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M a r i n a    P i z z i


 

LA CENA DEL VERBO

(inedito)

                                                                 Per ognuno di noi che acconsente

                                                                vive un ragazzo triste che ancora non sa

                                                                quanto odierà di esistere.

 

                                                              - Franco Fortini, "Complicità" (1969)

 

 

 

1.

Unica tregua somigliare al fango

Alla migliore traccia di sangue

Per sconfiggere speranza con l’anemia

Del balzo tenerissimo con la concreta

Realtà di andarsene finalmente superstiti

Bonari. Di te non credo la vitalità più bella

Né la cometa azzima di luce

Perché la ressa delle rondini è soqquadro

Sul finire dell’ultima cimasa.

Non resta che pagliaccio la sirena

Irrisa da soldati di conquista.

2.

Annuncio di chitarra vederti all’angolo

Dove la sposa cieca ti sorride

Coriandolo e malessere per sempre.

L’ausilio del gemello francescano

Non consente libertà di scelta

Ma esuli le palpebre di brevetto.

Dimmi perché piange la baldoria

Del fiume dotto di non tornare mai

Quasi del secolo il messaggio a dio.

3.

Dio della notte il mio sospiro

Sparuto quanto un indice di nebbia

La crudeltà del sale sfatto palmo

Con il mistero che deride la faccia

Faccenda senza resine di baci.

Il male barricato sulla fronte

Dissolve l’ossigeno geniale

La gente sugli spalti delle tombe.

Tu dimmi quale rondine corsara

Sapienza di dio non sapere

Perché le baracche da sole spopolano

Esatte bramosie cercare dio.

Capitomboli di sabbie volerti bene

Dietro la rotta tragica del guado

O di domani la speranza d’essere.

Pagliaccio al grado Generale

Questo fantasma d’anima malarica

Dove intercede il regno del cipresso.

4.

La notte dell’abaco quando più nulla conta rimanere

Al bacio dell’algebra bravura

O sotto teca ricordare il nonno

O la maretta insita alla darsena.

Inverno bello quanto un calamaio

Felice pagliaccio della poesia

Barriera al maestrale colma vendetta.

Materna la briciola che sogna da sola

La grande pagnotta della patria

Sgominata con un soffio di penuria.

5.

Ho una critica al rito perché non piange

Parla e recita cinge l’altare

Sulla truppa delle lacrime di altri

E questa piccolina aria di asilo

E’ vicina al mio collo gracile come un biscotto

La meringa di madre che mi fu amorosa gara

Qualora giungi in ritardo e il dondolo del sole

M’insegnò la rima con la luce pietosa

Dentro le tombe con gente che se ne va

Bruciata o sottoterra oltre i santi che non ci sono

Giammai vicini nonostante il calendario o a

Decine di copie per festeggiare il nuovo anno.

Le medicine delle nuvole piangono disperano

Su tutti, le resine non bastano per Natale

La fanga è ennesima maligna agro.

Tu graziosa mungi per l’anima marina e d’ara.

Addio, puoi morire da Capitano gentile.

6.

qui nel pianto che rottama chi fosti

si stipola la sporta delle lacrime

nel crimine del giglio che si oscura.

l’ennesima malizia della ruggine

germoglia girandole di pargoli

dove la madre è un astio di bestemmia.

biblioteca di aceri rossi le tue guance

stipendiate da dio per una riserva d’ àncora

o almeno in coro ripetere l’enigma

di fausti almanacchi creduli al pompiere

di fuoco l’acqua piccolina in pozze

tombale l’anemia di chi fosti.

7.

Viltà del tarlo il crollo ben tradente

Quanto la logica di perdere la vita.

Matassa di elemosine vederti

Sotto la vana statua la tua venere.

Ebbene adesso il secolo vanesio

Sibila silenzi dentro gli sguardi ebeti

Delle maestre fatue oltre il vento.

Ben oltre dio ho scoperto l’astro

Valente quanto un calice di stimmate

Immacolate madri di ben alte stature.

Il Carso di Ungaretti è raso al suolo

Per rendere maligne le retate

Tanto bacate le lignee strade fatue.

Intorno alla marea di guardare il cielo

Si sviluppa un popolo di lutto

Vano del tutto in pasto alla fanghiglia.

8.

L’età felice un granello di sabbia

Sotto gli esposti papaveri di niente

Con la morte del cielo non sedata

Lugubre attivista quale un rantolo

Bacato dalla resina di resistere.

La mia spoliazione rimprovera le spose

Le taniche vecchie senza fiori attorno

E’ così che piange il mio gendarme

A me tenuto stretto come un ciondolo

Una ripetizione che sa di arsenico

Buono lo sciroppo per i bimbi superstiti.

Nel lento sprofondare della palude di casa

Ho perso il ludo di guardarmi attorno

Tu presente maschia agonia che il lo sia.

Tutta una civiltà di panico

Anche l’agonia lo sarà nonostante tu

Creda alle sbarre alle terre dei morti.

Libri d’infami lettori stare a casa e non capire

Le pagine miliardarie di parole.

Un libro dopo l’altro ho perso il fare

La lunga cattedrale del portone che schiavi

Speciali trattiene. Intorno ai poveri senza parola

Si getta dalla finestra il lessico la sposa senza rima di bontà.

9.

La rondine nel passo

Nel lutto della foce giacché morente

Sono trappola vivente verso il so

La culla ennesima del falò

Però non brucio anzi ritorno

Fantoccio di sangue velenoso

Si dipana il libro che nessuno capirà

Ma poco importa tracciare il fantoccio

Della sapienza. Il postino all’orizzonte

Calcola gli zeri che incontra e la marina amorosa

Dove s’intana il coma di pargoli

Gotici. Padre di alta messa per perdonare i lupi

E le gentaglie alle prodezze degli assassini.

In fondo i colori amano i piangenti

I fagotti dei poveri che non sanno amare

E il carro funebre con la rodine in cima

Somiglia il paradiso che non c’è.

10.

Le bambole di pane ebbero tempo

di frangere aurore per gli abiti

quali un manipolo di baci.

Sto quaggiù dove piange il sale

le rotte nude di trovare il giorno

mancato per abitudine al cadavere.

11.

Gesso di talamo gestire

Maschera mortale questo incavo

Tutto teschio il parcometro marino

Lo spirito di terra osanna

Che entra nella bocca.

Io non oso consentire l’esodo

12.

diventai  sorda  sul far della fionda

minacciosa. stato mediocre proseguì

l’inguine chic della sposa compagine di poeta

addotto  comunque a piangere il genuflesso

pargola di piangere. su sulla cometa il dondolio salvò

viottoli di baci ciminiere di carezze per imparare chissà

forse la carezze gridate in coma.

in giugno mi toccò il pane amaro

il libro senza esiti di stampa

la strampalata estasi del nulla

quando si bagna il seno senza latte.

mia madre consolò le mura ataviche

le vecchie scimmie quasi simili lei

alla giunonica colpa del gran seno

spartito quasi a nome di robusta gioia.

13.

le stellette da generale sono la blasfemia

del cielo, un abitato di sangue dove langue

il guaio tragico siglato dal diavolo.

un’attenzione di lupi questa vendetta

senza eremi da piangere e anzi invece

la calamita del mito chiama a sé

miracoli guardinghi senza né fata né mago

nei pressi anzi di un labirinto stoico

senza chiave pieno zeppo di serrature

il genio si è addormentato alla scrivania

nessuno sa più l’avanzo divino né l’angelo.

vendemmia il mio soccorso per favore

io non posso che gelo e ladrocinio

perché ho mangiato la terra marcia

e la guercia cantica del grano.

14.

Inverno di stoppie il panico del corpo

Questo progresso che rema senza sosta

La povertà dell’angolo più certo.

Età spartana quando nacqui

Nel pianto di satana la nuca

O almeno senza pace sospirare in culla.

Allora quale strazio questa rotta

Perduta alla palude al ludo delle mosche

Luride. Me bestiale l’urlo che sale

Lungo la spalletta della tomba

Che blasfema il soldato dell’io.

Almeno la nonna aveva i pizzi

Lo zelo di volare come gli angeli

La catapecchia del sale resistenza.

15.

Appunti idioti l’ora convalescente

Quando la mente è fossa di pugni

E la clessidra esclama massime d’inferno

Nomee di Giuda gli steli d’inverno.

Coriandoli s’intasano le dee cadenti

Quando dimena il sole un altro buio

E le chimere vengono a remare

Un fato fasullo quanto il lucchetto

Di serrar chissà. Le giostre traggono

Venia dall’anima cifrata sotto lo zerbino.

Le grotte che rubano i tartufi

Non danno elegia al coma

Ma pianti eterni il corridoio di non uscire

Neanche sotto i baveri dei morti.

Ti saluto ennesimo spavento

Vena senza chiesa di sgorgare.

16.

Orefice sacrale volerti accanto

Dove si muore in fila alla Gestapo

Poveri amanti di lasciti senza scampo.

Nel vero dio che musica le stelle

Ho ritrovato il fonico amante

La giungla vate di guardarti gli occhi.

Se passa dio un incavo di nebbia

Allora sazia la vendetta darsena

Se per enigma di girandola il verso

Segreto in mezzo al petto per sopravvivere

Le maligne eredità del greto.

Io non voglio plausi di pane

Ma marette di estasi per gli ultimi

Migliori accrediti di una primavera.

Oggi nel coma di panici letargici

Giunge la giostra di aspettar sepolcro.

17.

So piangere con un disprezzo

Da fermata d’autobus.

Ho bussato a vita

Verso un sobborgo di poveri amanti

E gemme in gola come tumori.

Corro a morire sotto le coperte

Di un letto iroso spinoso noioso.

La gioia di farmi sorella

Finì in una chiavica di marmo.

Chiamami marina sarò il tuo nome

Come dispetto infante e la ginestra rossa.

Ripetizioni di sbarre il mio cospetto

Questo ergastolo penoso fratello

Liberale la rotula di correre.

Mansione di coma ripetere la stasi

Nel trionfale silenzio di un sì di sangue.

18.

Manipolo di stasi il cuore di frastuono

Urla fisse che chiedono lento morire

Per riportare la genesi in un posto sicuro

Né nome né nomea ma siluro di silenzio.

Un aspetto nefasto l’ombra

Bramosa di sospetto dove inquina

La morte la qualità del bello

Perché non voli ma rasenti

L’aquila stagna di piangere sempre

Con un boccale d’astio contro il pregio

Di morire felici felicemente accorti.

Pietà d’occaso startene nel sonno

Dove si flette ad eremo la notte

E finalmente muore il mio calvario

In un pasquale riso oltre morte.

19.

Stile angusto guardarmi allo specchio

Dove intristisce il mito della rondine

Anni perdenti anni di grido

Attorno al vuoto di vivere afflitti.

Gerundio impietoso questo carcere

Sassi desolati la regia del tempio

Ora che adesso il pio rovo

Mi uccide senza la morte di morire.

Mia madre faceva la sarta

Per commesse di rantoli cattivi.

Desolanti amanti i libri chiusi

Dove si appresta il fato dell’ozio

E la corona per l’angelo più bello

Quale ad epitaffio per correre.

20.

Gioiosa fune della mia morte

Questo stallo di sale senza pietà

Nella ronda di stare tradita

E faccenda di eclisse sembrare

Nonostante il ceduo nel bagaglio del lutto

Ottobre di vento il tuo ristagno

Breve valore di vita.

Ora accudisco vestali silenti

Specola di addio aspettarti.

21.

Dio del rovo nero perdere la vita

Occaso di calunnia la sconfitta

Abrasa dalla ruggine nemica

O sotto frottola il sale della storia.

Davvero spiacente questa lingua

Che urla bestemmie dal tetto

Dove tutti buttano il corpo di paura.

Ercole di nebbia il desiderio

Sovente si accresce oltre di oltre

Calendario di notte il mio potere

Origine del dubbio: lato d’infanzia.

22.

Scappatoia d’amore il girasole ennesimo

Dove prolunga questa mansuetudine

Festa coniata dalla rondine vicina

E sul cipresso un’oasi di passeri.

Il dio mondano della passiflora

E’ furia a superare l’orizzonte

Con la cometa lauda da sé.

Invasi dal castello della ruggine

La felicità si squarcia in una ciliegina velenosa

Simile al ragno incinto di tantissimi

Piccolacci di fervore. In una carezza di sintesi

La vedovanza avanza almeno lieta tara.

Venisse l’eremo di tutti per capire i cristalli

Opachi le tragiche e quiete vedovelle

All’argine della strada finalmente edotte

Dalla prudenza di piangere. Includimi al gazebo

Delle fontane ch’io possa il bagno lontanante!

23.

Già in fretta l’acume di dio

Asfalta strade per correre

Il tempo di azionare l’altalena.

Raduni di cipressi pasti di ostie

Così per sentire l’altare

La sinfonia sterile del dubbio.

Indarno la letizia della sponda buona

Nomina iddio in nome vicino

Per le creature che mordono la strada

Per giungere chissà dove si trova il sì

Benvenuto di venere la balia a vita.

Chiude nel sale il bosco morente

Quel giubilo di addio che fu la cerva

Sparata dall’assassino ridanciano.

Nell’unghia del giorno sanguino

Brevetto di me che sono agonica

24.

I licheni sono arrivati nel mio ospizio

Prendono tutto e se la ridono

Come parassiti dal colletto inamidato.

Qui corre la mazza nera del mio assassino

Le leggi senza oasi del dubbio pieno

E la multa sorellastra d’incontrare

Almeno la punizione dei vivi.

E’ d’estate la bara delle fioriture

Questo dispaccio nudo come infante

Di me muore l’oceano del cuore

Nella vendetta nera senza stirpe.

La strada si bruciò lontanante

Dove sferza il gerundio del suolo

Carico di salme. Tu eri mesto più del capodanno

Un essere sconnesso tra forti ginestre

Dove è stolto il giorno nomea di sé.

25.

Mio mal tempo il groviglio d’astio

Dove interviene il monito dell’angolo

Figlio particolare della piazza.

In stato d’estasi staziona il fango

La fotografia sgradevole che volge l’abaco

In fondo alla strada dove ti conobbi

Novella giovane d’amore.

Avvenga il treno di poter partire

Dietro le nuvole afose dello sguardo

Imperi di pozzanghere le attese

Venute dall’estero con finimondo.

Quaderni al mese nudo il tuo ricordo

Dove si fa forte l’anima del sale

Le parentele ossute delle nebbie.

Io ti escludo e sussurro poco

Al rospo che troneggia la disfatta

O l’enigma fannullone di non dirsi.

26.

Come di boia è già farcito il giorno

27.

Piange occaso tetra l’amarezza

Vago panico resistere

Questa guida che mi fa gelare

Sotto le stimmate del male.

Il sonno di un miscredente

Quando l’autunno sale

In me la storia si chiama polvere.

In me soggiace l’anima gemella

La bella donna che non arrivò

Alla gentile aureola del sacro

Come l’enigma di una madre atona

Sorda alle comete che si ripetono.

Poi la sorpresa di angeli e misteri

Dove il cuore vigila spavento

Per arrestare il giorno di nomignolo.

28.

L’aria estiva che promette ghiaccio

È un eremo pagliaccio di colma pena

Per arrivare al cratere più pazzo

E orinare tutta la paura

Di chiedere finalmente il malloppo

Del bel vecchio alunno che fui

Senza dio il comico del sale.

Qui malvagia la scaturigine d’alba

Bara fiori che portano cenere

Laddove s’erge il chissà del buio

O l’io canuto di toccare il giorno.

Gli angeli sono felpe che aiutano i bambini

A giocare senza fango con gridi di rondinini

E pascolo con tutti i randagi

Genuflessi al coma. E’ l’aria estiva che si tramuta

Nei falchi mansueti alti elevati.

29.

Esegui di me i turbinii del sangue

Le malefatte ignote del petto

Dove canta la malia del non ritorno.

Sto come gatto sfinito sul bordo della poltrona

Ma nulla fa casa questo sconquasso

Veritiero al nulla. Salva di me il fato

Della culla, mistero d’anima annerita

Dove è comodo morire finalmente

Alla luce assassina del neon. Permettimi un divieto

Stare di sasso più oltre bello

Dentro la malia di un credo. Da sùbito copia e incolla

È sfinito al polso della lotta ballerina

Dove s’insinuano i cuccioli credendo amore

Questo ristagno futile del verso.

30.

Disperati occasi la mano che scrive

Le terre più difficili da spalare

Per far nascere un giardino immune

Con la lettera sacra della felicità.

In meno di un eremo ha corso il mio petto

tardivo fante senza cavallo

divo nonostante l’elemosina.

In mano ad un corsaro vado all’estero

E tempero la rotta con un soffio

Perpetuo sulla terra nonostante morte.

Fonie di zero non poter soccorrere

L’angelo tetro che piange per sempre

Il breviario inutile di dire.

In mano alla girandola del vento

Chiedo la norma del gerundio

Così per resistenza. Ma appello anemico il materno

Tralascia dio per un messaggio gelido

Più della nomea del panico piangente.

31.

La lotta dell’alba mi farà morire i seni

Gerundio di supplizio in attesa al mondo

Chiedere pace senza rubare niente

Né le virgole del tempo trascorso

O il punto di fine pargolo discorso.

Per donna olimpionica ti addestro

Panico satollo senza ingiuria

Al giorno d’oggi c’è un Ercole al peccato

Io consumo il coma in viva voce

E sbanco col coro delle frottole di

Guardare dio il Gesù prediletto.

32.

ho visto Maria spazzare le scale

con la clientela degli angeli alle spalle

il giorno dopo più bella che mai

mi guardò le scarpe per decidere

se fossi degna di stare con lei.

le pozzanghere del dubbio la resero

attrice con il fango possibile

cane bastonato nel buio.

mi ricordo le stelle che piangono in coro

come un cipresso senza mortali esequie

né quesiti da porre le elemosine.

un male di luna inventa bambini

per il ricatto della terra cattiva

messi al mondo questi disperati.

33.

E’ già guasto l’atrio del paradiso

L’enorme enfasi di credersi vivi

Da sotto il letto la bara in attesa.

Asma e tonsura non prosperano la fede

Qui di malasorte l’eredità posticcia

Senza la casa in darsena di madre.

Svicola la fame per rendersi accorta

Come la ronda infame occaso estremo

Quale peccato carico di stirpe.

34.

Le fosche stelle dei tuoi occhi

Chetano l’abbiccì di capire.

Oggi morirò la forca in petto

Il cadavere vorrà ancora vivere

Ma nel verdetto l’avere è solo cenere.

Dimmi perché continui a non amarmi

Nel cielo secco pallido di sangue.

La povertà ha stretto la mia vita

In un altare di cuccioli morenti

E pare che domani sarà di peggio.

La rondine del pane mi picchietta il cuore

Ma pare che il dispetto della veglia

Faccia di me un apice mortale.

35.

Nel lutto che combacia con il fatuo

So la lena del vicolo chiuso

Il sorso apolide di perdere canzone

Pozzo avvelenato il mio sembiante.

So che piangere è un’alluvione d’ostie

Trofeo di gergo credere in dio

Linciare la rotta per morire.

Sgorbio di me stare sul mercato

In attesa della morte. Incauto fanciullo

Non fui domestico.  Addio cometa la regina

Del fato. Cartella clinica la lirica.

Sotto lo strazio alunno di morire

Sto l’intrusa. In culla sotto il tic buio

Sfoggio catene di conoscenza le celle

Piene di cadaveri. Indizio matematico

Morire. Fratello della cenere il mio occaso

Sorpreso sull’agguato. Nessuna ninnananna.         

36.

Amami sul far della fronte dolce occaso:

luna infante voglio morire

all’amo delle querce che resistono

stordimenti di venti restar verdi.

La voce musicale di mio padre

raccontava favole parimenti un saggio

o ginocchia di atleta il ritmo

manifesto libertario la notte.

Oggi sono sola (al mondo) e le urla

declassano le ore a spaventi

tipici di sassi porosi e nulli.

Nel lascito di fanghiglia il tuo amore

morente scia di chi non fu nessuno

che sussurro di resine le singole età.

Malinconia del dado tratto.

37.

Il mio disagio nell’Ercole dei morti

somiglia ad un disturbo di persiane

e colombe quasi uccise da ogni freddo.

38.

Indagine di culla e fui dispersa

Salina della notte che vidi sempre

Bracconiere il palpito del cuore.

E me ne andai rondine bianca

Canestro per il lutto che conobbi

Strazio maligno la botola del nome.

Straniera sotto il palo della luce

Nell’alberata via che porta al crematorio

Per torto dell’io nato comunque.

Dispersa sotto il coma di chi muore

Sono davvero sazia dell’età

Avverata nella pecca che gocciola sangue.

39.

Di un cane solitario ho l’asma vieta

Il sodalizio di attraversare la strada

La donna anziana che mi vuole bene.

So l’azzannata dalla voglia di morire

Acidula sostanza senza valore

Dubbio reo la preghiera insonne.

E piango con l’osanna di crepare

Questo parere che è un indice qualsiasi

Sicario sull’occaso caso fetale.

Cimasa delle foglie partigiane

Sto a marsupio per piangere di meno

Missione sulla ressa del Gran pianto.

Andai in Russia ventenne

Sacrosanta vendemmia i pozzi sui versi.

40.

Gerundio malandato avermi accanto

Dentro un corpo di rupe e di pozzanghere

Ora che patrio mi aspetta il polo ultimo.

Pietose marette i giri a piedi

Dove il circo se la ride alquanto

Quando passo lacrima fasulla.

Nel tetro indugio di pregare l’anima

Grido la fossa che mi tira tutta

Con il dominio acido cadavere.

41.

Soccorso di trampoli guardarti

Il gergo genuflesso alle preghiere

Reati di bestemmie e suppliche che chetano.

La passeggiata marina ha pacati simboli

Boria di alunno non capire niente

Tutto fallito giacché. Ma noi giochiamo

All’inchino del ponte santo

Più del bastone che mi sorregge.

Parecchie animule gridano soccorso

Dal dado tratto della nomea vincente.

Ossigeno ultimo torto accanto al letto

E la dieta fredda perché morente.

Di notte mio padre urlava

Valenze morte perché condannato

A starsene lucchetto stretto senza più vita

Ma pezze di raccolta per le ceneri.

42.

Per sempre debbo piangere il ciclo vuoto

Passeri uccisi dalla pressa dell’uomo

Uccidere la ronda che dimentica

La strada chiusa di un passato vuoto

Dove connettere la lirica del dado tratto.

In fondo ho un silenzio che strapazza i vivi

Queste corolle fragili di arcobaleno

Dove si guasta la lanterna magica

E lo zero riempie la gazzarra

Del panico assassino.

Le maree inzuppano i polpacci

Senza i ragazzacci del treno morto

Colpa l’abbandono della zanna franta.

Tu chiedimi domani un apice di stirpe

Per la seconda genesi fiorita.

43.

Se passa l’aquilone s’intasa la memoria

L’aria triste di volersi bene

Nonostante l’intarsio sulla gola

Elemosina convinta l’ogni giorno.

In panne questa storia il senza che sono io

Sto nella lirica del passero morente

Ecatombe la zattera spaccata.

Verace strazio compiere olimpiade il sorriso

Abbuffata di stracci l’arrendersi

Dove calunnia il vento e la bufera.

La biblioteca in e-book non dà conforto

Alla miseria univoca del vortice

Dove calunnia l’essere e la veglia.

44.

Mare di cinta starti a guardare

Cuore equoreo amaro oltre fiele

E la morte per tonfo ti giacque ragazzo.

In tempo se volessi morire in tempo

Il terrazzo fiorito può l’incantesimo

Di terminare la vita fatta rondine.

Il fatuo inganno di avere fratelli

Sistema la camera ardente

Dove nessuno renderà omaggio.

La tavolozza pittorica della mia casa

Fu il surrogato di tutti i casi persi

Ingrata melodia della luna piena.

Faretto sotto casa passare l’età

Quando tutti i giovani corrono a fare

Meraviglie di cose con gli amicali fati.

Sorpresa non avrò di contemplare dio.

45.

l'orizzonte in gola

ha lavorato per scarnificare

l'occaso e la risposta cardine

di lavorare con la vestale

penosa quanto un angelo marcito.

il sito di trovarti è stato vano

nomea della ricerca colma a fiaccare

chiunque sia a nome di farfalla.

46.

Balbuzie di dio averti accanto

Pastore senza tragiche bugie

tragiche

Nei limiti del reato di sorridere

Giacché il mito si spacca urgente.

Maretta di elemosina guardarti

Intingolo di festa tavola imbandita

Brano di fato dal cuore enciclopedico.

Intravisto nel cielo concesso: quota bassa

Ho la viltà di renderti bambino

Addendo sofferente quanto un cucciolo

Bacato nonostante la tetta madre.

Animula scortese il secolo svanito

Dove si ammaina il segreto delle foglie

E tutto muta in ombre sotto chiave.

47.

Atto di soccorso costruir la tana

Per quell’ennesimo sorso di veleno

Dove avviene l’etimo del sangue

E le guerre anguste del dolore.

In tutta l’ombra di guardar per terra

Incontro un braciere per morire

Sotto l’occaso timbrico del volto.

Partigiano del bricco bere un po’ di vino

Per finalmente uscire dal ristagno

Rapace quanto un astio perfino domenicale.

Quaggiù dove terminano le vite

Non c’è nessuno che mi voglia abbracciare

Per sistemare nel lutto la mia specie.

Impegno sulla ruggine restare

Silente girasole fisso per sempre.

48.

Avevo un maglione scorticato per amore

Nei vent’anni che ti conobbi Ammore

49.

Cometa ossuta l’aureola morente

Quando si addobba la camera ardente

E l’intimo fanciullo girovaga perdente. 

Vile di me il sudario che mi spetta

Il pane tronfio che colloca la vita

Il silenzio accanto all’inguine del feto.

Immemore marciume questo mio zaino

Dove saliva l’edera cortese

E la madonna in era di vertigine.

Marina sillabata sono una donna

Graziata con il panico del giorno

Nell’ abituro d’insito verdetto.

Ti trovai con il compleanno a far di straccio

Visita in cucina per una mollica

Lirica riscossa la fame almeno.

Non taccio più io sono disperata

Famiglia unica il mio cipresso antico

Da dove avvengo imperioso pianto.

Dammi una mano per discorrere cadavere!

50.

autore di vendette anche il filo d’erba
il cannocchiale critico del coma
dove si addensa la darsena morente
e nel frastuono villeggia la lirica
nonostante. di te persi la figura precoce
l’arsenico belletto di chiamarti
bell’amore fantino a mia tracolla.
dio salino l’abaco del coma
ora che attendo il corso di andarmene
patrizia al fango quale una domenica.

l’arsenico belletto di chiamarti
bell’amore fantino a mia tracolla.
dio salino l’abaco del coma
ora che attendo il corso di andarmene
patrizia al fango quale una domenica.
l’arsenico belletto di chiamarti

bell’amore fantino a mia tracolla.

dio salino l’abaco del coma

ora che attendo il corso di andarmene

patrizia al fango quale una domenica.

51.

Ceneri senza pace questo verdetto

Dettato dalla nenia delle risse,

gerundio di pazienza aspettare

dio o l’io felice indietro a far di feto.

Radici fucilate da vertigini

L’intingolo balordo della festa

Pendula gola senza più la voce.

Guerra in gola lo sfinimento

L’isola dei giusti è acrobazia

Balbuzie senza aria la tanica del fuoco.

Posami nel pane un alfabeto

Desio sanato apolide del desco

Dove tutti insieme per me è la briciola.

52.

Le luci che balenano la gioia

Connettono con noi solo la melma

Magari una chioma che non portavi ieri

Così per fingere di non essere caduta.

Fantastico malessere il messaggio d’anima

E la maretta delle lucciole che piangono

La madre strana sui gomiti del sonno.

Mansione di salario questo stordire

La fiacca più canuta della stanza

Dove gironzola la zolla colma di ceneri.

Immane nella note sta lo sforzo

Di rendere giustizia alla fumosa

Rondine partigiana. Comune intreccio

Perdere la strenna. Ormai non sono ospite

Né paggio pericoloso. Rendimi gli echi almeno soltanto

Del soldato alla trincea con il bruciato

Stato. Adesso dico basta alla stazione

E il binario si contorce cielo di brace.

53.

Ore di decubito starti a guardare

Solo di ieri il dubbio di vivere

Regale sotto il timbro del randagio.

Gioventù del sale l’amalgama maestra

Quale una guardia con le mani lesse

L’elemosina guardinga di restare

Moria del vento il boccio nascente.

Quale servigio di sprecare i giorni

Questa chimera che non avvera raggi

Ma mette le inferriate alle ginestre

Steli eretti del desertico far niente.

Dizionario di linguistica la voce dell’angelo

Quasi un alone di valenza zero

Il ricordo di te che mi sfigura

Guerra di coma vigilanza il buio.

In meno di un cratere vidi la furia

Fuga veloce le ceneri del prisma.

Adesso ti accontento con un sospiro

Socialista di noi senza speranza.

54.

Traguardo pollinico la gioia

In chiodo alla marea moribonda

Alla domanda di essere liberta

Sul finalmente azzimo dolore.

Qui in casa non si rammenda niente

Né il fantasma smania per la vita

Visto che chissà dove sta sta  proprio bene.

Il piacere del discolo è scomparso

Dietro le sillabe nere della poesia

Sosia che finge di essere origine.

Sul davanzale la fuliggine dell’odio

Dove avanza l’estro dei morti

E finalmente vacuo il girotondo

Vacuo. Moria della fidanza tollerare

Dio. Qui di addobbo l’estro di morire

Gioconda finalmente la bestemmia

Trito il fato che si confonde miope.

Gerla la bella darsena del petto

Si arrota eclisse rotta, perpetua.

55.

Quando si annacqua il calice votivo

Il trillo delle rondini stride

Con le creature in gabbia.

Ma se il silenzio si crepa

Allora la danza si frantuma

In tutti gli esiti cattivi.

Esilio d’invettiva la luce

Questa vanità con nido marcito

La brillantina del funzionario statale

Invitta la rondine di non guardare.

Tu dàlla a me la tua meraviglia

Le tue voglie di ridere oltre le tagliole

E le figliole al ballo dei 18!

Mondo frivolo ti amo come il pane

Azzimo. Il palco lirico lo tolgo

Dal fato goloso della fortuna

Azzurra con la logica del sangue

Quale enigma per sempre sapido

Dissapore stolto di spore per comunque nascere.

56.

Al traliccio chiedo centesimi

Miti scalcinati triti alla vendemmia

Dell’utero nero di una condannata a morte.

Fa paura il centesimo in tasca

Vasca spuria senza pesci

Con cicli da bambola russa.

Sempre più piccolo il diniego

La nuca casta cantina di pianto

Dove la fuga gareggia con lo scontro

Del cipresso spezzato.

Alla lunga la girandola salita

Dimezza i nidi curva le rose

Delittuose le donne di beltà.

In culla a te morirò con senso

Versatili le bighe dei diavoli

Voraci quanto chiavi universali.

Ma l’agonia aperta non godrà

Pur anche in fiore la veranda madre.

57.

Nozze di saio correrti incontro

Col visibilio saturo delle rondini

Con il consiglio in bilico di dio.

In pace con la ronda dei pipistrelli

Arrivano le giacche di chi muore

Martirio dentro di sé senza riuscita.

Scivola lento l’abaco di amarti

Dove intatte le volte delle bare

Cercano le tenebre da portare in basso.

Così s’inventa l’etica del sale

Lo scompiglio senza petali di tanta morte.

Messaggio senza giara di sorpresa

Qui assale l’etica del cappio

Tutto divino il pio del rondinino.

Qualora morirò senza fantasmi

Butta via i fiori sarò felice

Finalmente scienza di me stessa.

58.

Viltà di paraggi volerti arrivare

Congiunta finalmente oltre deriva

Amante della mente dentro il coraggio

Ti uccide la vedova nera con la corazza in coda.

Tu vai avanti io arranco

Dove è tetro il rimorso del morso

E la sirena finge belle gambe.

Intrisa nei dispetti dell’origine

Giracchio per gli spettri che mi nominano

Mina inesplosa tradita da ogni sposa

Per una bomba fossile di chiodi.

Addio ti faccia amica la caligine

E fossile sia ramengo per non incontrarti

Tràdito già tradito da ogni fossa.

Clamore al feto l’origine dello sguardo

Quando saliente il lievito del pane

Rende felici le fruste della lirica.

59.

Alunno di collaudo novantenne

Tenerti in braccio quando ero viva.

Ora l’approccio con la finestra straluna

Questa incombenza di ultimi anni.

Autore in fiore appena nato morto

Sento piangere le tempie un acquazzone.

Attrice di scommesse la tua cattiveria

Preghiera indigena la sabbia

E paludosa origine il ricordo

Al dondolio affabile dell’altalena.

Dammi da oggi un’amarezza in meno

Dove consola il saio di far monaco

Il cortocircuito dell’altare.

Mattini di meringhe i sorrisi infanti

Le favole alle tegole bambine

Quando finora impazza odio il diavolo.

60.

Dormire per sempre è un salva enigma

Una stazione di vespe senza pungersi

Dacché impossibile il crollo delle rondini

E piange sulle radici l’albereta distrutta.

Comunque me ne andrò senza una lacrima

Priva all’ospizio che conobbi bimba

L’aureola che piange senza il suo sole.

Fuori piove una primavera tagliente

Una girandola che accoglie chi muore

Siamesi le spade delle ruggini.

Gerundio sulle costole di Cristo

Va la vendemmia delle sabbie sterili

Il crollo dell’amore appena fatuo.

Di me ricorderai il mio tracollo

L’erba scema di coprire le tombe

Dove si arresta il torto di non amare.

Salva con nome è uno stigma vuoto

Guardia del corpo per scommettere dio

O agrume senza l’agro di sorriderti.

Sferza con me la litania e il fato…

61.

Palude immobile la marina ormai

Amoreggia col faro l’ultimo gioco

Quando alle sabbie vengono i bambini

E gli stili si sfanno chiusi alla deriva.

Invano qui sarò il mio costrutto

L’alba livida di chi muore spesso

Sotto le sindoni delle impronte.

Di te mi sarà occaso il sogno

Il sillabario nudo del docile faro

E la staffetta irenica delle gazzelle sante.

Amor sinistro duole la zattera

Questo straziante fato di morire

In altalena all’ombra o al buio fitto.

Zaino pasquale guardarti il viso

In nome di servigio avere zattera

Rifugio come vezzo di rincorrersi.

62.

Penuria di cortile reggere fanciullezza

Mancanza trita senza farfalle

Gerundio catastrofico la fune di tenerti

Fagotto sottocosto

In braccio alla cicala che non muore

Né latita nel silenzio del fuso netto.

In preda alla scimmia di guardarmi

Dedico a te il mio destino

Falciato dalla fatica patria di non farcela.

Nel letto col cavillo della flebo

Riarmo le origini di terre carsiche

Le felci nude che tengono il vento.

Tu chiama le fosse poverette

Entità di un aquilone da cui morire

Le fogge senza tane appese al senza il senso.

63.

Infarto e vascello cercarti sempre

alunno di me fanciullo primo

genuflessi che nome che ci portiamo

appresso. Fa di me il nome della bava

della lumaca paca di casa

e la faccenda monta per un incendio

tragico di cene senza a dio piacendo.

Sa la teca un ordine cicala

che non mantiene i patti.

Nuda più del panico la torcia

di sopravvivere.

Di chissà quale intimo morto

Assalga il vento, il muschio stantio

Resina allo schianto dell’ultimo passo.

64.

Veranda di alambicco la convalescenza

Lettura strenua di comunque crepare

Paradigma di niente, strada sconnessa.

Le sassate contro i salici piangenti

Erudiscono  il calice del diavolo

Questa sequela di ordine vanesio.

Da domani l’abc del trono

Per connettere a vanvera il divino

L’astio nudo di dover patire

La genesi odierna àncora strenua.

In vetta sul silenzio nasca l’acrobata

Di prendermi la nuca di svanire

Finalmente senza calca di miniera.

Da adesso me ne andrò con l’ombra tragica

Con la paura indietro finalmente

Nel mercatino comico dell’ora.

Bramosa estate di bruciare i prati

Da papavero ti uccido io più forte

Bestia con l’alunno sempre nel cuore

Senza imparare regole di lutto.

65.

Ho le finestre lungo la ferrovia

Dormo poco mi arroventa piangere

Il morbo dentro l’occaso di carpire il sale

Fratello solitudine distretto d’epoca

Poca ventura attesa enorme

Dentro la forca di scivolare in fossa.

Amor ti vidi chiamare le lucciole

Per dimenticare agosto che stordente

Mente la luna e le stelle tutte.

Senza famiglia e modica vendetta

Trascuro la mia voglia di chiamare il boia

Qui senza nessuno per la faccenda vuota.

Immagina di me chi sono e fui

Nebbiolina di fata a farti visita

Contro i padroni della firma coatta.

Amavo un ragazzo il batticuore singolo

Lo guardavo ma non vedeva battere

Neanche con le scarpe nuove e velo al viso.

Sono che parto e non torno giammai

Panico di bacio neanche per te

Col balcone fiorito faccio l’amore

Con i profumi a fiumi di miracoli.

66.

Il clima monco della tua bellezza

Ammonta un cataclisma.

Tu vorrai erigere l’inverno

Contro le nuvole bambine della primavera.

Gerundio senza anima resistere

Vuoto di dio l’unico soccorso.

In mano alla cometa di vertigine

Nasca l’estasi prossima al chissà

Penuria di morti l’ora resistente.

Da ieri nutrivo una farfalla epica

Catastrofe d’asma financo la pozzanghera

La ripida perla del pozzo infinito.

Festiva anomalia conoscerti

Da dentro le fosse solitarie

L’oroscopo distrutto dal furto del vero.

L’elemosina rovista le mie tasche

Tanto il sisma vistoso delle nuvole

Il cannibale vuoto della polvere.

67.

 

 l’arsenico belletto di chiamarti
bell’amore fantino a mia tracolla.
dio salino l’abaco del coma
ora che attendo il corso di andarmene
patrizia al fango quale una domenica.

 (2014)

 

Marina Pizzi

E’ nel comitato di redazione della rivista internazione “Poesia” diretta da Nicola Crocetti.

Ha pubblicato i libri di versi: "Il giornale dell'esule" (Crocetti 1986), "Gli angioli patrioti" (ivi 1988), "Acquerugiole" (ivi 1990), "Darsene il respiro" (Fondazione Corrente 1993), "La devozione di stare" (Anterem 1994), "Le arsure" (LietoColle 2004), "L'acciuga della sera i fuochi della tara" (Luca Pensa 2006), “Dallo stesso altrove” (La camera verde, 2008, selezione),  “L’inchino del predone (Blu di Prussia, 2009), “Il solicello del basto” (Fermenti, 2010), “Ricette del sottopiatto”(Besa, 2011) “Un gerundio di venia” (Oèdipus, 2012), “La giostra della lingua il suolo d’algebra” (Edizioni Smasher, 2012); “Segnacoli di mendicità” (CFR, 2014); “Plettro di compieta” (Lietocolle, 2015).

 [altre raccolte inedite in carta, complete e incomplete, rintracciabili sul Web: "La passione della fine", "Intimità delle lontananze", "Dissesti per il tramonto", "Una camera di conforto", "Sconforti di consorte", "Brindisi e cipressi", "Sorprese del pane nero"; “Staffetta irenica", "Il solicello del basto", "Sotto le ghiande delle querce", "Pecca di espianto", "Arsenici", "Rughe d'inserviente", "Ricette del sottopiatto", "Dallo stesso altrove", "Miserere asfalto (afasie dell'attitudine)", "Declini", "Esecuzioni", "Davanzali di pietà”, “L’eremo del foglio”, “L’inchino del predone”, “Il sonno della ruggine”, “L’invadenza del relitto”, “Vigilia di sorpasso”, “Il cantiere delle parvenze”, “Soqquadri del pane vieto”, “Cantico di stasi”; il poemetto "L'alba del penitenziario. Il penitenziario dell'alba"];

***** le plaquettes "L'impresario reo" (Tam Tam 1985) e "Un cartone per la notte" (edizione fuori commercio a cura di Fabrizio Mugnaini, 1998); "Le giostre del delta" (foglio fuori commercio a cura di Elio Grasso nella collezione “Sagittario” 2004). Suoi versi sono presenti in riviste, antologie e in alcuni siti web di poesia e letteratura.

Ha vinto  premi di poesia. Nel 2004 e nel 2005 la rivista di poesia on line “Vico Acitillo 124 – Poetry Wave” l’ha nominata poeta dell’anno. Marina Pizzi fa parte del comitato di redazione della rivista "Poesia". E' tra i redattori del litblog collettivo "La poesia e lo spirito", collabora con il portale di cultura “Tellusfolio”. 

Sue poesie sono state tradotte in Persiano, in Inglese, in Tedesco. Numerosi e-book e collaborazioni si trovano sulla Rete Web.

 

 

 

La pagina viene presentata per gentile concessione dell'autrice a Pioggia Obliqua

 

 pioggiaobliquascritturedarte@gmail.com

 

 


 

" Pioggia Obliqua una rivista

affermata e prestigiosa."

 " Un grazie di cuore a 

Pioggia Obliqua i cui molti meriti nei riguardi della poesia non saranno mai abbastanza sottolineati."

 

Alessandro Fo

 

 

" Saprà o vorrà ancora la forza accumulata (...) resistere alla forza di omologazione che la tecnologia sembra inevitabilmente portare in seno?(...) Prevedo un lungo periodo di 'agonie', voglio dire di lotta (...) sarà probabilmente quella la forma e la sostanza del poetare che ci aspetta."

 

Mario Luzi

Da un suo scritto per Pioggia Obliqua a proposito

del  'senso di fare  poesia', gennaio 1996

 

 

" Io credo che un pò di silenzio ci faccia bene, c’è un coro di voci “troppo alto”, sgraziato, che ci sommerge, e non mi riferisco solo alla letteratura. In questa specie di “frullato” che siamo costretti ad ascoltare quotidianamente, il valore delle cose si perde.

 

Se c’è un attimo di riflessione, di

silenzio, la parola scritta o detta assume maggiore rigore."

 

 

Antonio Tabucchi

 

Intervista rilasciata a Luigi Oldani e

Elisabetta Beneforti per Pioggia Obliqua 

 

 


" Il sito Pioggia Obliqua mi ha "donato questa nota sul mio libro (...), ma l'intero sito è da seguire."

 " (...) e un ringraziamento per tutto ciò che P.O. fa per il mondo della poesia."

 " (..) E la stima è da me ricambiata verso il vostro prezioso sito!"

 (...) sempre attenti e preziosi gli amici di "Pioggia Obliqua".

 

Bruno Galluccio

 

 

" Un bel luogo d'incontro tra scritture."

 

Matteo Pelliti

 

 


" Non so dire se la bellezza salverà il mondo, come pensava Dostoevskij, ma mi piace pensare che sarà così. In fondo, già Stendahl sosteneva che "la bellezza non è che una promessa di felicità". 

 

Vittoria Franco

per Pioggia Obliqua

 

 

" Agli amici tanto tanto amati di Pioggia Obliqua, poeti invincibili della vita, il mio abbraccio umile e il mio ringraziamento, per mantenere la poesia come unica veritá nel mondo."

 

Daniel Fermani Gonzales

 

 

 

 

" Rivista preziosa, che seguo da tempo."

 

Alfredo Rienzi

 

                 

 

 

 

                    

 

 

                  

 

                       Consigli di lettura

 

 

    

 Nella omonima rivista cartacea 'Pioggia obliqua rivista di letteratura e culture', pubblicata negli anni Novanta, una intervista a
Antonio Tabucchi,
Edoardo Sanguineti,
Mario Luzi. 
Un testo di Valerio Magrelli. 
Mario Luzi, Luigi Baldacci, Patrizia Valduga, Attilio Lolini, Gabriel Cacho Millet, Marco Marchi e Loriano Gonfiantini rispondono
sul senso di fare poesia in quegli anni.
Risposte attualissime.

 

 

 

 

 

 

 

 


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  • Poesia proposta: Canale, Lombardi, Merola, Tognoni, Bertone.
  • Poesia proposta: Gian Luca Guillaume, Luca Ispani, Filippo Amadei
  • Poesia proposta: Di Gennaro, Repossi, Rimolo
  • Poesia proposta: Angelo Santangelo, Giulio Mazzali, Marco Bini
  • Poesia proposta: Cunial, Viti, Viotto
  • Poesia : Greta Rosso
  • Poesia: Giovanna Cristina Vivinetto
  • POESIA : Jean Soldini
  • Poesia : Daniela Zambrano - editi e inediti
  • Poesia proposta : Manuela Mori, Selene Pascasi
  • Poesia proposta: Mirra, Allo, Strinati, Ciampalini, Carnevali, Peralta, Casulli, Bresciani, Marrone
  • Poesia proposta: Vera D'Atri
  • Poesia proposta: Laghi Pasini, Milleri, Malerba, Corbetta, Merico
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  • Poesia Proposta: Filograna, Della Ciana, Imperato
  • Poesia Proposta: Alessandro Monticelli
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