoficamente, fra gli artisti. Non è più la Bellezza la ragione delle arti. Nessuno si sognerebbe mai di parlare sul serio usando i termini bello bella bellezza. Eppure è un’area terminologica abusatissima. Ecco le due bellezze, a quel che vedo, a quel che sento. La prima ha il segno negativo del consumismo. Davanti ad un negozio di bigiotteria due ragazze, due signore, borbottano bello bellino uh guarda bellino questo. Di fronte ad un negozio di computer due ragazzi, due signori, fanno la stessa cosa. E’la banalità rassicurante del bello che si può, anzi si deve, comprare. Mi viene sempre in mente con sgomento la saggezza de I King. L’I king 20, la Bellezza o L’avvenenza, è un responso imbarazzante. Indica la superficialità, non la leggerezza, la stupidità quasi del consultante, la sua fatuità. Il bello contemporaneo è un fuoco fatuo, è l’assurdità delle quotazioni nel mercato dell’arte, è la vittoria della bella apparenza che nasconde la cattiva sostanza. Non è la Virtù, è piuttosto l’apoteosi del trionfo della merce inutile. Poi c’è l’altra bellezza, quella di cui non si può più parlare, quella che non può più fungere da parametro di valutazione di un’opera. Se dico questa poesia è bella non sarà perché rispetta le forme metriche parlando dei fiori. Almeno non per me. Se dico che una poesia è bella, ancora, come i greci antichi, lo dico perché mi apre un varco o almeno uno spiraglio su qualche verità, e lo fa in maniera inedita e sorprendente. Se dico che una poesia è bella è perché mi fa conoscere qualcosa. Per me Bellezza significa solo conoscenza e non è detto che una conoscenza veicoli una virtù, anzi spesso è vero il contrario. Spesso per me, oggi, una poesia è bella se rivela l’orrore e lo strazio in cui siamo immersi senza la presunzione di redimerli. Ché non mi pare sia dato agli umani redimersi attraverso la Bellezza, se Virtù è una parola svuotata di senso. In segreto però cerco, trovandola solo nella letteratura mistica (che sia o meno in versi) di ogni tempo e paese, la Grande Bellezza, quella che illumina sulla Verità. Ma può solo restare un segreto, una mutezza stupita, un fremito dell’intelligenza e del sentimento, un tabù. Un fremito, al massimo. Altrimenti potrei dire, con un arcaismo di cui mi vergogno meno rispetto ai succitati, l’Ineffabile.

 

ROSARIA LO RUSSO

 

 

 

LA MALATTIA DELLA BELLEZZA

 

Noi, che abitiamo un mondo in cui la bruttezza impera, e la volgaritá é il pane quotidiano che dobbiamo mangiare anche a disgusto.

Noi, nati per essere simili alle divinitá. Noi che abbiamo imparato una lingua immortale per cantare in versi meravigliosi la perfezione del dolore umano. Noi poeti, esuli della bellezza. Noi amanti esiliati dalla dolce anima dell’universo. Come faremo a sopravvivere?

Nell'epoca barocca accostavano la bellezza alle cose immobili, gioco di luci e ombre che risaltava per contrasto la splendente sagoma di quello che meritava essere tenuto come sublime.

Noi uomini e donne del ventunesimo secolo conviviamo con l’orrore, e ci obbligano a vedere le mostruositá come se fossero esse il modelo agoniato, l’ideale di bellezza. Ah, quanto é dura l’esistenza per chi ha maturato la sua mente nel rigore dello studio, per chi ha raffinato il suo spirito nell’orbe severo e fantastico del pensiero.

La ricerca della bellezza é, per queste persone, inalienabile ed essenziale come l’aria, come l’acqua. Ma spesso la loro battaglia sembra agli occhi degli altri una strana forma di autismo,  una demenza senza possibilitá di guarigione, una triste e assurda  malattia. Siamo in tanti! Gridano disperatamente i poeti, mentre miliardi di maiali manipolano il mondo verso l’immondizia e la morte.

E’ urgente rispondere con assoluta sinceritá a questa domanda: puó sussistere il genere umano senza i poeti?  Si alzerá la voce di tanti benintenzionati che diranno: No! Ma la veritá é molto piú netat e inequivocabile: non soltanto l’uomo e la societá potranno sussistere senza i poeti e la loro creazione fatta di parole; l’essere umano si é giá messo all’opera per fare estinguere questa razza dannata che soltanto crea immaginazione e fantasia, e che non rende profitti al perfetto sistema materialista.

Ad un mondo senza anima siamo diretti, tutti gli esseri umani, e noi poeti forse saremo gli ultimi ad arrivare; ma una volta estinti, tutto sará piú facile.

 

Daniel Fermani

 

 

 

 

Mi sono chiesto

più volte da dove provenga ciò che noi dichiariamo essere bellezza,

e con quali strumenti del nostro corpo, e con quale corpo noi siamo in grado di riconoscerla.

Quali sono i canoni per cui noi sappiamo, e siamo tutti d'accordo (dato importante),

che questa è bellissima e quella è bella e quell'altra è bruttina e quell'altra ancora è bruttissima?

Io credo che esistano dei codici a noi sconosciuti:

credo che, dentro di noi, vi sia una nostalgia antica, più antica della memoria,

espressa da un'irrequietezza "naturale", che spesso degenera nell'ossessione,

talvolta impietosa, per la quale rincorriamo, desiderariamo e veneriamo immagini, volti, colori, movimenti,

elementi animati e statici che forse soffiano sull'anima la polvere di un paradiso perduto

che non ricordiamo d'aver perduto.

 

 

Riporto una mia poesia inedita estratta dal Poema "Lechitiel",

recensito su Poesia n°312 da Maria Grazia Calandrone:

 

La bellezza giunge

quando angeli e demoni

smettono di affrontarsi

e si raccolgono

in una carne comune

priva di coscienza e di fondamento:

liberi,

gli uni dal paradiso,

gli altri dall'inferno.

E sento l'angelo tentato da Lussuria

e il demone da Amore

e io da un geniale tormento.

 

La bellezza:

non c'è nessuna differenza

tra innamorarsi della bellezza

e vivere una vita dannata.

 

 

Andrea Bassani

 

 

 

 

Alcuni versi

che esprimono una riflessione sulla bellezza

dall'inedito Naturario di Antonio Bux

 

 

 

Se mai capire voglia dire penetrare

 

allora vedi cosa apre la bellezza:

 

bare inutili se non riesci più a morire;

 

ma morire se vuol dire andare a male

 

non è sapere che il rimpianto ci resiste;

 

è questo stare male in cui si muore.

 

 

 

 

 

La bellezza è irraggiungibile

 

proprio perché raggiunge.

 

Guarda l'ostacolo te stesso:

 

non rimarrà troppo in te

 

se sarai superato. Ma l'oltre

 

crea distanze, solo se vicino;

 

perciò bellezza è dire meno

 

quel cercarsi, cancellando.

 

 

 Tra poco verrà il mare 
se saprò nominarlo
 e i suoi effetti celestiali
si faranno avanti 
e alcune conchiglie 
enormi senza perle 
medievali dall’abisso
 mostreranno il perigeo
 dagli uomini della pietra 
e parleremo la stessa lingua 
popoli affondati con gli dei 
extraesseri e fiordi del Nord 
le piante tutte riuniranno 
sotto le ombre dei ghiacci 
finalmente arriverà la palude 
il blu comprensibile la sempre foresta

 

A.BUX

 

dal libro "Naturario" (inedito, 2015)

 

 

LA SCUOLA DELLA BELLEZZA

 

Alla scuola della bellezza vanno gli uomini per ritornare fanciulli.

È giunto il momento di entrare. La campana chiama i naufraghi a raccolta.

Gira sui cardini l'armonia celeste. Gli scolari s'affollano

con gli zaini pieni di gigli. Sui soffici prati siedono

col naso all'insù e la testa tra le nuvole. Maestra di sogni la natura che li accoglie.

Stupore è la prima lezione. Tutt'intorno giostrano luci e ali.

Sotto lo sguardo del sole impazzano i piccoli adulti come api tra i variopinti fiori

e con sorrisi e canti impollinano l'aria. E gioia si sparge in ogni luogo.

Crescono nei mondi arati parole nuove.

 

Alla scuola della bellezza vanno gli uomini e ritornano fanciulli.

 

Varcata per sempre la soglia. Suonata la sveglia tutte le ore vanno a lezione.

Simpatia è il tema universale. Ogni cosa lascia la foresta e riposa

nell'alfabeto d'amore. Nessun elemento è pari all'altro e tutto un paesaggio si distende

nella magia delle somiglianze. E l'intera volta celeste si specchia nel Volto

delle terrestri creature. Uomini crescono. Piccoli giganti nello spazio interiore

dove non c'è frontiera ma casa aperta all'infinito. Nido di tutti gli esseri

che vegliano nel silenzio e nel canto che custodisce gli angeli. A frotte

vengono i sogni da boschi fiumi e valli. Dai monti o d'altrove. Usciti dalla notte.

 

Alla scuola della bellezza gli uomini crescono. Diventano fanciulli.

 

Fissa è ormai la dimora. Nuova arca è la scuola per l'alleanza d'amore.

Sbocciata la bellezza Dostoevskij riposa nel suo letto di stelle. E io che qui la decanto

danzo tra le nubi in celeste Beatitudine. Ed è la lezione che ricevo

dalle poete creature. Da foglia sasso formica e dagli esseri di ogni specie.

E sono io il sognatore. E nutro di sogni la parola che si fa uccello accanto agli aquiloni.

In questo cielo di carta dove gli uomini e il mondo ritrovano l'infanzia.

Eppure Tutto è un miracolo. Il mio cuore è una cosmica capanna. E l'universo

viene ad abitarla. Se un solo verso conquista una fetta di cielo

alla realtà basti il sogno per impalmare l'intero firmamento.

 

Guglielmo Peralta

 

 

 

 

Davanti a un quadro

  

 

Prima di essere immagine del mondo

verità oltre gli occhi

 

sei carta muro tavola

 

liscia superficie bianca

polvere variopinta

 

dalla materia grezza nasce

questa bellezza che ammiro.

 

 

 

 

 

Giancarlo Baroni

 

 

 

 

 

 

Quando cammino in un sentiero tra valli di montagna e il sentiero mi ferma, mi costringe al silenzio, alla comunione con tutto intorno e sono lì in piedi e non mi muovo e non penso, guardo e poi non so più se vedo o se semplicemente ancora sono e siamo…non importa più se è vita o non lo è…

Bellezza è scomparire in qualcosa che sentiamo, non necessariamente ‘bello’ o ‘brutto’, è un tempo che si crea quando guardiamo e partecipiamo, diventiamo, ispirati o in creazione.

E’ uno spazio da offrire e che ci viene offerto.

 

L. O.

fotografia di M. Oldani
fotografia di M. Oldani

 

 pioggiaobliquascritturedarte@gmail.com

 

 


 

" Pioggia Obliqua una rivista

affermata e prestigiosa."

 " Un grazie di cuore a 

Pioggia Obliqua i cui molti meriti nei riguardi della poesia non saranno mai abbastanza sottolineati."

 

Alessandro Fo

 

 

" Saprà o vorrà ancora la forza accumulata (...) resistere alla forza di omologazione che la tecnologia sembra inevitabilmente portare in seno?(...) Prevedo un lungo periodo di 'agonie', voglio dire di lotta (...) sarà probabilmente quella la forma e la sostanza del poetare che ci aspetta."

 

Mario Luzi

Da un suo scritto per Pioggia Obliqua a proposito

del  'senso di fare  poesia', gennaio 1996

 

 

" Io credo che un pò di silenzio ci faccia bene, c’è un coro di voci “troppo alto”, sgraziato, che ci sommerge, e non mi riferisco solo alla letteratura. In questa specie di “frullato” che siamo costretti ad ascoltare quotidianamente, il valore delle cose si perde.

 

Se c’è un attimo di riflessione, di

silenzio, la parola scritta o detta assume maggiore rigore."

 

 

Antonio Tabucchi

 

Intervista rilasciata a Luigi Oldani e

Elisabetta Beneforti per Pioggia Obliqua 

 

 


" Il sito Pioggia Obliqua mi ha "donato questa nota sul mio libro (...), ma l'intero sito è da seguire."

 " (...) e un ringraziamento per tutto ciò che P.O. fa per il mondo della poesia."

 " (..) E la stima è da me ricambiata verso il vostro prezioso sito!"

 (...) sempre attenti e preziosi gli amici di "Pioggia Obliqua".

 

Bruno Galluccio

 

 

" Un bel luogo d'incontro tra scritture."

 

Matteo Pelliti

 

 


" Non so dire se la bellezza salverà il mondo, come pensava Dostoevskij, ma mi piace pensare che sarà così. In fondo, già Stendahl sosteneva che "la bellezza non è che una promessa di felicità". 

 

Vittoria Franco

per Pioggia Obliqua

 

 

" Agli amici tanto tanto amati di Pioggia Obliqua, poeti invincibili della vita, il mio abbraccio umile e il mio ringraziamento, per mantenere la poesia come unica veritá nel mondo."

 

Daniel Fermani Gonzales

 

 

 

 

" Rivista preziosa, che seguo da tempo."

 

Alfredo Rienzi

 

                 

 

 

 

                    

 

 

                  

 

                       Consigli di lettura

 

 

    

 Nella omonima rivista cartacea 'Pioggia obliqua rivista di letteratura e culture', pubblicata negli anni Novanta, una intervista a
Antonio Tabucchi,
Edoardo Sanguineti,
Mario Luzi. 
Un testo di Valerio Magrelli. 
Mario Luzi, Luigi Baldacci, Patrizia Valduga, Attilio Lolini, Gabriel Cacho Millet, Marco Marchi e Loriano Gonfiantini rispondono
sul senso di fare poesia in quegli anni.
Risposte attualissime.

 

 

 

 

 

 

 

 


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