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DORIS  BELLOMUSTO

Doris Bellomusto, Passo a due, Tralerighe Libri Editore-libri come pietre d'angolo, 2025

Il vizio di scrivere

 

Scrivere è un vizio, non c’è niente di virtuoso nella

mia scrittura.

Io scrivo per trovare riparo, per accantonare le

cose che mi consumano senza che io lo voglia; per

allargare il perimetro, per vedermi intera, per

nascondermi, per trovarmi.

Scrivo per distrarmi o per restare attenta, per disegnarmi

più bella, per vanità, per miseria, per noia,

per ozio.

Scrivo perché non so restare ancorata alla realtà,

ho bisogno di sconfinare.

Scrivo perché scrivendo imparo a guardarmi,

vedermi per come sono stata, per come sono, per

come vorrei essere.

Scrivere mi aiuta a tenere in ordine tutto il caos

che si affastella fra la gola e il cuore e attraverso le

parole sciolgo nodi, scelgo le identità che voglio

indossare e quelle di cui mi voglio liberare.

Mi viene naturale affidare all’inchiostro ricordi,

frammenti, suggestioni.

 

Cosa mi aspetto io da questo mio scrivere così ostinato

e continuo?

Mi aspetto impercettibili smottamenti del cuore e

puntualmente arrivano.

Mi aspetto di indossare le mie parole, farle diventare

rughe e fianchi larghi, sorrisi, sospiri, baci e

passi falsi.

 

Fino a qui ho sempre tradotto le mie parole in

incontro e ho scoperto altri mondi senza intenzione.

Con Passo a due, danzando tra passato e presente,

ricordi e fantasie, ho riordinato il mio mondo.

Tra queste pagine si mescolano agli appunti sparsi,

destinati a un romanzo mai nato, pezzi scritti per il

blog Finestre e non è casuale che io abbia chiesto a

Rossella e Stefania di accompagnarmi in questo piccolo

viaggio; due anime belle con cui ho condiviso e

condivido il piacere di scrivere e che ringrazio con

tutta l’anima.

Il mio cuore è una zolla di terra, sempre fradicia di

nostalgia, ma scrivere mi fa bene, mi trasforma;

divento seme che germoglia, fiore di campo, rugiada.

 

 

Dalle viscere del tempo

 

 

 

Sono fatta di storie sussurrate aru vientu, storie di

fimmini forti come temporali. Sono una somma di

storie storte e date in pasto all’oblio. Sono fatta di

semine e raccolti, canti e cunti. Sono fatta di generosi

perdoni e mancate scuse. Sono fatta di storie coraggiose

e non le tradirò.

 

 

Mi porto addosso la pelle di tante donne che non

ho conosciuto.

Vengo da un mondo contadino e vergine, ribelle

e aspro, da un dialetto caldo nella cadenza e forte

nell’accento. Sono quella che sono perché altre

donne hanno guidato i miei passi e lo hanno fatto

senza neppure conoscermi.

Da un utero sconosciuto e lontano ho ereditato

questo sangue caldo e questa fibra tenace, ma

quieta.

Vengo dal ventre di donne comuni, abituate a

riconoscere nel quotidiano le ragioni del loro

vivere. Mi hanno insegnato ad allungare lo sguardo

solo se è necessario, altrimenti so guardare alle cose

solo da vicino. Non so se è un bene, so che si

risparmiano energie. Non porto il nome di nessuna,

non assomiglio a nessuna, ma sono insieme la

somma e la differenza delle generazioni che mi

hanno preceduta e oggi vorrei saper pensare pensieri

forti e utili, concreti, misurabili.

Le donne da cui vengo avevano pensieri buoni e

necessari come il pane e oggi voglio indossare una

pelle nuova e remota, ancestrale, sincera, concreta.

Dalle viscere del tempo, donne simili a lupe, hanno

costruito per me dimore sicure, focolari e letti.

Hanno acceso candele e impastato il pane, hanno

setacciato la farina e raccolto castagne, olive, pomodori,

fichi da seccare al sole. Hanno rinunciato al

piacere, alla vanità, al gioco, ma non all’allegria.

Poi un giorno di primavera è nata Dora, era il 14

maggio 1927, lei è andata oltre il suo tempo, ha

voluto imparare l’arte della gioia e tramandarla ai

suoi figli e nipoti. Da lei ho imparato ad annusare la

menta, i pomodori appena raccolti, il basilico, il

sugo sul pane nelle mattine d’inverno, l’odore della

legna quando brucia, le bucce degli agrumi. Con lei

ho imparato a dare e ricevere baci, abbracci, slanci

improvvisi d’amore impavido. A lei penso quando

faccio qualcosa di bello, quando brillo per vanità o

per amore.

Penso a lei quando la mia pelle è sincera, quando

mi dedico alle cose che mi fanno stare bene e mi

concedo di essere nient’altro che una creatura fragile

e avida di dolcezze. E quando è così divento

anch’io una rosa di Maggio.

Ci sono donne che abitano il tempo con la forza

dei fiori di campo, del grano che diventa pane, del

mare che diventa nuvole, della pioggia che nutre gli

alberi, della terra che non conta i nostri passi.

Dora era una donna così e così sono le sue figlie e

così voglio essere io.

Il tempo sulla pelle graffia. Su di me ha disegnato

tante smagliature e a me piace riconoscere nel mio

corpo la storia che lo nutre. Somigliano alle strade

che ho percorso le mie smagliature, le strade che mi

hanno allontanata da qui, che mi riportano qui, che

ancora una volta mi porteranno altrove. Graffia la

nostalgia, io accarezzo i ricordi, abbraccio chi c’è,

ritrovo l’odore del mio passato remoto sulla mia

stessa pelle.

 

 

30 ottobre 2022

 

 

  Io sono stanca del caldo, voglio l’autunno vero, il

freddo che punge i pensieri, la brina sui prati, il

ritorno del pettirosso. Oggi a mille metri sono riuscita

ad assaporare un accenno di autunno e me lo

sono fatto bastare.

  Ho assaggiato le caldarroste e respirato ricordi

d’infanzia a mille chilometri di distanza.

  Ho giocato e scherzato, ho fatto spazio alla tenerezza.

 Mi sono concessa una tregua dai pensieri sterili,

dalla paura e dalla noia.

  Ho lasciato il cuore a maggese e so che qualcosa

fiorirà.

Domenica, piove

 

 

 

 Aveva il cuore nero, carboni nelle tasche, scaldò il

mio ventre e mi fece madre.

 Io avevo un cuore bianco latte. Non conoscevo

amore né paura, conobbi l’uno e l’altra all’improvviso,

dicendo “sì” davanti ad un altare.

 Il mio cuore lievitò – ara rasa da cinnira – e si fece

pane per quel compagno che mi pareva un dio.

 

1 novembre 2022

 

Tempo solo mio.

 

  Il viso pulito, un guscio di lumaca da abitare, una

luna metropolitana, talee nell’acqua.

 

Lunedì, cielo nuvoloso e vento

 

 

 

 Sono stata sposa di un uomo generoso d’amore,

abbiamo diviso il pane da buoni compagni, moltiplicato

il bene e vissuto nel nostro spazio con la consapevole

felicità, mista a tremore, di chi si è sentito

vicino agli Dei e all’improvviso ha avuto paura di

precipitare giù nella prosa di un tempo lineare e frettoloso.

 Costruire la poesia nel bel mezzo della quotidiana

prosa, che avvolge e stritola, è un sofisticato esercizio

di pazienza: la pazienza di non perdersi di vista;

disconoscere il noto per fare spazio all’ignoto; aspettarsi

e rincorrersi; accettare di perdersi; custodire la

testarda volontà di ritrovarsi sempre; sapere che sempre

è uguale a mai, eppure mai voler rinunciare al

bacio.

 Io non sono stata così paziente, ma sono stata

coraggiosa, ho saputo fare spazio alla bellezza che,

spesso, irrompe improvvisa e furente.

 

 Jum’appinninu scinna e s’affunna l’arma, a mari

va’ foglia e meraviglia.

 

3 novembre 2022

 

  Ho preparato la cena col vivo desiderio di cucinare

alla maniera antica, con le mani di mia nonna

strappate alla mia memoria.

  Resta la voglia di correre, scorrere, tornare al

grembo di mia madre, essere fiume, diventare

mare, essere mare, diventare oceano.

  Afferrare i ricordi, farne nodi, trecce di bambina.

  Ho gli occhi stanchi di sempre, lascio che siano

altro da me: rovi o fuochi, pozzanghere o nuvole.

 

Martedì, non piove più

 

 

 

   Se mi fermo a guardarla la vita che scorre, tremo di

amore e di paura, so che è un miracolo immenso, una

favola triste, un romanzo scomposto nella sua trama,

un libro di scuola a cui qualche monello ha strappato

le pagine più utili, un bugiardino illeggibile, una poesia

incompiuta.

   Mi sono svegliata pensando all’amore, a quanto è

fuorviante dirsi innamorati, sarebbe meglio potersi

dire amanti e lasciarsi cullare dalla dolcezza di un

participio presente.

   Io ho sempre vissuto amori felici, facili no. Ho

amato cuori ispidi e muti e lì ho trovato la musica

che non mi aspettavo.

   Mi sono mossa per una vita intera nelle pieghe

dell’amore senza saperne niente.

 

L’anima camina senza scarpi e senza pinsieri, va’

cumi vientu a mari e si sta cittu quannu l’amuri

canta.

 

 

 pioggiaobliquascritturedarte@gmail.com

 

 


 

" Pioggia Obliqua una rivista

affermata e prestigiosa."

 " Un grazie di cuore a 

Pioggia Obliqua i cui molti meriti nei riguardi della poesia non saranno mai abbastanza sottolineati."

 

Alessandro Fo

 

 

" Saprà o vorrà ancora la forza accumulata (...) resistere alla forza di omologazione che la tecnologia sembra inevitabilmente portare in seno?(...) Prevedo un lungo periodo di 'agonie', voglio dire di lotta (...) sarà probabilmente quella la forma e la sostanza del poetare che ci aspetta."

 

Mario Luzi

Da un suo scritto per Pioggia Obliqua a proposito

del  'senso di fare  poesia', gennaio 1996

 

 

" Io credo che un pò di silenzio ci faccia bene, c’è un coro di voci “troppo alto”, sgraziato, che ci sommerge, e non mi riferisco solo alla letteratura. In questa specie di “frullato” che siamo costretti ad ascoltare quotidianamente, il valore delle cose si perde.

 

Se c’è un attimo di riflessione, di

silenzio, la parola scritta o detta assume maggiore rigore."

 

 

Antonio Tabucchi

 

Intervista rilasciata a Luigi Oldani e

Elisabetta Beneforti per Pioggia Obliqua 

 

 


" Il sito Pioggia Obliqua mi ha "donato questa nota sul mio libro (...), ma l'intero sito è da seguire."

 " (...) e un ringraziamento per tutto ciò che P.O. fa per il mondo della poesia."

 " (..) E la stima è da me ricambiata verso il vostro prezioso sito!"

 (...) sempre attenti e preziosi gli amici di "Pioggia Obliqua".

 

Bruno Galluccio

 

 

" Un bel luogo d'incontro tra scritture."

 

Matteo Pelliti

 

 


" Non so dire se la bellezza salverà il mondo, come pensava Dostoevskij, ma mi piace pensare che sarà così. In fondo, già Stendahl sosteneva che "la bellezza non è che una promessa di felicità". 

 

Vittoria Franco

per Pioggia Obliqua

 

 

" Agli amici tanto tanto amati di Pioggia Obliqua, poeti invincibili della vita, il mio abbraccio umile e il mio ringraziamento, per mantenere la poesia come unica veritá nel mondo."

 

Daniel Fermani Gonzales

 

 

 

 

" Rivista preziosa, che seguo da tempo."

 

Alfredo Rienzi

 

                 

 

 

 

                    

 

 

                  

 

                       Consigli di lettura

 

 

    

 Nella omonima rivista cartacea 'Pioggia obliqua rivista di letteratura e culture', pubblicata negli anni Novanta, una intervista a
Antonio Tabucchi,
Edoardo Sanguineti,
Mario Luzi. 
Un testo di Valerio Magrelli. 
Mario Luzi, Luigi Baldacci, Patrizia Valduga, Attilio Lolini, Gabriel Cacho Millet, Marco Marchi e Loriano Gonfiantini rispondono
sul senso di fare poesia in quegli anni.
Risposte attualissime.

 

 

 

 

 

 

 

 


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