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Fabrizio Cavallaro

IL NUOVO LIBRO

 

Fabrizio Cavallaro, In febbre e sudori, Gruppo Editoriale Bonanno, 2019.

 

 

 

Forse nella carne
ho cercato l’infanzia perduta

dei cortili d’estate,
trasudati,
del condominio senza amici,

delle cadute in bici,
delle gite fuori porta,
la noia dei pomeriggi

che infettavano il cuore.

 

 

 

Testo di Fabrizio Cavallaro tratta da In febbre e sudori.

 

 

"Nelle liriche di Cavallaro, difatti, si riscontra sempre un’atmosfera assai diversa, perfino contrastante, rispet- to alle fotografie. I versi, altroché, hanno un ritmo in- calzante; le descrizioni sono sanguigne e vivissime, cioè mai sospese in un’età antica e onirica, ma impegnate in

un gesto, ripetutamente assai incantevole (p. 54):

 

Poi, fu un singolo gesto,

mirabile innesto,
a lasciarti inerme e acceso

a quel gusto sottinteso."

 

 

 

Dall'introduzione di Gandolfo Cascio.

 

 

 

Fabrizio Cavallaro, Estività, Ensemble 2018

"Estività" è neologismo di "cattività", ed è metafora di dissesto e disagio, solitudine e anomia. L'estate (stagione che personalmente detesto) è vista come lasso temporale della mente e dell'anima in cui vige l'abitudine all'abbandono ed alla finta contentezza imposta dall'abitudine inculcataci dall'alto a volerci sentire felici. In vacanza, liberi da una quotidianità, libertà che è solo rimozione del dolore e del senso di prospettiva che la vita di ognuno e di tutti dovrebbe avere come valore di riferimento.

 

Queste parole ci consegna Fabrizio Cavallaro per la sua ultima raccolta poetica Estività, appunti fondanti di poetica nonché fil rouge di lettura testuale. Attraverso le cinque sezioni di cui si compone, la silloge si presenta subito come un canzoniere ricco di affetti e di immaginari. “siamo rami nel cambio di stagione” : l’amore filiale quanto l’amore carnale sono modulati da malinconici distacchi e sospensioni, poi aperture e attese. I contrasti qui non risultano mai vere dissonanze, come dire che i sentimenti che affiorano in una stagione non amata altro non sono che differenti volti dello stesso sentire. Una sorta di viaggio interiore, dunque, una lettura sul campo della “singolarità eletta / e deforme dell’amore”. Appaiono ricordi velati in immagini di vita vissuta qui ed ora, immagini dai corpi e dalle tonalità fortemente semplici. Fabrizio Cavallaro fotografo interviene con saggezza di sguardi e inquadrature, in quei contrasti presenti ma dissolti nel quadro d’insieme. Fabrizio Cavallaro poeta ci consegna il suo dissesto e disagio con voce sicura e ferma che non cade in nessun passaggio nella facile elegia, neppure nei momenti più nostalgici.   

 

 

 

Elisabetta Beneforti

A mia madre piacciono le fiabe,

specie quelle del cinema: dalla

Hepburn alla Schneider di Sissi,

a Superman, a Tutti insieme

appassionatamente, le piacciono

perché ha un cuore di bambina;

da lei ho ereditato l’idea che l’età

può essere uno scrigno che serbi

la fanciullezza pure con la solidità

di trascorrere i giorni ad occhi pieni

e mani aperte alle virtù del mondo.

Chiudo gli occhi per non pensarti,

mi viene meglio stringere le labbra

il gusto del veleno è una vela sottile

le tue camelie si sono scoperchiate

come scatole di scarpe o corolle

carnali, al solo tocco di un timido

vento intonando il loro alfabeto.

Dimmi quando torni, lascio aperto.

Domani è giorno di riposo.

L’anima non ha più direzione.

Tengo fermo il respiro per goderne,

come fa l’ammalato o il villeggiante.

Questa estate passerà senza diletto.

Le file di automobili urlanti ossessi,

solitudine ai bordi dei palazzi,

nelle vie sbriciolate dalla fretta.

Tutti gli sguardi tesi verso il basso,

alfabeto di marciapiedi.

A novembre sono brevissime le vite.

a Manuel

 

Noi siamo più di questo.

Siamo più di un appuntamento,

più d’un gioco all’abitudine,

siamo più anche nel silenzio,

di quel che, a dirlo, rimarrebbe spento.

Noi due siamo più di questo e altro.

Saperlo ci spinge avanti come vento.

Lo stesso vento che ci carezza la fronte,

mulinello sottile mosso dagli abbracci.

Facciamo parte di questo vento

dove sono finite le parole,

in uno squarcio di blu oltremare

perirono le vacanze, le stagioni

si cullano una sull’altra

fondendosi in un parato stellare

in cui i tuoi occhi stampavano

un sorriso che la diceva lunga.

Furono tempi migliori, più volenterosi

riconoscibili in un battito di ciglia,

più facile cercarsi, riconoscere

un respiro autentico lì dove

attecchivano parole primaverili,

rami fragili solleticavano il cielo,

il sorriso era un campo d’erba nuova.

poesia e fotografia

                                                                                                                                                                                                                                                                                              inedito

 

 

 

Acini


 

 

 

Il tuo ostracismo su di me

non poteva essere più deciso

compiuto, fermo e irriverente -

acqua negata a chi passeggia

felice nel deserto - nei miraggi

compone il suo nido

sostando in posa da filosorantico.


 

Era il tuo modo di metterti

in primo piano, smutandato

nudo come l'airone

fermo su una zampa

sullo specchio liquido,

indocile, della bellezza.


 

Quella prima volta ti

togliesti lo sfizio -

con pigrizia e precisione

nel nido piumato,

non fu per imbarazzo,

la pelle dettava silenzi

palusibili di carezze.


 

Si sbriciolava la mia volontà

il controllo, l'asperità

il distinguo tra calma e delirio

disseccando gli occhi,

cifra discinta,

naufragio complesso,

tana morale dell'ossesso.


 

Tra le erbe ti sfilavi

la timidezza, ne facevi

una palude

di pensieri a doppio taglio,

intersecati con la sveltezza

di un bambino.

Essere tuo bersaglio

per un'ora, un pomeriggio

era la questua praticata

sorridendo per contingenza.


 

Stasera in tivù - una noia.

Il palinsesto congelato dalle usuali

ripetizioni in ciò che nulla aggiunge

solo mattoni al compendio del buio.

 

E penso che se tu fossi qui,

non muterebbe granché.


 

Le regole dell'attrazione

si condensano in maturità

nell'unica direttiva plausibile

che dà la stura ad altre

epifanie in apparenza gaie

stessa partitura che si reitera

come un loup di finzione

serra ognuno sui suoi passi

marcati da desideri bugiardi.


 

Domani mi mancherai ancora

come sempre - a tratti - per chissà

quali insolite alchimie di passioni

irrisolte, ridotte a fondi di idee.

Ma stasera - il pensiero del tuo

corpo tortuoso che caracolla

indolente e nudo, in posa

per farsi più lontano

mette in tasca il conto

d'un certo fastidio, come

di chi ha troppo gozzovigliato

o magari solo immaginato.


 

E' nel proteso

sospiro carnale

che si estende

il desiderio e sale

alle stelle,

le infiamma.


 

Fremevano le foglie

sotto i suoi lunghi piedi

accartocciate -

il membro ciondolante

nell'aria boschiva.
Le tue manie di proscrizione

come se le mie mani fossero armi

invece che feritoie dell'anima

e carezze eventuali, offese

alla tua integrità presunta

alla tua puerile fermezza,

ragazzo che neghi

un cenno di tenerezza.


 

Scrivo come se tu potessi leggermi

o sentirmi - un richiamo - lontano

distanza di mondi insorsi

al chiamo del desiderio

declinato in destini avversi

- o solo diversi -

che potrebbero incrociarsi

in un teorema di passioni

diversamente non fusibili.

 

 

 

 

                                                                                                                                             inedito

 

                      GOCCIOLINE                                                                                                            

 

                                                                                                                                                

Mi rubi la scena

rimanendo immobile,

la tua schiena illumina

il sottobosco della camera

coi suoi utensili, le cataste

inutili

d'una intera vita. Te ne stai

sdraiato, osservi il soffitto,

ti dedichi solo

all'amplesso con te stesso.

 

 

Gettavamo gli avanzi

sul pavimento,

il mondo fuori

discarica a oltranza,

indifferente crudele.

Pisciavi nel lavabo

standomi di spalle.

I margini dei nostri

corpi, urtandosi

producevano scintille

d'ombra e silenzio.

La disfatta e il piacere

battagliavano in me,

discretamente.

 

 

Maculato dalla vita

il tuo corpo, originale struttura

della derelizione

che furiosamente bramo.

Qualcuno me l'ha strappato.

Da allora dolorosamente amato.

 

 

Hai tagliato i capelli,

il vento non carezza

più il tuo ciuffo

ridente, ballerino.

Carezze recriminano

quel gioco di fronde

che vibravano mutamente.

 

 

Ogni colpo, un boato

nella costellazione

quella singola notte,

tuo il bacio profondo,

pure se mercenario,

anticamera del rogo

m'avrebbe incenerito.

 

 

Un invito a cena,

giochi di gambe

sotto il tavolino ad imbastire

un corteggiamento

fuori dalle logiche comuni.

Era un rogo piccino.

Poi, quel nido d'ombra

il tuo sesso eretto,

antipasto frugale

troncato dall'ottusa soldatanza

d'un perbenismo volgare,

abbagliato.

 

 

Disperatamente, ti cercavo

nei giorni a seguire

quel tranello ibernato.

Ma il gioco era ormai

obsoleto.

Non ci credevi più.

Te ne sei volato.

 

 

Ci copriamo di bugie

per diversità d'intenti

che mai ci affratellerebbe, non fosse

per quella cifra crudele

che somiglia alla vanità

nel dare e nell'avere,

gentilezze posticce

che fanno da corte

a un viavai crudele.

 

 

L'ottusità del piacere,

postata come preda

di magnifici desideri

pochi minuti, poi s'infrange

lo specolo del gusto

al contrario osservando

la selvaggina farsi bracconiere,

il predone ingenuo bottino.

 

 

Baciami sulle labbra con le tue

ultime bugie, falle

divenire materia d'amore

magistrale, unicamente

per un lascito di speranza

alla nostra somma diversità

che potrebbe farsi meteora

fiammante stella che c'incenerirebbe.

 

 

Peso specifico del mio amore

è la potenza del silenzio

che trapassa gli sguardi,

tartassa i pensieri

in un'unica direzione,

pesando la fantasia

irregolare errore

inutile fatica, quando

l'unica rotta possibile

è l'orografia radiale

del tuo corpo magistrale. 

 

 

 

 

Fotografia

 

di

Fabrizio Cavallaro

FABRIZIO CAVALLARO

 

Alterna l'attività di poeta a quella di fotografo.

Ha pubblicato alcune raccolte di versi, tra cui Latin lover (edizioni Prova d’Autore collana Centovele, 2002, prefazione di Attilio Lolini) e Poesie d'amore per Clark Kent(Lietocollelibri 2004) - È autore di testi teatrali in versi, tra cui Salomè (con note di Francesco Scarabicchi, Renzo Paris) e curatore, nel 2006 della raccolta di tributi a Dario Bellezza dal titolo L'arcano fascino dell'amore tradito (Giulio Perrone Editore).   

Nel 2016, insieme ad Alessandro Fo, Umana, troppo umana- Poesie per Marilyn Monroe (Nino Aragno editore).  

 

 

 

 

  IL NUOVO LIBRO DI FABRIZIO CAVALLARO

 

 

 

 

 pioggiaobliquascritturedarte@gmail.com

 

 


 

" Pioggia Obliqua una rivista

affermata e prestigiosa."

 " Un grazie di cuore a 

Pioggia Obliqua i cui molti meriti nei riguardi della poesia non saranno mai abbastanza sottolineati."

 

Alessandro Fo

 

 

" Saprà o vorrà ancora la forza accumulata (...) resistere alla forza di omologazione che la tecnologia sembra inevitabilmente portare in seno?(...) Prevedo un lungo periodo di 'agonie', voglio dire di lotta (...) sarà probabilmente quella la forma e la sostanza del poetare che ci aspetta."

 

Mario Luzi

Da un suo scritto per Pioggia Obliqua a proposito

del  'senso di fare  poesia', gennaio 1996

 

 

" Io credo che un pò di silenzio ci faccia bene, c’è un coro di voci “troppo alto”, sgraziato, che ci sommerge, e non mi riferisco solo alla letteratura. In questa specie di “frullato” che siamo costretti ad ascoltare quotidianamente, il valore delle cose si perde.

 

Se c’è un attimo di riflessione, di

silenzio, la parola scritta o detta assume maggiore rigore."

 

 

Antonio Tabucchi

 

Intervista rilasciata a Luigi Oldani e

Elisabetta Beneforti per Pioggia Obliqua 

 

 


" Il sito Pioggia Obliqua mi ha "donato questa nota sul mio libro (...), ma l'intero sito è da seguire."

 " (...) e un ringraziamento per tutto ciò che P.O. fa per il mondo della poesia."

 " (..) E la stima è da me ricambiata verso il vostro prezioso sito!"

 (...) sempre attenti e preziosi gli amici di "Pioggia Obliqua".

 

Bruno Galluccio

 

 

" Un bel luogo d'incontro tra scritture."

 

Matteo Pelliti

 

 


" Non so dire se la bellezza salverà il mondo, come pensava Dostoevskij, ma mi piace pensare che sarà così. In fondo, già Stendahl sosteneva che "la bellezza non è che una promessa di felicità". 

 

Vittoria Franco

per Pioggia Obliqua

 

 

" Agli amici tanto tanto amati di Pioggia Obliqua, poeti invincibili della vita, il mio abbraccio umile e il mio ringraziamento, per mantenere la poesia come unica veritá nel mondo."

 

Daniel Fermani Gonzales

 

 

 

 

" Rivista preziosa, che seguo da tempo."

 

Alfredo Rienzi

 

                 

 

 

 

                    

 

 

                  

 

                       Consigli di lettura

 

 

    

 Nella omonima rivista cartacea 'Pioggia obliqua rivista di letteratura e culture', pubblicata negli anni Novanta, una intervista a
Antonio Tabucchi,
Edoardo Sanguineti,
Mario Luzi. 
Un testo di Valerio Magrelli. 
Mario Luzi, Luigi Baldacci, Patrizia Valduga, Attilio Lolini, Gabriel Cacho Millet, Marco Marchi e Loriano Gonfiantini rispondono
sul senso di fare poesia in quegli anni.
Risposte attualissime.

 

 

 

 

 

 

 

 


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