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      CINZIA MARULLI

fotografia di Carlo Leoni
fotografia di Carlo Leoni

 

 

Poesie

 

 

 

Da Percorsi , La Vita Felice, 2016

 

 

La poesia di Cinzia Marulli non è una poesia esistenzialista, ma esistenziale. Nel senso che, piantato nella terra, l’essere tende verso l’alto come l’albatros di Baudelaire.  Là dove la speranza ha grandi ali. Ma sente, l’essere, al tempo stesso il bisogno di radicamento nella terra, unica garante affinché non si perda ciò che è stato. L’alto e il basso non si escludono.  C’è di fatto, in queste poesie, una tensione estrema,  un dilaniarsi,  uno strappo, sì una sofferenza tra il bisogno d’immobilità e il desiderio di ampiezza.  Tra i piedi con i loro piccoli passi e la testa creatrice di spazio e di lontananza.

 

 

dalla prefazione di Jean Portante

 

 

 

 

 

 

Dalla sezione “Il senso bianco delle nuvole”

 

 

 

 

Lo sai cosa c’è oltre?

A volte credo di averlo fatto il viaggio

ma non so se era immaginazione

 

certo, il sogno porta nella luce

 

ma io ragiono con la misura della terra

e non so comprendere

il senso bianco delle nuvole.

 

 

 

 

 

Dalla sezione “Il paradosso del cerchio”

 

 

 

 

Eppure c’è un sentiero

che porta in alto

in quel luogo di sole

dove l’ombra è amica

 

un luogo piccino

che affaccenda il respiro

e il riposo saluta

come farebbe un amico

 

e questa chiave

che giace a terra sconsolata

sa che non ci sono serrature

in quella porta

 

il varco è aperto

e attende

attende il passo

lentamente sorridere

perché giocano i bambini

e loro non hanno segreti

 

e nulla è chiuso.

 

 

*

Sono salita sulla montagna più alta

perché volevo volare

il vento era dolce e sotto di me le terre

mi attendevano  – verdi e selvagge.

Mi sono messa proprio sul bordo del precipizio

ad aspettare che  mi crescessero le ali

sono stata lì

finché i capelli sono divenuti bianchi

ma le ali ancora non erano cresciute

poi, ho smesso d’aspettare

mi sono gettata nel vuoto con le braccia aperte

e gli occhi chiusi:

in quel momento tutti i miei sogni si sono scossi

e si sono dati un gran da fare

si sono trasformati loro stessi in ali

e mi hanno portata lontano fino a sfiorare i fili

dell’erba

infine se ne sono andati

facendomi cadere al centro del grande lago.

 

L’acqua mi ha accolto trasparente e vergine

e in essa ho lavato il mio dolore.

 

 

*

In questa solitudine

che esplode

il mare

lontano e quieto

nasconde la potenza

di un animo perso.

 

Lì giù,

dove neanche la luce

può arrivare

c’è l’onda che freme

 

e la roccia è niente.

 

C’è una luce lieve

lungo il sentiero di Santiago

dove i piedi sanguinano solitudine

mentre calpestano 

le briciole lasciate a memoria

 

E nel tremore delle mani

di mani che pregano

l’uomo va, inarrestabile,

alla ricerca di quell’oltre

che dia senso a ogni cosa

 

Il desiderio di inciampare

su una radice gemmante di bene

che possa rompere il fragore delle guerre

è la forza che sospinge 

 

Il dono atteso, quel sentimento bianco

sotto la terra smossa dal coraggio

nelle ferite che colano l’unguento sacro

forse non si conquisterà mai.

 

In fine

tutto si spiega,  ché il peso del mondo

l’assurdo peso di tanta pietra

grava solo su una poverissima corona di spine.

 

 

 

 

Dalla sezione “Il riflesso della Luce”

 

 

 

Ho sentito dire che la vita è cosa seria.

È la morte a essere beffarda,

ma il come è un’altra cosa.

 

Forse nel sorriso è il segreto di tutto

 

in quel piccolo topo

che fugge veloce

e cerca il suo riparo.

 

 

*

Quando sarò dentro alla mia tomba

mi metterò seduta a guardare il mare

e aspetterò di diventare polvere

allora potrò ascoltare i discorsi segreti

e viaggiare nei luoghi dove non sono mai stata

potrò parlare con il vento

e camminare insieme alle nuvole.

Andrò a casa di tutti i poeti e

frugherò nei loro cassetti.

 

Quando sarò dentro alla mia tomba

non ci sarà più il freddo e potrò

passeggiare senza paura di ammalarmi

mi siederò su una panchina

e leggerò tutti i libri che non ho ancora letto.

Non ci sarà più neanche il Tempo

ed io resterò per sempre giovane

mi metterò lo smalto alle unghie

e legherò i capelli con i fili d’erba.

 

Quando sarò dentro alla mia tomba

mi laverò l’anima con le parole:

saranno loro le mie preghiere.

 

 

*

Quando sarò morta

e voi mi metterete dentro a una bara ancora aperta

io mi siederò lì con voi e guarderò il mio corpo.

Forse vi vedrò piangere e non capirò il perché

voi tutti continuerete a guardare dentro alla mia bara

darete le ultime carezze a un corpo ormai vuoto

qualcuno perfino mi bacerà e chi mi ha trattato male

in vita forse ne proverà dispiacere e si pentirà addirittura

tutti penserete che io sia dentro a quella scatola di legno

e nessuno si accorgerà che invece

                                                     sto seduta lì – insieme a voi.

 

 

 

 

 

 

 

 

Da “ La casa delle fate”                                                                                                                                                                                             

in corso di pubblicazione

 

 

 

 

Si ferma il tempo

nel percorso che m’avvicina

in questo luogo risiedi

qui – dove la vita passa nell’attesa.

 

Il candore della tua pelle m’accarezza

quella pelle tornata bambina

ora che invochi me

come fossi io tua madre.

 

 

*

C’è il camino acceso che illumina

l’inverno

nel volto antico delle bambine

sono tutte sedute - quasi in circolo –

sulle rughe della loro vita

gli occhi aperti che cercano

attenzioni

aspettano i visitatori -  i figli indaffarati

il cuore grande dei nipoti

mangiano i dolci

portati per convenienza

vorrebbero volare come ballerine

ma hanno bisogno di aiuto

anche per bere un sorso d’acqua

ognuna a raccontare la propria storia

a nascondere i dolori

sono belle tutte insieme

sono belle e tristi le bambine

e la Signora Morte  neanche si nasconde

mentre le guarda

per decidere chi portare via per prima.

 

 

*

C’erano anche i giorni belli

nella casa delle fate

i giorni dove il sole entrava dalle finestre

e i sorrisi delle bambine diventavano perfino

veri

 

anche le ossa smettevano di dolere

e i ricordi sembravano quasi inutili

 

erano i giorni delle visite

delle passeggiate corte un metro

delle pastarelle

e dei “mangiane poche che altrimenti ti fanno male”

ma tu lo sai che a ottant’anni non ti importa del

diabete

ti vuoi bere la vita, tutta quella che ti rimane

e goderti ogni cosa

che poi si torna a letto, in mezzo all’urina che esce

dall’incerata.

 

 

*

Giace così la fata

con lo sguardo fisso al soffitto

la notte – tutta – è tempo eterno

e non c’è voce o carezza che lambisca le lenzuola.

 

E’ silenzio.

 

Forse è meglio il sonno, quello vero

che quest’anima giovane è prigioniera

e mentre l’urina dilaga non c’è più la forza di girarsi

girarsi soltanto

su quel lato che apre la vista al sogno.

 

Ma il tempo, quel tempo che sembra infinito

lascia il posto al chiarore del mattino

 

si sentono i primi rumori, la casa si sveglia

arrivano le signorine, si cambia il letto,

s’asciuga l’incerata.

Finalmente il bagno e il pettine a rimettere in ordine le cose

la sedia con le ruote grandi

e di nuovo tutte assieme nella sala

la colazione col te e le fette biscottate

quelle secche che impastano la bocca.

 

Poi quella maledetta televisione che ciarla

come fossero tutte sceme le fate

come se non avessero passato la vita a salire le scale.

Arriva il pranzo con l’antipasto di pasticche

che fanno gli occhi tristi

e il purè di patate mollo come le giornate tutte uguali.

 

La minestrina a cena e poi di nuovo a letto

e la fata con gli occhi aperti fissi al soffitto

e la notte – tutta – è tempo eterno.

 

Eppure, eppure. Una carezza, solo una carezza.

 

 

*

Eppure questo cielo grigio

mi sembra pieno di sole

 

non è l’acqua della pioggia

a bagnarmi le costole

ma il colore acre della tua assenza

 

perfino il cigolio della sedia a rotelle

è una musica cara

che abbraccia il ricordo.

 

Mi piacerebbe toccare la tua anima

accarezzarla di crema

come la pelle

calda e rosa che cedeva alle mie cure

 

questa tua anima

che vorrei guardare negli occhi

e ascoltarne la voce.

 

Ma tutto tace

e questo silenzio

è un filo trasparente che ondeggia nel vuoto

e non ci sono piedi da poterne stare in bilico

 

ma forse è precipitando

che c’è la pace

in quel dolore che c’è

e che ci deve essere.

 

 

 

La raccolta “La casa delle fate” si è classificata al primo posto nella sezione raccolta inedita al Premio di Poesia Casa Museo Alda Merini vincendo la pubblicazione con la casa editrice La Vita Felice.

 

 

 

 

 

 

    Nota dell’autrice al libro “La casa delle fate”

Per circa due anni ho portato avanti un laboratorio di poesia all’interno di una casa di riposo per donne anziane. Un’esperienza che mi ha fatto conoscere da vicino la condizione della terza età, forse quella meno privilegiata, più afflitta da problemi fisici e di malattia. Le case di riposo sono luoghi dove esistono situazioni di solitudine se non addirittura di abbandono da parte di figli e parenti lontani, ma anche di figli costretti a causa degli impegni lavorativi a “ricoverare” i propri genitori non più autosufficienti o totalmente invalidi. Sono situazioni complesse, ingiudicabili, che evidenziano una condizione difficile che andrebbe gestita con grande umanità. L’idea di questo laboratorio è nata spontanea dopo un breve ricovero di mia madre presso una di queste strutture, ricovero al quale sono dovuta ricorrere perché nessuna clinica riabilitativa pubblica aveva accettato di curarla a seguito di una frattura gravissima.  In questo luogo, che mia madre stessa chiamò la casa delle fate, ho potuto offrirle una riabilitazione che l’ha portata a camminare di nuovo, piccoli passetti, ma dall’enorme significato per una persona che si ritrova a vivere con un corpo morto e alla quale sono preclusi i più piccoli e umili gesti della quotidianità. Pur essendo un luogo estraneo era comunque una struttura buona perché consentiva alle famiglie di rimanere accanto ai propri anziani, di collaborare fattivamente nella gestione e di rimanere anche a dormire insieme a loro. Durante le mie visite ho iniziato, quasi per gioco, a leggere alle signore ospiti delle poesie. Si è aperto un mondo. La loro risposta è stata eccezionale. Mi attendevano ogni giorno pronte ad ascoltare i testi che avevo preparato per loro per poi lasciarsi andare ai ricordi, alle chiacchiere e perfino alle risate.  Il risultato nel tempo è che tutte avevano trovato un nuovo stimolo alla vita, si sentivano partecipi e attive di qualcosa che potevano fare nonostante la loro condizione fisica. Ovviamente il livello culturale era molto vario, ma non c’era una competizione di bravura e di conoscenza. La poesia le aveva rese nuovamente vive e loro erano felici.

Ho continuato questo laboratorio anche dopo la morte di mia madre, che sopraggiunse a causa dei suoi problemi cardiaci, e sono stata costretta a terminarlo perché la struttura chiuse non avendo ricevuto più i finanziamenti necessari. Fu una cosa molto triste. Era un luogo che funzionava. Era la casa delle fate.

Ho scritto questo questa raccolta per ricordare, perché penso che occuparsi dei nostri anziani sia un dovere ma anche e soprattutto un diritto e come tale deve essere riconosciuto e sostenuto.

Non è un libro di denuncia e tanto meno vuole essere autobiografico, ma ha l’intento pretenzioso di parlare di qualcosa che in genere è taciuto: la vecchiaia. Credo che ci riguardi tutti ed è importante prendere coscienza di questa condizione perché quello che c’è da migliorare si può migliorare, a volte veramente con poco.

Perché dunque la poesia? Perché è il mio linguaggio, Perché scava nell’oltre e nelle coscienze. Perché, come ha scritto Borges nell’Invenzione della Poesia, non esiste argomento precluso per essa. Perché credo fermamente che la poesia possa cambiare le cose e le mie fate me lo hanno dimostrato. Una cosa inutile come la poesia è stata di un’utilità incredibile davanti al cedere della vita. E Anna, Maria, Giovanna, Francesca, Vincenzina, Luisa, Anna Rita, Rosalba e Ludovica me lo hanno provato con i lori occhi tornati a splendere, sia pure adagiati su una sedia a rotelle e lontani dalle loro case.

Dedico, dunque, questi miei scritti a tutti noi che diventeremo vecchi e alle nostre famiglie affinché si ricordino che  l’amore è importante e sul finire della vita diventa assolutamente necessario.

 

C.M.

 

 

 

 

fotografia di Carlo Leoni
fotografia di Carlo Leoni

 

 

Cinzia Marulli

 

 

Ha studiato all’università La sapienza di Roma sino-indologia e sta traducendo alcuni tra i principali poeti cinesi contemporanei e in particolare i poeti brumosi (Bei Dao, Mang Ke ecc..)

È curatrice della collezione di quaderni di poesia Le gemme (Ed. Progetto Cultura) e ha pubblicato note critiche su varie riviste di settore (La mosca, Atelier, I fiori del male ecc…)

Ha realizzato progetti di videoarte in collaborazione con il Gatestudio Records (www.gatestudio.eu).

E’ promotrice culturale e cura rassegne di poesia.

Le sue poesie sono state tradotte in cinese, francese, greco, inglese, rumeno, spagnolo, e slovacco e pubblicate su antologie e riviste di settori in vari paesi.

Ha pubblicato in poesia: Agave (LietoColle 2011) con l’introduzione di Maria Grazia Calandrone e no a critica di Plinio e, nel 2013, Las Mantas de Dios-Le coperte di Dio (Ed. Progetto Cultura) in versione bilingue italiano- spagnolo con traduzione del Prof. Emilio Coco e introduzione di Mario Meléndez, Percorsi (ed. La Vita Felice 2016) con prefazione di Jean Portante.

Ha vinto il Premio Prata 2014 per il suo impegno per la diffusione della cultura e della poesia e da ultimo ha vinto il Premio Casa Poesia Alda Merini con la raccolta inedita di poesia “La casa delle fate” che sarà pubblicata nel 2017 con la casa editrice La Vita Felice.

 

 

La pagina viene presentata per gentile concessione dell'autrice a Pioggia Obliqua

 

 pioggiaobliquascritturedarte@gmail.com

 

 


 

" Pioggia Obliqua una rivista

affermata e prestigiosa."

 " Un grazie di cuore a 

Pioggia Obliqua i cui molti meriti nei riguardi della poesia non saranno mai abbastanza sottolineati."

 

Alessandro Fo

 

 

" Saprà o vorrà ancora la forza accumulata (...) resistere alla forza di omologazione che la tecnologia sembra inevitabilmente portare in seno?(...) Prevedo un lungo periodo di 'agonie', voglio dire di lotta (...) sarà probabilmente quella la forma e la sostanza del poetare che ci aspetta."

 

Mario Luzi

Da un suo scritto per Pioggia Obliqua a proposito

del  'senso di fare  poesia', gennaio 1996

 

 

" Io credo che un pò di silenzio ci faccia bene, c’è un coro di voci “troppo alto”, sgraziato, che ci sommerge, e non mi riferisco solo alla letteratura. In questa specie di “frullato” che siamo costretti ad ascoltare quotidianamente, il valore delle cose si perde.

 

Se c’è un attimo di riflessione, di

silenzio, la parola scritta o detta assume maggiore rigore."

 

 

Antonio Tabucchi

 

Intervista rilasciata a Luigi Oldani e

Elisabetta Beneforti per Pioggia Obliqua 

 

 


" Il sito Pioggia Obliqua mi ha "donato questa nota sul mio libro (...), ma l'intero sito è da seguire."

 " (...) e un ringraziamento per tutto ciò che P.O. fa per il mondo della poesia."

 " (..) E la stima è da me ricambiata verso il vostro prezioso sito!"

 (...) sempre attenti e preziosi gli amici di "Pioggia Obliqua".

 

Bruno Galluccio

 

 

" Un bel luogo d'incontro tra scritture."

 

Matteo Pelliti

 

 


" Non so dire se la bellezza salverà il mondo, come pensava Dostoevskij, ma mi piace pensare che sarà così. In fondo, già Stendahl sosteneva che "la bellezza non è che una promessa di felicità". 

 

Vittoria Franco

per Pioggia Obliqua

 

 

" Agli amici tanto tanto amati di Pioggia Obliqua, poeti invincibili della vita, il mio abbraccio umile e il mio ringraziamento, per mantenere la poesia come unica veritá nel mondo."

 

Daniel Fermani Gonzales

 

 

 

 

" Rivista preziosa, che seguo da tempo."

 

Alfredo Rienzi

 

                 

 

 

 

                    

 

 

                  

 

                       Consigli di lettura

 

 

    

 Nella omonima rivista cartacea 'Pioggia obliqua rivista di letteratura e culture', pubblicata negli anni Novanta, una intervista a
Antonio Tabucchi,
Edoardo Sanguineti,
Mario Luzi. 
Un testo di Valerio Magrelli. 
Mario Luzi, Luigi Baldacci, Patrizia Valduga, Attilio Lolini, Gabriel Cacho Millet, Marco Marchi e Loriano Gonfiantini rispondono
sul senso di fare poesia in quegli anni.
Risposte attualissime.

 

 

 

 

 

 

 

 


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