Vivian
se la ricordano paradossale e eccentrica. Coraggiosa, misteriosa, riservata. Come raccontano i suoi eleganti autoritratti era una donna alta e sgraziata, vestita con abiti demodeé e curiosi cappelli. Non aveva una famiglia, ne’ amori ne’ amicizie e a chi l’ha conosciuta è toccato semplicemente in sorte di passare nel campo della privata esistenza di Vivian. Di lavoro faceva la bambinaia a Chicago , occupazione che le permetteva di avere tutto il tempo per fotografare a giro nelle strada della città. Dagli inizi degli anni ’50 e nell’arco di circa quaranta anni, ha fotografato in modo compulsivo quanto entrava nel raggio visivo del suo occhio, sguardo autentico sulla natura umana e sulla strada che l’accoglie quotidianamente.
Andava in giro con una Rolleiflex 6x6, la migliore macchina se vuoi restare “invisibile” in mezzo alla gente, poi in seguito con la Leica per le foto a colori e sempre con un magistrale senso dell’inquadratura a cogliere sia l’umorismo che la tragedia. Nessuno sapeva di questa sua passione , della sua necessità, nessuno tranne i bambini che accudiva e che le erano inconsapevoli compagni mentre scattava nei quartieri alti o in quelli loschi e malfamati. Spia e voyeur che raramente forniva il suo vero nome, raccogliendo e accumulando immagini su immagini e mille altri ‘ricordi’ della vita comune. Vivian non mostrava mai niente del suo lavoro di così grande impatto, che non aveva niente di meno rispetto a grandi fotografi acclamati di street photography come Robert Frank, Lisette Model, Helen Levitt, Diane Arbus….ma in tutta la sua vita non sembra esserle interessato affatto di esporre e promuovere la sua creatività.
Esercitarla era tutto, vivere per praticarla era sua unica e amorevole cura. Se conosciamo tutto questo di Vivian e soprattutto se possiamo vedere le sue foto che a questo punto fanno la storia della fotografia, è solo grazie a un ragazzo ed a una sua fortuita ricerca. Nel 2007 ad un’asta John Maloof compra degli scatoloni di negativi di foto per una personale ricerca storica e questo materiale gli aprirà letteralmente la porta segreta e finora chiusa con il lucchetto del mondo di Vivian ,bambinaia e fotografa 1926-2009. Il documentario che nasce da questa incredibile e anche folle esperienza, Finding Vivian Maier, ripercorre tutte la fasi di un viaggio dentro e fuori un’esperienza artistica tanto singolare.
Dal ritrovamento successivo di tutto ciò che le era appartenuto ( vale a dire valigie di effetti personali, 100.000 negativi e quasi 3000 rullini mai sviluppati ) alle interviste-testimonianze su lei persona nel vissuto quotidiano. Per John Maloof diventa una vera e propria missione dare un ordine, catalogare, investigare, ricostruire.
Un puzzle che mette insieme con attenzione maniacale, condividendo alla fine la stessa inclinazione di Vivian. E poi organizzare mostre, fornire adeguata presentazione di un lavoro sotterraneo. Il coinvolgimento di John va in tutte le direzioni senza escluderne nessuna, al punto che viene il legittimo dubbio se Vivian in persona sarebbe stata contenta di una ricerca tanto accurata della sua identità. Si dice che per un fotografo, in misura maggiore rispetto a uno scrittore o un pittore, rimane e conta più l’opera delle immagini che la sua biografia. Vero è che Vivian vive ancora dentro le sue foto perché ha vissuto quella vita e non un’altra, perché tutto quanto ha respirato e interiorizzato le hanno concesso la tenerezza del suo sguardo, una generosità particolare per l’umanità come soggetto ideale. I poveri, i ricchi, i malviventi, i vicini della porta accanto, i suoi bambini, i paesaggi inusuali, i panorami anche più vulgati. Misteriosa e riservata sì, ma Vivian non trascorse mai un’esistenza avulsa dal contesto. Per scattare quelle foto doverosamente aveva vissuto nel bel mezzo del flusso, anche sociale anche politico. Per qualche mese aveva viaggiato attraverso i continenti, sempre accompagnata solo dalla sua Rollieflex.
John Maloof ha trovato anche registrazioni e filmini in 8 e 16 mm, scene dal supermercato dove lei si recava a intervistare persone a caso sugli ultimi fatti di cronaca. Quello di Vivian, nella vita e nell’arte, era sicuramente un talentuoso lato oscuro. Quanto necessario e pieno di amore Finding Vivian Maier ce lo documenta fino a farci provare una fascinazione ineludibile. Anche al di là di alcune polemiche nate per la diffidenza degli ambienti ufficiali verso questa operazione di recupero, tacciando Maloof di speculazione. Resta che l’autore per destino benevolo ha preso il testimone di un lavoro artistico per offrirne un’adeguata continuazione . Siamo così in grado oggi di ammirare immagini tanto appassionate e significative. Voce di Vivian Maier da uno dei suoi nastri registrati : “ Suppongo che niente duri per sempre, dobbiamo dare spazio ad altre persone, è una ruota. Sali, arrivi alla fine e poi qualcun altro prende il tuo posto.”
Elisabetta Beneforti