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I foto-Reportage

di Isabella Mancini

Hanoi,

testa e cuore

del Vietnam

Hanoi,

testa e cuore

del Vietnam

 

di Isabella Mancini

 

 

 

Capitale del Vietnam, 130 chilometri dal Golfo del Tonchino, più di tre milioni di abitanti. Hanoi si fa accarezzare dal fiume Yuan, il fiume Rosso, largo e imponente,  che dalla provincia dello Yunnan arriva qua dopo aver attraversato la provincia di Lao Cai e chiude il suo cammino nella provincia di Haiphong. La storia di Hanoi è  storia politica del paese: capitale dell'Indocina francese nel 1902, occupata dai giapponesi nel 1945, liberata da Ho Chi Minh nello stesso anno quando la proclamò capitale della Repubblica Democratica del Vietnam il 2 settembre. Poi ripresa dai francesi e liberata, definitivamente nel 1954. Dovette però aspettare la fine della  guerra con il Vietnam del Sud e l'unificazione del paese per diventare capitale della Repubblica Democratica Popolare del Vietnam.

 

E forse, per iniziare a conoscerla, si può partire dalla piazza che oggi ospita il Mausoleo di Ho Chi Minh ma che il 2 settembre del 1945 sentì le parole del leader  politico, quelle della dichiarazione di indipendenza dall'occupante francese. Ho Chi Minh voleva essere cremato ma i suoi successori preferirono seguire le orme di  altri esempi illustri: Lenin, imbalsamato a Mosca. La piazza di fronte al mausoleo è immensa. Attraversata da uomini e donne che fanno footing la mattina presto, taichi, ginnastica dolce. Per entrare al mausoleo si segue una fila silenziosa, lenta, ordinata. Niente macchina fotografica, niente occhiali da sole, cappelli, spalle  scoperte. Si cammina lentamente senza fermarsi dentro a una stanza fredda e in semioscurità. Mentre passo non riesco nemmeno a capire bene se quello che sto vivendo è  vero e l'unico pensiero che mi abita la testa è: "Povero!" Una volta fuori sfoglio il libro delle sue poesie, quelle scritte durante la detenzione, quando la indomabile natura del suo paese gli offrì la sponda per sopportare la detenzione. 115 quartine e poemetti in stile cinese classico.

 

 

 

 

La rosa

 

La rosa s'apre, la rosa

 

appassisce senza sapere

 

quello che fa;

 

Basta un profumo

 

di rosa smarrito in un carcere

 

perché nel cuore

 

del carcerato

 

urlino tutte le ingiustizie

 

del mondo.

 

 

 

 

La cultura cinese permea profondamente la storia del Vietnam. Il primo stato vietnamita è quasi leggendario ma sono le dinastie cinesi a dominare il paese in modo  continuativo dal 207 a.C. fino al 938 d.C. Dopo rimase uno stato tributario del suo potente vicino fino alla fine dell'800 quando la Francia occupò la regione  chiamando l'area semplicemente Indocina. Le condizioni di sfruttamento della popolazione vietnamita sotto la colonizzazione francese furono terribili. Scriveva nel 1932 la femminista Andreè Vollis, di ritorno da una visita nei campi di caucciù nelle terre del Tonchino: "A mezzogiorno come di sera, quando gli si distribuisce la  loro razione di riso spesso ridotta di un centinaio di grammi, devono per prima cosa preparare il pasto dei capi e, inghiottito l'ultimo boccone, rimettersi al lavoro,  anche se ricoperti di piaghe per via di mosche e anche se tremanti per la febbre. Tutto questo per essere pagati da 1 franco e 20 a 2 franchi al giorno, che non ricevono mai interamente per via delle ritenute, delle ammende, degli acquisti..."

 

Ecco che la battaglia di Dien Bien Phu, piccolo villaggio del nord ovest del Vietnam, dove le truppe del corpo di spedizione francese furono battute dalle truppe  indipendentiste del Viet Minh, è ricordata in strade, piazze e vie. La battaglia iniziò a marzo del 1954 e fu portata avanti con 56 giorni di assedio dalle truppe del  comandante Giap: dei 20mila soldati francesi ne morirono 5mila, alte anche le perdite vietnamite (8mila persone) ma furono i prigionieri il grosso bottino di Dien Bien  Phu, un terzo del totale della guerra. La battaglia vinta in questo paesino di montagna portò agli accordi di Ginevra, portò alla divisione lungo il 17° parallelo del  Vietnam in due parti portò poi alla terribile guerra tra Nord e Sud. Questo paesino oggi contra tra i 70mila e i 120 mila abitanti, per la maggioranza di etnia Tai  solo un terzo appartiene a popolazioni vietnamite come gli Hmong, Si La.  Sono 54 i gruppi etnici riconosciuti nel paese, molti sono conosciuti come Montagnard o Degar e in gran parte vivono nelle zone montagnose del Nord Ovest del paese al confine tra Cina e Laos. I Viet rappresentano il 76% della popolazione totale del paese e la leggenda della loro "nascita" è quella della nascita del Paese tra dragoni  e uova da cui nacquero i capostipite della prima prima dinastia Vietnamita. Per scoprire qualcosa di queste 54 etnie il primo posto da visitare è il Museo etnografico di Hanoi: collezioni di oggetti di vita quotidiana, arte sacra, gioielli etc per raccontare la vita dei popoli di questo grande paese.

 

Hanoi poi è un groviglio di motorini, macchine, camioncini, biciclette, di fili elettrici che penzolano dalle vie, attorcigliati come serpenti ai pali della luce che ormai sono stati completamente inglobati. Un po' di pace la si può trovare sulle sponde del lago Hoan Kiem dove si trova il Tempio della Montagna di Giada. Qui tutto ebbe origine, come narra la leggenda secondo cui l'imperatore Le Loi un giorno si trovava in barca sul lago, quando una tartaruga d'Oro divina ( Kim Qui ) emerse dalle acque e chiese la sua spada magica. Loi capì che Kim Qui era venuta a reclamare la spada che il suo padrone, un Dio locale, il Re Drago aveva dato a Loi qualche tempo  prima, durante la sua rivolta contro la dinastia Ming cinese. Loi rinominò il lago per commemorare questo evento. Al centro del lago c'è una piccola isola dove sorge  la Torre della tartaruga animale che fino a qualche tempo fa abitava veramente queste acque, oggi ridotto a pochissimi esemplari. I laghi sono un segno caratteristico della città: il più grande lago dell'Ovest, il Tay Ho, è un luogo di passeggio e svago e ospita la più antica pagoda della città, la Pagoda Tran Quoc, trasferita su un isolotto nel 1615.

 

Il suo asse parte da una torre ottagonale a 11 piani, passa attraverso una sala delle udienze e raggiunge il tempio principale che conta sette ordini consecutivi di bodhisattva e Buddha. Fuori è il regno dei venditori ambulanti: chi prepara dei piccoli giochi su bastoncino per i bambini e chi vende incensi, chi frutta appena tagliata e chi invece un dolce caramelloso servito tra due ostie saporite. Per chi vuole rimanere ancora un po' legato ai percorsi dell'antica storia del Vietnam,  prima di addentrarsi in quelli della Storia più recente, tappa da non perdere è il Tempio della Letteratura, raro esempio di architettura vietnamita. Tempio confuciano costruito nel lontanissimo 1070 divenne sede della prima università del Vietnam nel 1076 e tale rimase fino al 1802 quando l'allora imperatore decise di trasferire la capitale, e con essa l'Università nazionale, a Huè. Cinque sono i cortili a cui si accede attraverso il grande porticato, una entrata a due piani con tre cancelli  tenuti a guardia dai cani leone che lasciano entrare solo i buoni. Nel terzo cortile si trova una grande vasca, il Pozzo della Celeste Chiarezza e si deve far la fila  per vedere le 82 steli sorrette da tartarughe dove sono incisi i nomi di 1306 laureati che raggiunsero la fama: nome, luogo, data di nascita di ogni laureato. Poi  nell'ultimo padiglione la Grande Casa delle Cerimonie e il santuario dove la statua di Confucio è circondata dalle statue dei suoi discepoli più fedeli.

 

Fuori dal tempio ancora numerosi ambulanti che possono veramente vendere di tutto. Ma, a fianco dei numerosi “ristoranti” lungo la strada che servono piatti particolari come la coda e i testicoli di vacca e toro, si trovano anche degli “scriba”: vestiti in abiti tradizionali, muniti di pennelli e pergamene, accolgono giovani studenti che prima degli esami, o a conclusione dell'anno scolastico, si fermano qui per farsi scrivere in cinese mandarino classico una poesia o un verso di buon auspicio. Per chi vuole poi proseguire il viaggio nella storia del Pese ci sono i numerosi Musei dedicati alle armi, alla storia militare, alla Rivoluzione, ai B52. Da non mancare, anche se in alcuni momenti è particolarmente impegnativa come visita, quella alla Prigione di Hao Lo, carcere utilizzato dagli occupanti francesi per i prigionieri politici e successivamente usato per i prigionieri durante la Guerra del Vietnam e sarcasticamente soprannominata la Hanoi Hilton: John McCain è sicuramente il più noto prigioniero americano che è stato “ospitato” in questa prigione. I luoghi di interesse sono veramente moltissimi, dalla Cittadella Imperiale alla cattedrale St. Joseph inaugurata nel Natale del 1886. In qualunque città dell'Asia vi troviate poi è immancabile una visita in un mercato. Preparatevi a scoprire tante di quelle cose che neanche ve le immaginate. Il più grande mercato coperto di Hanoi, il Dong Xuan Market, situato propri incentro a due passi dal piccolo lago Hoan Kiem. Aperto dalle 7 alle 21 vende di tutto ma è famoso soprattutto per i tessuti. Dovete essere dei buoni compratori e dedicarvi a un po' di sana contrattazione ma nessun venditore vietnamita raggiungerà mai le estenuanti capacità di contrattazione dei venditori dei mercati cinesi dove la storia può andare avanti veramente per un lungo, lungo periodo. Voi attestatevi tranquillamente sull'idea di spendere il 50% in meno di quello che vi viene proposto partendo da una base del 70% meno. Lo so, è dura!

 

Ma il Vietnam è anche un paese in rapidissima espansione economica. Così mentre vi trovate a contrattare qualche centesimo per poter portare a casa un ciondolino o una statuetta da regalare ad amici e parenti non potrete sfuggire alla tassa drink con vista Lago: proprio davanti alla pagoda del piccolo lago si erge un nuovo albergo, una decina di piani, non tantissimi, ma quanto basta per sedersi a un tavolino ed aspettare che il tramonto tinga di rosa la vista della città.

 

 

 

 

 

Le fotografie sono di Isabella Mancini

 

 pioggiaobliquascritturedarte@gmail.com

 

 


 

" Pioggia Obliqua una rivista

affermata e prestigiosa."

 " Un grazie di cuore a 

Pioggia Obliqua i cui molti meriti nei riguardi della poesia non saranno mai abbastanza sottolineati."

 

Alessandro Fo

 

 

" Saprà o vorrà ancora la forza accumulata (...) resistere alla forza di omologazione che la tecnologia sembra inevitabilmente portare in seno?(...) Prevedo un lungo periodo di 'agonie', voglio dire di lotta (...) sarà probabilmente quella la forma e la sostanza del poetare che ci aspetta."

 

Mario Luzi

Da un suo scritto per Pioggia Obliqua a proposito

del  'senso di fare  poesia', gennaio 1996

 

 

" Io credo che un pò di silenzio ci faccia bene, c’è un coro di voci “troppo alto”, sgraziato, che ci sommerge, e non mi riferisco solo alla letteratura. In questa specie di “frullato” che siamo costretti ad ascoltare quotidianamente, il valore delle cose si perde.

 

Se c’è un attimo di riflessione, di

silenzio, la parola scritta o detta assume maggiore rigore."

 

 

Antonio Tabucchi

 

Intervista rilasciata a Luigi Oldani e

Elisabetta Beneforti per Pioggia Obliqua 

 

 


" Il sito Pioggia Obliqua mi ha "donato questa nota sul mio libro (...), ma l'intero sito è da seguire."

 " (...) e un ringraziamento per tutto ciò che P.O. fa per il mondo della poesia."

 " (..) E la stima è da me ricambiata verso il vostro prezioso sito!"

 (...) sempre attenti e preziosi gli amici di "Pioggia Obliqua".

 

Bruno Galluccio

 

 

" Un bel luogo d'incontro tra scritture."

 

Matteo Pelliti

 

 


" Non so dire se la bellezza salverà il mondo, come pensava Dostoevskij, ma mi piace pensare che sarà così. In fondo, già Stendahl sosteneva che "la bellezza non è che una promessa di felicità". 

 

Vittoria Franco

per Pioggia Obliqua

 

 

" Agli amici tanto tanto amati di Pioggia Obliqua, poeti invincibili della vita, il mio abbraccio umile e il mio ringraziamento, per mantenere la poesia come unica veritá nel mondo."

 

Daniel Fermani Gonzales

 

 

 

 

" Rivista preziosa, che seguo da tempo."

 

Alfredo Rienzi

 

                 

 

 

 

                    

 

 

                  

 

                       Consigli di lettura

 

 

    

 Nella omonima rivista cartacea 'Pioggia obliqua rivista di letteratura e culture', pubblicata negli anni Novanta, una intervista a
Antonio Tabucchi,
Edoardo Sanguineti,
Mario Luzi. 
Un testo di Valerio Magrelli. 
Mario Luzi, Luigi Baldacci, Patrizia Valduga, Attilio Lolini, Gabriel Cacho Millet, Marco Marchi e Loriano Gonfiantini rispondono
sul senso di fare poesia in quegli anni.
Risposte attualissime.

 

 

 

 

 

 

 

 


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