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              ANIMALI  IN  VERSI

 

illustrazione di copertina di Alberto Zannoni

(le seguenti poesie, le illustrazioni di Vania Bellosi Elena Bertoncini e Alberto Zannoni, la prefazione di Fabrizio Azzali, fanno parte della pregevole plaquette intitolata I nostri gatti esenti da difetti pubblicata da Grafiche Step editrice nel 2024)

 

 

 

Prefazione di Fabrizio Azzali

 

Chi non ha mai guardato in quegli occhi, non ha mai visto nulla di divino

(Anna Maria Ortese )

 

I Gatti che stanno in questo libretto sono davvero speciali. Ma tutti i Gatti lo sono. Chi ha convissuto con uno di loro e ne è stato adottato per segreta affinità elettiva lo sa. Gli altri animali sono animali e basta, il Gatto no, lui è un’altra cosa, è un po’ parente della Sfinge e ci propone da sempre gli stessi enigmi. E’ però più antico della Sfinge e forse rammenta cose che essa ha dimenticato. Perché, già gli Egizi lo sapevano, è della stirpe degli dèi e forse per questo sa vedere nel buio, là dove gli occhi umani sono inutili. Il Gatto è imprevedibile e misterioso, affine alle cose inconoscibili, e ci insegna così la variegata imprevedibilità della vita e il mistero che ci avvolge. Cosa osserva quando si siede così, immobile, all’apparenza perso nei suoi “pensieri”, o forse “a sognare ad occhi aperti”? Credo stia guardando dentro, guarda la trama dell’esistenza che fluisce attraverso di lui; sta osservando segrete relazioni, lo svolgersi di vite dentro alle vite, di mondi dentro ai mondi; ascolta la dolce canzone della trama dell’essere, che lo rassicura del ruolo che svolge ogni forma animata e della bellezza senza fine. Ma il Gatto sa pure essere ironico e sottile, quasi alla stregua di Groucho Marx, come  dimostra la gatta un po’ sovrappeso che abita da me e che, al posto dei topi forse ormai irraggiungibili, continua a posare sullo zerbino di casa  le pigne: tanto la differenza è trascurabile e io fingo di non notarla…

Superfluo tentare di fare del Gatto un nostro possesso, imporgli un nome e illudersi che risponda al richiamo: lui non conosce la servitù e risponde solo al nome che si è scelto e che nessuno conosce. Solo quelli che, leggeri e indecifrabili, si muovono a passi felpati tra le pagine della letteratura (e di questo gioioso volumetto) tollerano un nome e diventano, sontuosamente, Murr, Behemot, Pluto, Zorba…Max.

Davvero, senza alcun dubbio i Gatti sono creature eccezionali, sono proprio esenti da difetti.

          

 

illustrazione di Vania Bellosi

Il gatto che cammina sulle stelle

 

Il gatto camminava sulle stelle

saltava dall’una all’altra

a volte fingeva di cadere

aggrappandosi con una zampa

 

le stelle applaudivano entusiaste

il gatto miagolava contento

ai bambini e ai gatti

le avventure non fanno spavento.

 

 

 

 

 

Il gatto di Palazzeschi *

 

Cesare Cesare grido

quando scappa dalla finestra

per bighellonare

all’aperto libero dalle carezze,

poi all’improvviso torna                         

 

ricoperto di graffi

sta sul bordo entra

soltanto se lo chiamo

per cognome Blanc

Blanc vieni tesoro entra.

 

 

(* Il nome dell’editore e curatore dei primi libri di Palazzeschi è in realtà quello del suo gatto: Cesare Blanc)

 

 

 

 

Il nostro gatto

 

Vede nel buio

cammina nel silenzio

risuonano i suoi ronf

nell’universo

 

la coda batte

sul gong dei veri affetti

il nostro gatto esente

da difetti.

 

 

 

 

illustrazione di Elena Bertoncini

Colori naturali

 

Un gatto soriano

occhi gialli

nell’erba verde

 

osserva

un merlo nero

becco arancio

 

il felino si slancia

il merlo si alza

baruffa celeste.

 

 

 

 

 

Cleopatra

 

Di pelo arancio e bianco

l’avevamo battezzata Cleopatra

regina del palazzo

 

antico dove abitavamo

poveri fra poveri

a due passi dal Duomo. Si aggirava

 

con passo felpato

nel cortile interno ciottolato; tiravo

un sospiro di sollievo al suo rientro.

 

Mia nonna raccontava

che qualcuno di nascosto li rapiva

per mangiarli. Gatti

 

come conigli ricordava

chi in tempo di guerra affamato…

Poi traslocammo, metà anni Sessanta,

 

condominio nuovo di periferia

uno dei tanti, si sconsigliavano 

cani animali gatti.

 

 

 

 

 

Merlo e aironi

Illustrazione  di  Vania  Bellosi

Uno degli uccelli che preferisco è il merlo. Forse perché, se rispettiamo la giusta distanza,  lo incontriamo di frequente nelle nostre passeggiate urbane, forse perché ci è familiare senza essere invadente, forse perché la varietà de suoi canti melodiosi allieta le nostre orecchie disturbate troppo spesso da rumori molesti, forse perché il colore corvino  delle piume maschili ravvivato dal giallo-arancio del becco raramente trasmette sentimenti funerei, forse perché è un uccello estremamente versatile: saltella, cammina, si nasconde fra i cespugli, ci osserva da sopra un ramo, vola via…

 

Luigina Guarasci lo ritrae con poche pennellate nell’incanto fluttuante, nella semplicità essenziale, di un haiku:    

 

     Canta sul melo

un merlo innamorato

        è primavera

 

(Sgucciula a luna. Haiku, Quaderni il filorosso, )

 

Dotati di una giocosa, infantile ingenuità, i rapidi versi di Toti Scialoja esaltano levità e  spensieratezza del turdus merula:

 

L’uccello nero

salta leggero,

si chiama merlo

senza saperlo.

 

(Versi del senso perso, Prefazione di Paolo Mauri, Einaudi, 2017)

Con  grazia, misura e naturalezza, il poeta parmigiano Luigi Menozzi racconta il suo incontro ravvicinato con un merlo maschio il cui occhio non tradisce alcuna soggezione.

 

Il merlo

 

Non fugge il merlo

macchia nera lucente

da cui spunta l’arancio del becco.

Mi guarda con l’occhio tondo

la testa di tre quarti

con un tono quasi di sfida.

“Io c’ero prima di te”.

Rallento la corsa

obliquo a sinistra

e lui riprende a frugare

rumoroso nell’erba.

 

(Verso la diga a sera, Campanotto editore, 2000)

 

Lo sguardo oggettivo e nello stesso tempo empatico di Fabio Pusterla segue il volatile nel suo sottrarsi, ci invita a indagare i segni della sua defilata presenza, a fissare gli attimi che  precedono il distacco.

 

Il merlo

 

Se fischia

verso il chiaro, e il giorno è solo

una fessura grigia dentro il freddo,

nessuno può sentirlo: nel garage

è ancora buio, sporadici

sussulti di lamiera. Bandiere azzurre immobili.

Sul ghiaccio

passa un soffio di vento, quasi un brivido,

un cavo d’acciaio sbatte. E se col becco

fruga nel nero delle penne o cerca

la briciola fra i sassi, il filo verde

che stenta nella crepa,

tu guardalo più attento: ecco, un motore

tossisce dietro l’angolo,

stanchezze puntuali si rinzelano. Ma il merlo

saltella, alza la testa,

prende il volo.

 

(Le cose senza storia, Marcos y Marcos, 1994)

 

Lo scrittore statunitense Wallace Stevens moltiplica prospettive e angolazioni da cui osservare un merlo. Del  poemetto intitolato Tredici maniere di guardare un merlo scelgo il primo e l’ultimo frammento. I versi aperti al paradosso affinano le qualità intuitive del lettore.

Fra venti monti nivei

L’unica cosa mobile

Era l’occhio del merlo.

[…]

Fu vespero l’intero pomeriggio.

Nevicava,

Per nevicare ancora.

Ed il merlo s’assise

Fra le membra del cedro.

 

(Mattino domenicale e altre poesie, a cura di Renato Poggioli, Einaudi, 1982)

 

Possiede una tensione e una durezza che scuotono psiche, natura e lettore, questa prosa lirica composta nel 1917 dal senese Federico Tozzi:  

 

Nel bosco cerco l’albero che, tagliato a bara, imputridirà sotto terra con me.

Gli voglio tanto bene: forse, è quello dove ora c’è sopra un merlo.

 

(Bestie, a cura di Maurizio Cucchi, Guanda, 1979)

 

La documentata rubrica La lingua degli uccelli (contenuta nel blog "bottega portosepolto") «si propone ricognizioni e studi sulla presenza degli uccelli nella poesia italiana, specie in quella moderna e contemporanea». Curata con competenza e passione dal poeta e critico Alfredo Rienzi, la rubrica ospita anche i miei amati merli:

 

Merli

 

La melanina che scurisce il corpo

e ci rende simili a fantasmi

fa paura all’allocco.

Allora gonfiamo il petto

gli gridiamo te l’abbiamo fatta

un’altra volta, gioiamo

ma piano

come avessimo in gola dell’ovatta.

 

(I merli del giardino di San Paolo e altri uccelli)

 

 

Gli aironi, mi riferisco principalmente al bianco maggiore (Egretta alba), alla Garzetta (Egretta garzetta)  e al cenerino (Ardea cinerea), mi affascinano. Forse mi attrae la loro doppiezza. In volo possenti, eleganti, aristocratici; a terra o dentro l’acqua bassa restano a tratti immobili, come colpiti da un incantesimo, oppure si muovono a scatti come automi. Il collo si ritrae o si distende, si accartoccia a forma di esse oppure si allunga  scattando come una fiocina. Il becco è una punta di lancia che trafigge.  Nelle pupille fisse e ipnotiche, lampi di età remote quando i dinosauri dominavano il pianeta. 

 

 

Airone

 

*

Immerso nello stagno

apri le ali per levare

i riflessi dall’acqua. Traspaiono

le sagome sinuose delle bisce

che infilzi col becco.

 

*

 

Appena un rivale ti minaccia

alzi le piume della testa

gli stampi il becco sulla faccia. Basta

così gli vomiti

contro tutta la tua rabbia.

 

*

In marcia cautamente nel canneto

trafiggi alcuni rospi che ti credono

di sera un fantasma.

 

*

                                               

Svelto più di una lancia

passi da parte a parte una ranocchia

la ingoi a partire dalla testa. L’incedere

tuo elegante il bianco immacolato delle penne

non ci convincono.

 

(in Vittorio Parisi, Animali tra i ponti. Invito all’osservazione della natura nella Parma cittadina. Fotografie di Romano Parma, Grafiche Step editrice, 2009; poi nella raccolta I merli del Giardino di san Paolo e altri uccelli, Mobydick 2009 e Grafiche STEP 2016)

 

Da qualche anno, durante le mie vacanze estive, un airone cenerino (sarà sempre lo stesso?) sembra attendermi (o così mi illudo) ai bordi di un laghetto alpino. Verso sera, quando  la gente si ritira per la cena e il silenzio s’impossessa nuovamente del paesaggio, spesso lo incontro. L’ho fotografato diverse volte; in una foto sembra camminare come un funambolo sopra una corda tesa a fior d’acqua. L’immagine illustra la copertina del libro di Jelena Radojev In una rete di fili che si intrecciano ( a cura di Paolo Briganti, UNI.NOVA, 2019).

All’airone ho dedicato anche una poesia. Mario Fresa (in «farapoesia», 21 gennaio 2022)  la commenta così: «qui tutto è lieve e docilmente canta e risuona; tutto rifulge e sale; tutto vola e s'inazzurra in una contemplazione pura che fa della stessa parola poetica un'occasione per esprimere, con la beatitudine di uno sguardo divenuto quasi fanciullo, lo struggente desiderio di interdire, anche per pochi istanti, la piaga mortale del Tempo».

 

 

 

Airone cenerino *

 

 

Ogni anno mi aspetti

in questo laghetto alpino

sei tu davvero

o un altro somigliante? Solitario

airone cenerino che sali

 

dove i compagni

non si arrampicano. Ai bordi

dell’acqua sembri

non un predone di trote

e di lumache ma quasi un dio egizio.

 

Il collo lungo e dritto

il profilo del becco a lancia

grigio indovino attento

ai tremori dell’acqua. Al minimo

rumore voli via.

 

 

(* Due Laghi, Val di Non)

 

 

In Corvi con la museruola (la prefazione di Alessandra Paganardi è intitolata Il canto della natura e la sapienza della poesia, LietoColle, 2017) Sergio Gallo ritrae con abilità e conoscenza parecchi animali e, in modo eccellente, l’airone cenerino:

 

Ardea cinerea – Parte I

 

M’inchino alla perfetta

immobilità dell’airone

in stazione eretta

al crepuscolo sul prato,

alla nobile eleganza

della sua figura affusolata

il collo e la testa albi,

la livrea color cenere.

 

Oppure fermo “alla posta”

il collo teso sullo specchio

d’acqua, affilato il becco

pronto ad arpionare, la

striscia nera che dall’occhio

punta all’aggraziata cresta

al ciuffo nucale […]

 

 

 

 

 

 

Giancarlo Baroni si definisce poeta per passione e fotografo per diletto. Abita a Parma. Gli ultimi suoi libri: Come lucciole nel buio. Dieci riflessioni sulla vita e sulla letteratura e A occhi aperti sogno di essere un castoro. Alcune cose che posso dire di me (puntoacapo editrice, 2022 e 2023).

 

Vania Bellosi è nata a Faenza e abita a Solarolo. Come illustratrice collabora con diverse case editrici e disegna il merchandising e i libri degli ecomusei dell’Emilia-Romagna.

 

 

 

 

Passeggiando fra versi di farfalle

illustrazione di Vania  Bellosi

Chuang Tzu […]sognò che era una farfalla e non sapeva, destandosi, se fosse un uomo che aveva sognato d’esser e una farfalla o una farfalla che sognava d’essere un uomo.

 

(Jorge Luis  Borges, Nuova confutazione del tempo, in Altre inquisizioni, traduzione di Francesco Tentori Montalto, Feltrinelli)

 

La farfallina  color zafferano che veniva ogni giorno a trovarmi al caffè, sulla piazza di Dinard, e mi portava (così mi pareva) tue notizie, sarà più tornata, dopo la mia partenza, in quella piazzetta fredda e ventosa?

 

(Eugenio Montale, Farfalla di Dinard, Mondadori)

 

 

Per introdurre adeguatamente l’argomento e iniziare la passeggiata con il piede giusto, cito quanto scrive Marco Belpoliti ne La strategia della farfalla (illustrazioni di Giovanna Durì, Guanda, 2016): «Le farfalle sono gli insetti più belli e affascinanti che esistono sulla faccia del Pianeta. Se ne contano 165.000 specie, divise comunemente in falene e farfalle, notturne e diurne […] costituiscono un sesto di tutti gli insetti conosciuti; diffuse ovunque, dai Tropici alle tundre dell’Artico».

 

Dopo avere scritto una poesia, a volte mi chiedo con quali autori sono entrato in dialogo e in contatto. È gratificante e rassicurante sentirsi parte di una comunità che unisce indistintamente poeti del presente e del passato, scrittori famosi o meno.

Quando ho composto  le due poesie  dedicate alle farfalle che propongo, il primo nome a cui ho pensato è quello di Guido Gozzano che scrisse un poema rimasto incompiuto intitolato Le farfalle. Epistole entomologiche, dove travasò le sue conoscenze non solo libresche. Di questo testo imprescindibile riporto la prima strofa di Dell’aurora (Anthocaris cardamines) stampata sull’«Illustrazione italiana» nel 1916, anno della morte prematura (33 anni) dello scrittore:

 

Primavera per me non è la donna

botticelliana dell’Allegoria.

Primavera è per me questa farfalla

fatta di grazia e di fragilità!

 

(Guido Gozzano, Poesie, Rizzoli, 1977, a cura di Giorgio Bárberi Squarotti)

 

 

Gozzano non ha rappresentato però il mio riferimento principale; altri sono gli autori che mi hanno particolarmente  influenzo e ispirato; faccio quattro esempi: Neri, Bacchini, Guerra e Scialoja.

 

Con toni precisi e contemporaneamente allusivi, descrittivi e insieme metafisici, con uno sguardo attento ai particolari concreti e nello stesso tempo sospeso nell’aria, distaccato e stupito, Giampiero Neri mette in risalto delle farfalle le capacità mimetiche che rimandano ai segreti dell’universo:

 

Mimesi

 

Delle figure e dei fregi

si osservano sulle ali delle farfalle

e in altre specie diverse

ornamento e difesa insieme,

simili a cerchi e disegni

detti anche macchie ocellari,

sono una varietà di mimetismo

l’immaginario occhio di Dio che guarda.

 

(Giampiero Neri, Antologia Personale, Garzanti,  2022, Prefazione di Alberto Bertoni)

 

La natura, nella totalità dei suoi aspetti, sta al centro dell’opera poetica di Pier Luigi Bacchini. Innumerevoli alberi, erbe, germogli, fiori e vegetali, ma anche parecchi animali entrano con maggiore o minore evidenza nelle sue poesie; il regno animale è ampiamente rappresentato, narrato, ascoltato, indagato con precisione e intensità, con forza e raffinatezza; qui riporto la prima parte della poesia intitolata Insetto.

 

Insetto

Ho paura dei Lepidotteri di queste dimensioni,

senza striature, macchie.

Ali polverose. Gli uomini trasportano sulle navi

anche farfalle. Come sorci

nelle stive, anche virus. Ve ne sono alcune

con leggerezze nipponiche. Disegni asiatici

molto delicati, con colorazioni mimetiche,

e riflessi metallici come prismi. Davvero mirabili.

Non ne ho mai viste vive, soltanto nelle collezioni

o negli armadi scolastici, senza niente di mortuario.

Ma se un loro rappresentante gigantesco mi assalisse,

uguale a questo,

sulla faccia, il suo velluto di borotalco

sporco, morbido, giù per il collo…

 

(Pier Luigi Bacchini, Contemplazioni meccaniche e pneumatiche, Mondadori, 2005)

 

 

Tonino Guerra nel testo seguente  (qui nella versione in lingua italiana) amalgama perfettamente ironia con dramma,  realismo con fantasia, sensi con immaginazione, esperienze personali con destini collettivi.   Nel 1943 il poeta santarcangiolese (che poi collaborò come sceneggiatore con i più noti registi italiani)   venne internato in un campo di concentramento in Germania.

 

La farfalla

 

Contento proprio contento

sono stato molte volte nella vita

ma più di tutte quando mi hanno liberato

in Germania

che mi sono messo a guardare una farfalla

senza la voglia di mangiarla.

 

(Le radici e il sogno. Poeti dialettali del secondo ‘900 in Romagna, a cura di Luciano Benini Sforza e Nevio Spadoni, Mobydick Edizioni, 1996)

 

 

Autore di giocose, divertenti e spensierate poesie–filastrocche, a volte veri e propri scioglilingua,  il pittore e poeta Toti Scialoja dedica numerosi versi agli animali, alcuni anche alle farfalle. Qua  invita affettuosamente una di esse a posarsi sulla sua spalla, in segno quasi di fratellanza.

Mia farfalla

non più gialla

non più bianca

solo stanca

vieni qui, sulla mia spalla.

 

(Toti Scialoja, Versi del senso perso, Prefazione di Paolo Mauri, Einaudi, 2017,)

 

 

La prima delle due mie poesie che leggerete è stata pubblicata dalla rivista “Capoverso” (n.44, luglio-dicembre 2022).

Spesso ricavo informazioni, materiale e suggerimenti da manuali e saggi preferibilmente illustrati. Preziosi si sono rivelati il libro di James Lowen Le farfalle (Il Castello, 2018) e quello di Andrea Grill, La farfalla (Marsilio, 2018).

 

Farfalle: fiori alati

 

Succhiai da bruco

sostanze letali

lo sgradevole odore

sulle ali scoraggia

attacchi predatori.

 

*

 

Ad ali chiuse imito

uno stecco la foglia secca.

Inganna il mio profilo

artigli e becco.

 

*

 

Sorgo colorata

da involucro-mantello

uovo bruco pupa

testimone del bello.

 

*

 

Puntini rubino

strisce giallo oro

squame cangianti

macchia blu brillante

ricami sulle ali

un variopinto aliante.

 

*

 

Soffio vitale

respiro e fiato

tu chiamami soltanto

fiore alato.

 

La seconda  mia poesia  prende spunto dalle vicissitudini evolutive della  Biston betularia dalla forma chiara.

 

 

Le farfalle bianche

 

Le farfalle bianche si chiesero

per quale motivo gli uccelli

le stessero sterminando.

Diventava il tronco sporcato dallo smog

un candido cimitero.

 

(Cambiamenti, Mobydick, 2001)

 

 

Segnalo un libro che parla esclusivamente di insetti e di invertebrati.  Scritto dalla poetessa parmigiana Stefania Cavazzon, si intitola Arthropoda (Edizioni Pubblisfera,  2008, introduzione e disegni del naturalista Vittorio Parisi). Della sezione dedicata ai lepidotteri fa parte questa poesia che descrive la falena chiamata anche Sfinge testa di morto per la macchia bianca sul dorso che ricorda un teschio.

 

Acheronthia Atropos

 

Da bruco

ha positura di sfinge

ma variopinta

graziosità di cavalluccio

con buffo codino

Da adulto

perde del tutto

l’appariscenza paffuta

l’anima rotonda

del puttino

e si fa cupa

adunca lugubrità

che emigra

dalle nere

afriche

 

Solo dopo il tramonto

perfora i favi

e ne sugge miele

o infastidito

suona

stridulo fatamento

 

Con la spiritromba

 

 

Lepidottero notturno dai colori spenti attratto irresistibilmente dalla luce, la falena trova spazio nel Bestiario delle bestiacce di Annalisa Macchia (Introduzione di Franco Manescalchi e Post-fazione di Plinio Perilli, con 5 tavole di Giovanna Ugolini, Pagine, 2020).

 

Falena

 

Lo so cosa cerchi.

Sbatacchi da tempo attorno

a questa falsa luna

troppo vicina, spaventoso

astro in miniatura.

      Uovo, larva, bruco, crisalide…

      il sole vero, l’aria sulle ali

      vergini, innervate

      di pura bellezza. Infine il volo.

Un viaggio incredibile finito

in questa stanza male illuminata

a disperdere iridate scaglie

in inutili giri. Ci assomigli.

Nel breve tempo che ti è dato

corri dietro alla luce

senza arrenderti, senza capire

perché si sbatte, perché ci si brucia

perché di colpo la notte cala.

Guardaci. Privi d’ali

noi pure

rincorriamo la luna.   

 

 

Il secondo volume de La poesia degli animali, curato da Mino Petazzini, ha un lungo sottotitolo: Un’antologia di testi su cervo, chiocciola, farfalla, lucciola, lucertola, lupo, mosca, rana, volpe, zanzara e tanti altri animali selvatici. (luca sossella editore, 2022). Delle 1243 pagine che lo compongono 105 sono destinate alle farfalle diurne  e 22 a quelle notturne, le falene dai colori più spenti. La sezione delle farfalle diurne è, fra le 85 del libro, la più consistente e corposa, segno della forte attrazione che esercitano e della curiosità che destano anche se, fa notare Petazzini, «nell’antichità le farfalle hanno suscitato molto meno di altri insetti, le cicale ad esempio, l’attenzione dei poeti».

 

Giancarlo Baroni

 

 

(L’incantevole e gioioso disegno della farfalla che in volo accompagna il mio testo è dell’artista Vania Bellosi. Che è nata a Faenza e abita a Solarolo.

Come illustratrice collabora con diverse case editrici e disegna il merchandising e i libri degli ecomusei dell’Emilia-Romagna. Varie le attività artistiche in cui esprime la sua apprezzata creatività).

 

 

 

 

 

 

 

Animali Celebri

Illustrazione di Elena Bertoncini 

( Elena Bertoncini, nata a Parma, dopo avere frequentato l'Accademia d'arte di Milano si è trasferita a Parigi dove vive e lavora come Art Director e illustratrice.)

Mi hanno appassionato e ispirato le storie raccontate da Michel Pastoureau in alcuni capitoli (esattamente Il rinoceronte di Durer, L’elefante di san Luigi, Mickey e Donald, La balena di Giona) del volume Animali celebri (Giunti Editore 2010).

Questo libro, che vi invito a leggere, mi ha offerto stimoli, suggerimenti e informazioni che ho tradotto in versi.

 

 

(Il rinoceronte Ulisse)

 

20 maggio 1515:

partito da Goa

sbarcò al porto di Lisbona

 

un rinoceronte indiano.

Profumava di spezie

quel bestione

 

di due tonnellate. Dono

del Sultano a Manuele I.

Come l’instancabile

 

temerario viaggiatore

fu battezzato Ulisse.

Le placche della pelle corazzata

 

il corno spada aguzza: Manuele

ordinò una zuffa

fra Ulisse e un elefante. Vittorioso

 

il rinoceronte venne eletto

re degli animali sottraendo

ai rivali il trono. Le passioni

 

divampano ma presto affievoliscono: Ulisse

regalato al Papa. In viaggio verso Roma

l’imbarcazione sparì nella tempesta.

 

 

(Un elefante a Londra)

 

Che ci fa un elefante a Londra

bagnarsi tutti i giorni nel Tamigi?

Dal Sultano d’Egitto

 

al santo re Luigi lascia

(1255) la corte di Parigi

dono maestoso per Enrico

 

III l’inglese suo cognato.

Trionfale accoglienza nel regale

serraglio; esotici e feroci

 

gli animali: leoni orsi cinghiali

cammelli e uno speciale

orso bianco polare.

 

 

(L’invenzione di Topolino)

 

Da New York a Los Angeles

interminabile noioso

viaggio ferroviario: disegno

 

sul finestrino appannato

un topo grandi orecchie subito

lo cancello per paura

 

che qualche vista aguzza

fra i passeggeri possa

carpirlo. Mia moglie

 

Lillian a casa lo battezza Mickey

Mouse; fra i topi immaginati

il più famoso.

 

 

 (L’inganno della balena)

 

Si cosparge la schiena di sabbia

sperando che un naufrago

la scambi per un’isola

 

ci cammini sopra.

Perfida presto si inabissa.

 

Giancarlo Baroni

 

 

 

 

 

 

Cani e gatti

 

Cane oppure gatto? La domanda è perentoria e la risposta forse semplice: dipende dalle esigenze, dalle preferenze. Antepongo la fedeltà all’indipendenza? Allora probabilmente cane. Privilegio il mistero alla versatilità? Dunque forse gatto.

 

Fa notare il poeta Mino Petazzini, curatore del  corposo e utile volume La poesia degli animali. Un’antologia di testi su cane, cavallo, gatto e altri animali domestici (luca sossella editore, 2022): «È noto il luogo comune secondo cui l’amore per il cane o per il gatto riflette in gran parte l’indole dei proprietari (con una minoranza che riesce ad amare entrambi).  È il gatto, prosegue, «il piccolo re di questa antologia, perché ha di gran lunga il maggior numero di pagine»: 188  quelle dedicate al felino, 112 quelle del suo contendente.

 

 

 

Il libro dei gatti tuttofare (pubblicato nel 1939, qui nella traduzione di Roberto Sanesi, con Prefazione di Emilio Tadini, disegni di Edward Gorey, Bompiani, 1994) del Premio Nobel Thomas Stearns Eliot ci permette di incontrare una sfilza di gatti divertenti e fantastici, uno diverso dall’altro. La Gatta «che porta il nome di Gianna Macchiamatta; / ha il mantello tigrato con macchie di leopardo»; «Sandogàtt era un Gatto Bucaniere / che navigava a bordo di un veliero […]”; «Il Tiremmolla è un gatto decisamente un po’ strano: / quando gli offrite un volatile preferirebbe un fagiano. / Se gli date una casa vuole un appartamento, / e se lo fate scegliere, lui non è mai contento»; «Gattatràc e Gattafascio sono una copia di gatti famosa. / Clown Fracassoni, veloci trasformisti, / acrobati da circo e equilibristi»; «Bisogna proprio conoscerlo Mister Mistofele! / Grande Prestigiatore Originale / non se ne trova in giro un altro uguale»; «Brunero, il Gatto del Mistero a tutti noto  / come Brunero Zampaproibita, / è un vero e proprio maestro della malavita»; «Gàss è il Gatto Guardiano del Teatro»; Bustòforo Canossa non è pelle e ossa - / in verità è più grasso di un pascià»…Arrivati in fondo a questa processione felina che sfila davanti ai nostri occhi, Eliot si rivolge ai lettori chiedendo: «sapreste veramente definirmi un gatto?». Mentre la prima risposta è ambigua e  sfuggente, inafferrabile proprio come i gatti, («dirò che solo un dato ci rimane: / che UN GATTO NON È UN CANE ») la seconda si rivela totalmente sbilanciata a favore del gatto, la risposta di un incallito tifoso: «dirò che solo un dato risponde a questo fatto: / Un cane è solo un cane, mentre UN GATTO È UN GATTO».

 

 

 

Il cane sta vicino a noi, insieme, di fianco, il gatto invece anche quando  si appisola e si acciambella sulle nostre gambe è come se stesse contemporaneamente altrove, in un’altra dimensione, chissà dove. Un cane ci appartiene e noi gli apparteniamo, un gatto al contrario mantiene una propria invalicabile frontiera di autonomia, non è mai completamente nostro e viceversa. Se il cane sembra conoscere i nostri segreti, il gatto pare custodirne dentro sé uno imperscrutabile; il primo è il più fedele amico dell’uomo, il secondo è una affascinante presenza solo parzialmente decifrabile che si aggira per casa.

 

Non so cosa si provi a convivere con un cane, non ne ho mai avuto uno, senz’altro il coinvolgimento è incondizionato, certamente si vivono in sua compagnia sentimenti ed emozioni molto forti; per comprenderli almeno in parte mi affido ai versi di Franco Marcoaldi (che pubblica nel 2006  Animali in versi e, circa quindici anni dopo, Animali in versi Un nuovo canzoniere) e a quelli di Renzo Gherardini.

 

 

 

Pane e cane

 

 

 

Fresco fragrante festoso

 

invitante essenziale.

 

Al mattino, quando compro

 

Un buon pane, penso:

 

ecco com’è il mio cane.

 

 

 

Angelo cane

 

 

 

Angelo mio, m’immaginavo

 

che volassi in uno spazio

 

siderale e invece

 

sei comparso a quattro zampe

 

sotto forma d’animale.

 

Ora di me si dice che ho perso

 

il senno e il senso delle

 

gerarchie e delle proporzioni.

 

Ma la tua bestiale incarnazione

 

conferma solo che la metafisica

 

dimora non in cielo,

 

ma all’altezza dei talloni.

 


L’enigma del cane

 

 

 

Il problema non è tanto

 

che io parlo e lui non mi capisce.

 

Il vero enigma è il cane:

 

che tutto sa di me,

 

e mai ne riferisce.

 

 

 

Sospiri canini

 

 

 

Se l’anima sia un quid che l’uomo

 

e solo l’uomo può vantare

 

è oggetto di querelle lunga

 

e irrisolta nel mondo teologale.

 

Da parte mia propendo per chi

 

fa rivelare che se anima

 

è sinonimo di ruach,

 

soffio vitale,

 

allora il quid oltre che l’uomo

 

riguarda l’animale. Basta

 

osservare un cane a lungo

 

in fondo agli occhi,

 

precipitare negli abissi

 

di quei lontani mondi, basta

 

accostare il suo muto

 

e impenetrabile dolore, le domande

 

inevase, la gioia trattenuta,

 

l’improvviso bisogno di calore.

 

 

 

Basta dormirci assieme

 

per una notte tenera e dolce

 

 

 

quando il soffio vitale del respiro

 

tramuta struggente in un sospiro.

 

 

 

(Franco Marcoaldi, Animali in versi Un nuovo canzoniere, Einaudi, 2022)

 

 

 

Il poeta fiorentino Renzo Gherardini (1923-2011) ha dedicato parecchi testi ai suoi cani Labrador e in particolare a Bobi; scrive Paolo Zoboli introducendo il corposo volume di Gherardini Poesie 2002-2011: «Bobi diventa protagonista di un vero e proprio canzoniere bipartito, in malattia e in morte, d’ispirazione petrarchesca (ma ‘le rime in morte’ sopravanzano assai quelle ‘in malattia’». Quanta affettuosa tenerezza si prova per il proprio cane e quanto doloroso dispiacere causa la sua morte: 

 

 

 

Il tuo cane è davvero la tua anima,

 

che in te si specchia, e in te vive e di te

 

colma l’intera sua giornata, sempre

 

a te congiunto, al tuo cenno, al tuo sguardo,

 

alla tua voce, offrendoti la luce

 

dei suoi occhi, lo slancio nel venirti

 

incontro, la sua gioia nell’accoglierti.

 

Ai tuoi piedi si stende o si protende

 

con l’intera sua altezza alle tue spalle

 

nell’abbraccio, e a te accosta la sua testa

 

per lambirti, se tu voglia, e dar tutta

 

l’anima sua per una tua carezza,

 

Sii con lui lieto, e anche la tua tristezza

 

Consolerà col suo guardarti, pieno

 

d’ogni dono che sia solo dolcezza.

 

 

 

*

 

 

 

Bobi, ti voglio disperatamente

 

accanto: non puoi essere un distante

 

sogno, un’eco lontana nella mente

 

di giorni andati, luce di momenti

 

spenti nel tempo, voce di un assente.

 

 

 

(Renzo Gherardini,  Poesie 2002-2011, a cura di Paolo Zoboli, Le Lettere, 2018)

 

 

 

Nel libro di oltre 150 pagine intitolato Poesie per un gatto (Mondadori, 2007) Vivian Lamarque dialoga col suo micio Ignazio, gatto domestico ma libero:

 

 

 

Ma dove eri finito?

 

da dove sbuchi bel bello?

 

ti ho cercato dappertutto

 

gattaccio bello-brutto.

 

(mai te lo dirà i segreti dei gatti

 

restano segreti per l’eternità).

 

 

 

Più sornione e astuto che pigro e sfaticato il gattone amante delle comodità di Pierluigi Cappello:

 

 

 

Gattone

 

 

 

È un gatto tutto fumo

 

è un gatto poco arrosto

 

si muove col profumo

 

del latte già al suo posto.

 

 

 

E scende dal divano

 

pian piano, lentamente,

 

mi pare più un sultano

 

che un gatto diligente.

 

 

 

Cacciare, figurarsi!

 

tra un sonnellino e l’altro

 

gli piace più stirarsi

 

a quel gattone scaltro.

 

 

 

(Ogni goccia balla il tango. Rime per Chiara e altri pulcini, illustrazioni di Pia Valentinis, Rizzoli, 2014)

 

  

 

Luciano Erba raggruppa cinque poesie, dotate della consueta ironica grazia, in una sezione intitolata Versi di un amatore di gatti (in Tutte le poesie, a cura di Stefano Prandi, Prefazione di Maurizio Cucchi, Oscar Moderni Mondadori, 2022). Scorrono davanti ai nostri occhi, in un corteo felino, “un gatto intellettuale” [riporto fra virgolette alte i titoli delle singole poesie] («[…] Il suo pensiero forte è miagolare / di notte tra i parafulmini sul tetto / il suo pensiero debole ma sapienziale / ronfare davanti al caminetto»; un “altro gatto ermeneutico” («[…] alla finestra / accarezzo il tuo dorso di velluto / il mondo di fuori mi ricerca / è così che dilegua il mio assoluto»; “un gatto post-euclideo” («[…] Ma osserva il gatto come serra e stringe / il tempo intero tra le zampe davanti […]»); “un gatto mistico” («… poi d’un tratto smetti le tue fusa / spalanchi gli occhi guardi fisso davanti / tutto preso dal vuoto della stanza, dove a me non riesce di vedere / altro che spazio, mobili e specchiere, // […]»); “un gatto informatico” («[…] Sto parlando di te gattina nera / saltata in grembo ti sei messa a pigiare / trattando il mio ventre da tastiera / quasi io fossi un computer da digitare: // […]»).

 

Fra le varie poesie ispirate a Erba dagli amati gatti, la prossima è quella che prediligo:

 

 

 

Il gatto archeologo

 

 

 

                                      a Francesca

 

 

 

Dicono che alcuni in oriente

 

sentono la voce delle pietre

 

né più ne meno di quando mia figlia

 

ascoltava il cavo della conchiglia.

 

 

 

Forse anche il gatto dei Fori

 

ode con le sue lunghe vibrisse

 

quel che raccontano le pietre

 

sotto i cieli di tante stelle fisse.

 

 

 

È notte: il gatto archeologo

 

parte per ricerche di storia romana

 

ormai nutrito dalle pie donne

 

nelle aiuole tra archi e colonne.

 

 

 

La poetessa Alba Donati, introducendo la raccolta Haiku italiani (Samuele Editore, 2016) afferma: «Luigi Oldani scrive haiku in maniera tradizionale. Voglio dire che l’esemplarità dell’haiku è qui espressa al massimo grado»; nella prefazione a Come ventagli (Samuele Editore, 2019) il critico Paolo Lagazzi afferma che gli haiku di Oldani nascono «da una capacità autentica di entrare in vibrazione col mondo».

 

Numerosi i versi dedicati ai gatti. Eccone alcuni contenuti nel primo libro:

 

 

 

La gatta Ada

 

vede le bacche rosse

 

gioco d’autunno.

 

 

 

Mi guarda Ada

 

s’apre il suo mondo

 

divento gatto.

 

 

 

Quando Ada

 

dorme anche io sogno

 

si muove il baffo.

 

 

 

Questo Buddha

 

assomiglia al gatto…

 

fusa di sera.

 

 

 

Eccone altrettanti del secondo:

 

 

 

La gatta sogna

 

miao irresistibili

 

ride la luna.

 

 

 

Sotto una stella

 

protetta è la gatta

 

mia poeta.

 

 

 

La gatta con me

 

annusiamo la neve

 

stelle sul naso.

 

 

 

Stelle cadenti

 

le annusa sul tetto

 

un Buddha, un gatto.

 

 

 

Paolo Lagazzi, che degli haiku è autorevole studioso, giudica quest’ultimo di Luigi Oldani «uno dei suoi […] più belli».

 

 

 

In Quartetti, libro dalla forma lunga e sottile come fosse un album da disegno pubblicato nel 2020 da Libreria Ticinum Editore,  sedici poesie di Amedeo Anelli dialogano con altrettante illustrazioni ad acquerello monocromo di Guido Conti.  Il volumetto (neppure 40 pagine) si rivolge  «ai grandi piccoli e ai piccoli grandi». In copertina Conti ritrae un gatto che, con passo felpato, appoggia le sue zampe su una base tenera e friabile, più aerea che terrena, quasi una nuvola. Lo stesso gatto viene disegnato anche di schiena, con la lunga coda alzata a indicare il cielo mentre, con un atteggiamento allo stesso tempo indifferente e fiero, passeggia senza fretta; oppure viene raffigurato raggomitolato su se stesso, tondo come una palla; in un’altra occasione fluttua magicamente nell’aria come uno stregatto («l’occhio luminoso del gatto»). Il tratto e il segno, spesso sinuosi curvilinei e flessuosi, alludono poeticamente, accennano e non descrivono, a volte perdono consistenza e quasi si dissolvono in macchia liquida, in sgocciolamenti di colore, in figure filiformi alla Giacometti fragilmente ancorate alle ombre che proiettano a terra. Nella filastrocca che apre il libro Anelli saluta un felino dal pelo fulvo: «buona fortuna gatto rosso / buona fortuna a te buona fortuna a me / che la vita ti sia lieve come un soffio / buona fortuna senza un graffio». La funzione del gatto come talismano viene ribadita nell’ultima poesia la quale, circolarmente come in una specie di girotondo, si ricongiunge alla prima: «Il gatto gioca con una pallina di carta / è la mia ultima poesia / che così inizia il suo cammino / per il mondo». Nel libro alcuni felini vengono chiamati per nome: «Maša la gatta-pera corre come una corriera / con le sue zampe corte / e con la pancia a terra»; Leonardo, il gatto ingegnere, che salta sulla maniglia e resta in equilibrio «su un ramo come un sofà»: «una palpebra in su una in giù / cucù!»; il micio birillo che rincorrendo la coda «fa un giro tranquillo»; «scappava Rino / il gatto mandarino inseguito da Argo il cane del vicino».

 

 

 

Giancarlo Baroni

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 pioggiaobliquascritturedarte@gmail.com

 

 


 

" Pioggia Obliqua una rivista

affermata e prestigiosa."

 " Un grazie di cuore a 

Pioggia Obliqua i cui molti meriti nei riguardi della poesia non saranno mai abbastanza sottolineati."

 

Alessandro Fo

 

 

" Saprà o vorrà ancora la forza accumulata (...) resistere alla forza di omologazione che la tecnologia sembra inevitabilmente portare in seno?(...) Prevedo un lungo periodo di 'agonie', voglio dire di lotta (...) sarà probabilmente quella la forma e la sostanza del poetare che ci aspetta."

 

Mario Luzi

Da un suo scritto per Pioggia Obliqua a proposito

del  'senso di fare  poesia', gennaio 1996

 

 

" Io credo che un pò di silenzio ci faccia bene, c’è un coro di voci “troppo alto”, sgraziato, che ci sommerge, e non mi riferisco solo alla letteratura. In questa specie di “frullato” che siamo costretti ad ascoltare quotidianamente, il valore delle cose si perde.

 

Se c’è un attimo di riflessione, di

silenzio, la parola scritta o detta assume maggiore rigore."

 

 

Antonio Tabucchi

 

Intervista rilasciata a Luigi Oldani e

Elisabetta Beneforti per Pioggia Obliqua 

 

 


" Il sito Pioggia Obliqua mi ha "donato questa nota sul mio libro (...), ma l'intero sito è da seguire."

 " (...) e un ringraziamento per tutto ciò che P.O. fa per il mondo della poesia."

 " (..) E la stima è da me ricambiata verso il vostro prezioso sito!"

 (...) sempre attenti e preziosi gli amici di "Pioggia Obliqua".

 

Bruno Galluccio

 

 

" Un bel luogo d'incontro tra scritture."

 

Matteo Pelliti

 

 


" Non so dire se la bellezza salverà il mondo, come pensava Dostoevskij, ma mi piace pensare che sarà così. In fondo, già Stendahl sosteneva che "la bellezza non è che una promessa di felicità". 

 

Vittoria Franco

per Pioggia Obliqua

 

 

" Agli amici tanto tanto amati di Pioggia Obliqua, poeti invincibili della vita, il mio abbraccio umile e il mio ringraziamento, per mantenere la poesia come unica veritá nel mondo."

 

Daniel Fermani Gonzales

 

 

 

 

" Rivista preziosa, che seguo da tempo."

 

Alfredo Rienzi

 

                 

 

 

 

                    

 

 

                  

 

                       Consigli di lettura

 

 

    

 Nella omonima rivista cartacea 'Pioggia obliqua rivista di letteratura e culture', pubblicata negli anni Novanta, una intervista a
Antonio Tabucchi,
Edoardo Sanguineti,
Mario Luzi. 
Un testo di Valerio Magrelli. 
Mario Luzi, Luigi Baldacci, Patrizia Valduga, Attilio Lolini, Gabriel Cacho Millet, Marco Marchi e Loriano Gonfiantini rispondono
sul senso di fare poesia in quegli anni.
Risposte attualissime.

 

 

 

 

 

 

 

 


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